Può un invidioso essere felice? |
Friedrich Nietzsche Può un invidioso essere felice? Elliot Edizioni, pagg.48, € 6,00
IL LIBRO – Scritti fra il 1863 e il 1864, anni in cui Nietzsche termina lo studio a Pforta e si avvia a quello universitario, questi brevi testi costituiscono riflessioni che non sono assimilabili né a quelle autobiografiche, né a quelle filologiche. In essi c’è la possibilità di rintracciare non solo la fase di maturazione umana e intellettuale del giovane Nietzsche, ma anche – come già Mazzino Montinari riconosceva per gli scritti autobiografici dello stesso periodo – le anticipazioni dei grandi motivi della sua filosofia successiva. In queste pagine, dunque, gli ultimi retaggi dell’influenza religiosa familiare lasciano intravedere lo sviluppo delle sue posizioni anticristiane e rivelano l’attenzione per l’antichità unita all’interesse per il destino tedesco a cui Nietzsche era stato formato negli anni trascorsi a Pforta. DAL TESTO – “L'invidia è anche un errore della natura morale. È una malattia che corrode costantemente l'anima; non come alcune fragilità che lasciano intatto il cuore buono e sembrano solo danni esteriori, conseguenze di malanni fisici o di irritazioni intellettuali. L'invidia non è associabile all'amore, e senza amore non vi è un buon carattere. Anzi, l'invidia è sotto molti aspetti opposta all'amore, ancor più dell'odio. L'invidia lavora con la rabbia e con il risentimento, l'amore con una lieta calma; i frutti degli sforzi dell'invidia hanno sempre qualcosa di bieco e spiacevole. Lo sguardo dell'invidioso, che deforma tutto e tutto comprende in modo distorto, ritrova anche nei propri successi i segni di questa insoddisfazione. Esiste una patologia per cui dei bambini tendono ad appagare il loro appetito ricorrendo ad alimenti non commestibili; allo stesso modo l'invidioso pretende continuamente cose che sembrano dargli soddisfazione, ma che, in fondo, accendono sempre più la sua arsura interiore. Questo logorio dell'anima si ripercuote anche sul corpo: gli antichi hanno rappresentato l'invidia come un essere metà uomo metà donna, che procede in avanti con uno sguardo vuoto e torvo, con un velenoso sorriso negli occhi, in modo indolente e con lentezza, molto magra e pallida; insonne e senza pace, sospirando in continuazione dal profondo, nemica della compagnia, è accompagnata da cani serpentiformi (sic!) che la femmina consuma come alimenta suorum vitiorum, come dice Ovidio. Nella sua rappresentazione è particolarmente raffinato il tratto secondo cui Invidia distoglie lo sguardo quando viene guardata. L’AUTORE – Friedrich Nietzsche nacque a Röcken nel 1844, figlio di un pastore protestante. Dopo aver frequentato il ginnasio di Pforta, studiò filologia classica a Bonn e a Lipsia, sotto la guida di Friedrich Ritschl. Nel 1869 divenne professore di filologia classica a Basilea, dove insegnò fino al 1879. Pubblicò nel 1872 il celebre La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Al 1889 risale il suo primo attacco di pazzia, che lo colpì a Torino: il male non lo lascerà più, fino alla morte, sopraggiunta a Weimar nel 1900. Tra le sue numerose opere ricordiamo: Così parlò Zarathustra, La gaia scienza e L’Anticristo. INDICE DELL’OPERA – Introduzione - Può un invidioso essere felice? - Su cosa vi sia di attraente, formativo ed educativo per i giovani nell'occuparsi della storia patria - In che misura l'obbligo di dover parlare soltanto bene dei defunti può subire limitazioni? - La ricchezza è una fortuna o un pericolo? – Note - Nota del curatore
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