Diario di un'avventura artica Stampa E-mail

Arthur Conan Doyle

Diario di un'avventura artica

Nutrimenti, pagg.144, € 17,00

 

doyle artica  Il "Diario di un'avventura artica" rappresenta un aspetto meno noto ma non secondario della vita di Arthur Conan Doyle. Benché il nome di Doyle evochi inevitabilmente la figura del celebre detective Sherlock Holmes, quest'opera ci offre una visione inedita del suo autore, facendoci entrare nella sua dimensione di medico, viaggiatore e osservatore appassionato della natura e dell'umanità. I diari raccolti nel volume, redatti tra il 28 febbraio e l'11 agosto del 1880 durante un'avventura a bordo della baleniera Hope, sono una testimonianza unica di un'esperienza che non solo ha segnato la vita di Doyle ma che ha avuto un profondo impatto sulla sua scrittura futura.

  L'autore, che in seguito diventerà uno dei più grandi romanzieri del XIX e XX secolo, ci racconta il suo viaggio nell'Artico con la stessa meticolosità e attenzione al dettaglio che ritroviamo nelle sue opere di narrativa. Eppure, qui non ci troviamo di fronte alla trama intricata di un giallo, ma a una cronaca di un viaggio che si nutre di bellezza, difficoltà, mistero e, soprattutto, introspezione.

  Fin dalle prime pagine, emerge con chiarezza quanto fosse centrale per Doyle questo viaggio, che egli stesso descrive come il momento in cui "divenne adulto a 80 gradi di latitudine nord". L'Artico, con le sue lande desolate, i ghiacci instabili e la maestosità della sua natura selvaggia, diventa il palcoscenico di un'intensa esperienza formativa. Non è solo il paesaggio che conquista l'autore, ma la comprensione di sé stesso, la crescita del suo spirito attraverso la lotta contro le avversità naturali e la dura vita a bordo della baleniera.

  Il diario non è solo un resoconto di eventi esterni, ma anche un riflesso dei cambiamenti interiori che Doyle subisce, segnato dalla distanza e dall'isolamento. Il giovane medico, imbarcato sulla Hope come assistente, si confronta con la quotidianità della navigazione in un mare pericoloso e con le paure di un possibile naufragio. La tensione tra la meraviglia per la bellezza dei paesaggi artici e il costante timore del fallimento, del rischio di morte o di un'inattesa disgrazia è palpabile nelle sue parole, ma emerge anche la sua consapevolezza che ogni difficoltà rappresenta un'opportunità di crescita personale.

  Un aspetto che colpisce immediatamente del diario è il rispetto che Doyle nutre per la natura selvaggia, soprattutto per gli animali che incrociano il suo cammino, tra cui le balene. Sebbene il viaggio sia intrinsecamente legato alla caccia a questi maestosi cetacei, la loro descrizione da parte di Doyle non è mai brutale o semplicistica. Le balene sono rappresentate quasi come creature soprannaturali, simbolo di una natura che sfida l'uomo con la sua potenza e la sua bellezza. Questo sguardo reverenziale, che mescola il senso di ammirazione con quello di paura, arricchisce la narrazione, conferendo al viaggio una dimensione più profonda, quasi filosofica.

  La cacciata delle balene è presentata come una necessità economica e professionale, ma non c'è alcuna glorificazione della violenza della pesca. Al contrario, la scrittura di Doyle sembra suggerire che l'umanità sia in qualche modo indegna di interrompere l'armonia di un ecosistema così maestoso. Le sue parole evocano il contrasto tra l'uomo, che cerca di dominare la natura, e la natura stessa, che si rivela non solo come un avversario imponente, ma come una forza di vita che resiste all'invasione umana.

  Dal punto di vista stilistico, il libro presenta una prosa diretta, ma anche passaggi che riflettono una sensibilità letteraria già matura. La precisione dei dettagli, la descrizione minuziosa degli eventi quotidiani e il racconto degli incontri con la fauna artica sono intervallati da riflessioni più ampie, che denotano una mente riflessiva e un'autoconsapevolezza emergente. La scrittura di Doyle non è mai ridondante, ma affonda nei particolari senza mai perdere il contatto con la dimensione umana e personale del viaggio.

  L'autore non si limita a raccontare i fatti, ma si lascia trasportare dalla sua osservazione acuta e dalla sua capacità di introspezione, offrendo un testo che va oltre il semplice diario di viaggio. Le sue descrizioni dei paesaggi artici e degli incontri con la fauna sono vivide e poetiche, ma allo stesso tempo cariche di una tensione costante, che si rivela nella preoccupazione per la sicurezza della nave e della ciurma, ma anche nella continua ricerca di un senso più profondo in ogni esperienza.

  Questi diari non sono solo un documento storico o una cronaca di viaggio. Essi testimoniano anche la trasformazione dell'autore, che da giovane medico e avventuriero diventa un uomo più consapevole delle sfide dell'esistenza e della relazione tra uomo e natura. Le esperienze nell'Artico, con la durezza della vita in mare, i pericoli naturali e l'interazione con le forze primordiali della Terra, non solo contribuiranno a formare il carattere di Doyle, ma si rifletteranno in modo diretto nelle sue opere future.

  Molti degli elementi che ritroveremo nelle sue storie, dalle atmosfere tese e misteriose alla lotta contro il destino e il pericolo imminente, affondano le radici proprio in queste esperienze giovanili a bordo della Hope. È quindi corretto affermare che questo viaggio, benché lontano dai suoi celebri romanzi, ha avuto un'influenza determinante sulla sua produzione letteraria.

  Il volume, dunque, si rivela un affascinante percorso di maturazione, in cui la scrittura di Doyle si arricchisce di esperienze che non solo segneranno la sua crescita personale, ma che alimenteranno anche la sua straordinaria produzione narrativa.