Cesira e Benito. Storia segreta della governante di Mussolini Stampa E-mail

Gianni Scipione Rossi

Cesira e Benito. Storia segreta della governante di Mussolini

Rubbettino, pagg.156, Euro 10,00

 

cesira_e_benito.jpg  IL LIBRO - La governante Cesira Carocci [Gubbio, 1884-1963] è l’unica donna, a parte la moglie Rachele, che abbia vissuto in casa di Mussolini, dal 1923 al 1934. Al contrario di altri collaboratori - dal commesso Navarra all’autista Boratto - non ha mai rivelato segreti, né lasciato memoriali. Tra le ‘donne del duce’ è forse la più misteriosa.

  Grazie a meticolose ricerche per la prima volta ne viene svelato il volto e chiarito il ruolo.

  Raccomandata da Margherita Sarfatti, ribattezzata da D’Annunzio ‘Suor Salutevole’, diventò col tempo interfaccia tra la ‘società civile’ e il dittatore. Confidente, infermiera, ‘segretaria’, entrò in conflitto con donna Rachele. La moglie del duce riteneva che ne coprisse i tradimenti e che lei stessa fosse una delle tante amanti. Nonostante la simpatia della sorella del duce, Edvige - provata da una lettera privata inedita - alla fine fu licenziata.

 

  DAL TESTO - "L'idillio è cominciato. Il segreto della malattia avvicina Mussolini a Cesira. La governante a questo punto sa che il Duce non la percepisce più come una estranea, per quanto efficiente. In qualche modo è penetrata nella sua intimità. È diventata una persona di famiglia. (...)

  "A Piero Luigi Menichetti, Cesira racconta che un giorno Mussolini, rientrando in casa per la colazione, la trovò nel soggiorno che, «alzato un bordo del tappeto, con la scopa in atteggiamento bellicoso, stava compiendo un'operazione "polizia". Cosa stai facendo, Cesira? Presidente, una colonna di formiche transita sotto il tappeto, e allora... Saranno entrate per mangiare, le disse; metta loro un po' di mollichine sul terrazzo».

  "Un Mussolini persino animalista. E non solo con le formiche.

  "«Un ammiratore narra Menichetti donò al Duce una coppia di colombi di razza, molto belli. Lui stesso aveva provveduto a sistemarli sul balcone, in una gabbietta aperta; per settimane andavano e venivano. Un giorno, insalutati ospiti, se ne andarono. Quel giorno la signorina Cesira servì al Duce "piccioni al forno con patatine arrosto". Mussolini, accortosi dell'assenza dei suoi colombi, rivolgendosi alla signorina Cesira, le disse: Cesira, per caso... No, signor Presidente... Cesira, mi guardi negli occhi... E la signorina Cesira, con il viso suffuso di rosso (era di carnagione madreperlacea): Signor presidente, mi considera così vile!...»

  "Le cose andarono un po' meno lisce quando il maestro di scherma Ridolfi sì presentò con un puma al guinzaglio. E quando, nel novembre del 1923, il proprietario di un circo regalò a Mussolini una leoncina. Il Duce ne fu entusiasta. La battezzò Italia e la sistemò nel soggiorno di casa, né più ne meno si fosse trattato di un cane. Paolo Monelli la racconta così: «Un giorno la Cesira, che aveva sentito fermarsi una macchina sotto casa, andò ad aprire e si vide balzare innanzi un enorme gatto ruggente [...] La Cesira svenne, la fiera si accucciò sotto il letto del nuovo padrone e non volle più uscirne per un pezzo; Mussolini quella sera dovette andare a dormire in un'altra camera. Se la tenne un pezzo in casa; si vantava di fame quello che voleva fissandola negli occhi».

  "«Al mattino ricorda Quinto Navarra quando l'attendevo in una piccola stanza della casa di via Rasella, che dava sul pianerottolo e che era riservata a un poliziotto permanente che vi montava la guardia, la Cesira veniva spesso a lamentarsi con me per via del leoncino. [...] Soltanto quando il leoncino mostrò di diventare un vero e proprio leone, con riluttanza Mussolini diede il permesso di trasferirlo allo zoo. Negli anni che seguirono, il Duce non mancò di andare ogni tanto a visitare la bestia fin dentro la gabbia. Un giorno, rientrando a palazzo Chigi, dopo una di quelle visite, si annusò le mani esclamando: "Odoro di leone!"».

  "Alla leonessa Mussolini doveva essersi sul serio affezionato se Margherita Sarfatti, scegliendo le immagini per illustrarne la biografia, ha pensato bene di inserirne una con il Duce nella gabbia di "Italia". Tanto più che a Margherita l'animale non andava a genio, secondo quanto ricorda la figlia Fiammetta: «Tutta l'Italia sapeva che al Duce avevano regalato quella piccola belva, e indubbiamente la cosa poteva sembrare singolare, e forse gratificante. Ma da vicino questo leone, per me e per la mia mamma, significava soltanto puzza tremenda, sicché tutte le stanze, in via Rasella, puzzavano di circo equestre»".

 

  L'AUTORE - Gianni Scipione Rossi è nato a Viterbo nel 1953. Giornalista, dal 1999 è vicedirettore di "Rai Parlamento". Nel luglio del 2007 ne ha retto la direzione ad interim. Studioso del Novecento e della destra italiana, ha tra l'altro pubblicato: Mussolini e il diplomatico. La vita e i diari di Serafino Mazzolini, un monarchico a Salò (2005), La destra e gli ebrei. Una storia italiana (2003), L'islam e noi. Viaggio tra Europa e Mediterraneo (2002), Alternativa e doppiopetto. Il Msi dalla contestazione alla Destra nazionale (1992). È consigliere di amministrazione della Fondazione Ugo Spirito e coordinatore del progetto Archivio delle destre.

 

  INDICE DELL'OPERA - Premessa - 1. Rachele e le altre - 2. Il prodigio - 3. La figlia del sarto - 4. Gli occhi di Margherita - 5. Suor Salutevole - 6. "Segretaria" del duce - 7. L'ira di Rachele - 8. La gratitudine del dittatore - Fotografie e documenti - Ringraziamenti - Bibliografia - Indice dei nomi