Barghouti. Il Mandela palestinese Stampa E-mail

P. Barbieri - M. Musolino

Barghouti. Il Mandela palestinese

Datanews, pagg.157, Euro 13,00

 

  Il 15 aprile 2002, l'esercito israeliano ha catturato Marwan Barghouti, segretario generale di al Fatah in Cisgiordania, e lo ha trasferito in Israele, dove è stato condannato all'ergastolo per terrorismo. Un processo discusso, sia sul piano della legalità internazionale sia per la fragilità delle prove. Nato vicino a Ramallah, Barghouti ha conosciuto giovanissimo il carcere e poi l'esilio. Sostenitore degli accordi di Oslo, di fronte allo stallo dei negoziati di pace è diventato il leader più intransigente dell'Intifada. Laico, legato ai movimenti delle donne ma rispettato dagli estremisti islamici, è considerato da molti il vero successore di Yasser Arafat. Dal carcere, è stato l'uomo decisivo per convincere le formazioni armate ad accettare una tregua. E potrebbe essere lui l'unico garante credibile di una futura, per quanto difficile, pacificazione. In questo pregevole saggio, i giornalisti Paolo Barbieri e Maurizio Musolino hanno raccolto la storia, la documentazione sul processo e il pensiero di Barghouti: una vicenda umana che è anche la sintesi degli ultimi, durissimi anni della lotta di liberazione del Popolo palestinese. "Lo Stato d'Israele - ha dichiarato Barghouti nell'atto d'accusa pronunciato il 3 ottobre 2002 e riprodotto integralmente nel libro - porta la responsabilià criminale, diretta e indiretta, di aver commesso atti specifici di genocidio, pulizia etnica, compreso lo sradicamento dei Palestinesi attraverso attacchi militari, arresti arbitrari, detenzioni amministrative e illegali, attacchi contro donne, bambini e anziani, sistematica e deliberata distruzione di proprietà e case, sistematica espropriazione e confisca di beni, violenza contro la vita e le persone, in particolare omicidi di ogni tipo, compresi assassini politici, confisca di terre e di proprietà, creazione di riserve separate e Bantustan, disgregazione e rovina della vita pubblica terrorizzando un'intera popolazione, anche attraverso atti di punizione e rappresaglie collettive, discriminazioni razziali, rapine, razzie e saccheggi, provocando gravi danni fisici e mentali tramite tortura, maltrattamenti, punizioni crudeli, disumane e degradati, mutilazioni mortali o permanenti, deliberata imposizione di condizioni di vita espressamente pensate per provocare il completo o parziale crollo fisico, approvando e implementando misure legislative mirate a impedire la partecipazione dei Palestinesi alla vita politica sociale economica e culturale, e creando deliberatamente le condizioni per impedire il pieno sviluppo dei Palestinesi, attraverso lo sfruttamento del lavoro, la persecuzione delle organizzazioni e dei loro membri, la negazione dei diritti e delle libertà fondamentali ad un popolo che si oppone all'occupazione militare, al colonialismo, all'apartheid, e altri atti criminali".