Pietroburgo |
Andrej Belyj
IL LIBRO – Pietroburgo, 1905. La città è sconvolta dalla tempesta sociale, si moltiplicano i comizi, gli scioperi, gli attentati. Il giovane Nikolaj Apollonovič, che si è incautamente legato a un gruppo rivoluzionario, entra in contatto con Dudkin, nevrotico terrorista nietzscheano, il quale gli affida una minuscola bomba. E il provocatore Lippančenko, doppiogiochista al servizio della polizia zarista e al contempo dei rivoluzionari, gli rivela qual è il suo compito: dovrà far saltare in aria il senatore Apollon Apollonovič, abietto campione dell'assurdità burocratica. Suo padre. È intorno a questo rovente nucleo narrativo che si snodano le vicende surreali e grottesche di "Pietroburgo", unanimemente considerato il capolavoro romanzesco del simbolismo russo. Dove la vera protagonista è tuttavia la «Palmira del Nord»: una Pietroburgo maestosa e geometrica solo all'apparenza, edificata su un labile terreno palustre i cui miasmi sgretolano le possenti architetture, le cui brume sfaldano e decompongono ogni comparsa che striscia lungo i vicoli fiocamente illuminati, tra bettole ammuffite e palazzi scrostati. I sommovimenti di inizio secolo, preludio di future tragedie, l'ululato del vento che si incanala lungo le gole del libro, il demoniaco colore giallo dei comizi gremiti di una folla in trance: ogni cosa è in preda a una malefica possessione, che Belyj filtra attraverso la lanterna magica delle immagini. Quello che "Pietroburgo" adombra è un gioco cerebrale che, pur dialogando con il presente, discende dalla contaminazione della grande letteratura ottocentesca – Puškin, Gogol', Dostoevskij, Tolstoj –, tappe di quel lungo parricidio in cui per Belyj consiste la storia dell'intelli¬gencija russa. Non stupisce dunque che Vladimir Nabokov lo collocasse tra i più grandi romanzieri del Novecento insieme a Kafka, Joyce e Proust. DAL TESTO – "Il nostro Impero Russo è un'entità geografica, ossia una parte d'un noto pianeta. L'Impero Russo comprende: in primo luogo la Grande, la Piccola, la Bianca e la Rossa Russia; in secondo luogo i regni di Georgia, Polonia, Kazan' e Astrachan'; in terzo luogo... Ma eccetera, eccetera, eccetera. L'AUTORE – Andrej Belyj (Boris Nikolaevič Bugaev, Mosca, 1880-1934), poeta, prosatore e saggista, si laureò in matematica e studiò inoltre scienze naturali, filologia, musica, filosofia, religione. Tra il 1902 e il 1904 strinse amicizia con i simbolisti pietroburghesi Blok, Brjusov, Merežkovskìj, Bal'mont, diventando ben presto una figura di spicco del movimento. La sua prima raccolta di versi, "Zoloto v lazuri" (Oro in azzurro) è del 1904, il suo primo romanzo, "Serebrjanyj golub" (Il colombo d'argento) del 1909. Iniziò a scrivere "Peterburg" nel 1911, ma lo rielaborò sostanzialmente nel 1912-1913, per poi pubblicarlo nel 1913-1914. Viene qui ripresa la storica traduzione di Angelo Maria Ripellino, apparsa da Einaudi nel 1961. INDICE DELL'OPERA – «Pietroburgo»: un poema d'ombre, di Angelo Maria Ripellino – Pietroburgo - Capitolo primo. Nel quale si narra di un insigne personaggio, dei suoi giuochi mentali e della precarietà dell'essere - Capitolo secondo. Nel quale si narra d'un convegno gravido di conseguenze - Capitolo terzo. Nel quale vien descritto come Nikolaj Apollonovič Ableuchov con le sue fantasie prenda un granchio - Capitolo quarto. Nel quale si spezza la linea della narrazione - Capitolo quinto. Nel quale si narra di un omino con una verruca accanto al naso e d'una scatola di sardine dal contenuto terribile - Capitolo sesto. Nel quale sono narrati gli avvenimenti d'una giornata grigia - Capitolo settimo. Ovvero: continuano gli avvenimenti d'una giornata grigia - Capitolo ottavo ed ultimo - Epilogo |