La cultura italiana nel Baltico orientale Stampa E-mail

a cura di Rosario Napolitano e Diego Ardoino

La cultura italiana nel Baltico orientale: storie, relazioni e approcci

Edizioni Joker, pagg.,176 € 25,00

 

napolitano baltico  Il volume "La cultura italiana nel Baltico orientale: storie, relazioni e approcci", curato da Rosario Napolitano e Diego Ardoino, offre un'analisi ricca e articolata delle interazioni culturali, linguistiche e diplomatiche tra l'Italia e le nazioni baltiche, in particolare Lettonia, Lituania ed Estonia, durante il periodo che abbraccia le due guerre mondiali e gli sviluppi del Novecento. La raccolta, composta da contributi di vari autori esperti nei campi della linguistica, della storia e delle scienze politiche, si colloca in un ambito di studi di grande rilevanza per la comprensione delle dinamiche culturali e politiche europee, sebbene non sempre al centro del dibattito accademico.

  Le relazioni tra l'Italia e il Baltico orientale (Lettonia, Lituania e, sebbene in misura minore, Estonia) si sviluppano principalmente nell'arco del Novecento, sebbene le prime tracce di interesse italiano verso queste terre risalgano al periodo dell'illuminismo e della rinascita nazionale. Le tre repubbliche baltiche, emerse con l'indipendenza dal dominio imperiale russo nel 1918, furono presto oggetto di attenzione diplomatica e culturale da parte delle potenze europee, tra cui l'Italia. Tuttavia, è nel periodo interbellico che le relazioni con l'Italia si intensificano, con una crescente presenza di scambi culturali, politiche di soft power e una crescente curiosità per il dinamismo politico e sociale delle giovani nazioni baltiche.

  L'Italia fascista cercò di ampliare la propria influenza in Europa orientale, in parte anche attraverso la promozione della propria lingua e cultura in questi nuovi Stati. La formazione di una classe diplomatica e culturale che si dedicava al rafforzamento dei legami tra i due mondi si incrociava con la volontà di proiettare l'Italia come una potenza di riferimento in quest'area. Ciò non si limitava solo alla diplomazia politica, ma si estendeva a un campo ben più ampio, che includeva lo scambio di idee in campo accademico, la traduzione di opere letterarie, la divulgazione della cultura italiana nelle università e nei circoli culturali, nonché la diffusione della lingua italiana.

  Il volume curato da Napolitano e Ardoino si concentra quindi su un periodo storico specifico, ma offre anche spunti per una riflessione più ampia sui flussi di influenza culturale che legano l'Italia alla regione baltica, un tema che merita di essere esplorato in modo più sistematico nell'ambito delle relazioni internazionali e delle scienze umane. La lettura di questo libro non è solo un'opportunità per conoscere le interazioni culturali tra Italia e Baltico orientale, ma anche un modo per esplorare la storia e le trasformazioni della cultura europea nel suo complesso.

  Il volume si distingue per la varietà dei suoi approcci, che spaziano dalla linguistica alla storia politica, dalla sociologia della cultura alla storiografia.

  Il saggio di Pietro U. Dini esplora le modalità con cui la cultura lettone era conosciuta in Italia prima e dopo la Prima guerra mondiale. Il contesto storico di questo periodo, segnato da tensioni politiche e ideologiche, fornisce lo sfondo per comprendere come le élite italiane si avvicinarono alla Lettonia, un Paese che, pur essendo piccolo e relativamente sconosciuto, rivestiva un significato simbolico nell'ottica della geografia politica dell'Europa interbellica. La conoscenza della cultura lettone si intreccia con l'interesse per le politiche di indipendenza e le sfide nazionali in una Europa che, seppur turbolenta, si stava lentamente organizzando secondo nuovi equilibri.

  Il contributo di Rosario Napolitano analizza le modalità di diffusione della lingua e della cultura italiana in Lettonia, concentrandosi soprattutto sul ruolo delle istituzioni culturali italiane e sulla presenza di insegnanti, traduttori e mediatori culturali. Il fascino esercitato dalla cultura italiana in Lettonia è descritto come un fenomeno che tocca non solo il piano intellettuale e accademico, ma anche quello sociale, con la creazione di legami stretti tra le classi più elevate della società lettone e quelle italiane.

  L'intervento di Adriano Cerri si concentra su un aspetto linguistico meno convenzionale, ma estremamente interessante: l'influenza del lettone e di altre lingue baltiche nel lessico anatomico lituano. Utilizzando un approccio storico-linguistico, Cerri esplora le influenze reciproche tra le lingue baltiche e la lingua italiana, approfondendo il fenomeno dei "letticismi" (prestiti linguistici dal lettone) nel vocabolario medico e scientifico, con uno specifico focus sulla zona settentrionale della Lituania.

  Jeļena Gridina affronta un tema di grande interesse per gli esperti di lingue romanze: le possibilità di intercomprensione tra la lingua lettone e le lingue romanze, con una riflessione su come le strutture grammaticali e lessicali possano essere trasmesse e comprese tra queste lingue così diverse per origine e struttura. Questo saggio apre una discussione sugli approcci pedagogici e linguistici che potrebbero favorire un dialogo più profondo tra il mondo baltico e quello romano.

  Il saggio di Diego Ardoino offre una panoramica storica sull'insegnamento della lingua italiana all'Università di Vilnius, una delle più antiche università dell'Europa orientale. L'Autore traccia una linea temporale che va dal XVI secolo fino al XXI secolo, esplorando come l'italiano sia stato insegnato e studiato in questo contesto accademico, sia come lingua di cultura sia come lingua straniera, subendo, nel corso dei secoli, l'influenza delle turbolenze politiche, delle guerre e delle ideologie dominanti.

  Andrea Griffante esplora il ruolo della diplomazia lituana a Roma, concentrandosi sulla promozione dell'immagine della giovane repubblica lituana in Italia. Durante il periodo interbellico, l'ambasciata lituana cercò di ottenere il riconoscimento internazionale e di rafforzare i legami con il governo italiano, un aspetto che riflette le tensioni politiche e le ambizioni geopolitiche di entrambe le nazioni.

  Alessandro Vitale si concentra sull'opera di Nicola Turchi, un intellettuale italiano che dedicò ampio spazio alla Lituania nel suo lavoro intitolato "Nella Lituania indipendente" (1921). Questo contributo fornisce un'interessante lettura della geografia e della politica lituana attraverso gli occhi di un autore italiano, illustrando come la Lituania fosse percepita in Italia e come la sua immagine venisse costruita nel contesto europeo del primo dopoguerra.

  Il saggio di Julija Šabasevičiūtė si addentra nell'affascinante mondo della paremiografia, confrontando proverbi e modi di dire italiani e lituani. Il confronto tra il bianco e il nero, simboli ricorrenti nella lingua e nella cultura di entrambi i popoli, fornisce spunti per una riflessione sullo sviluppo delle tradizioni popolari e sull'incrocio di significati e immagini culturali.

  Infine, Claudio Barna esplora la figura di Andrius Volanus, un pensatore lituano che si confronta con la Repubblica di Venezia nel suo "De libertate politica sive civili". Il saggio esamina le intersezioni tra la filosofia politica veneziana e quella baltica, rivelando l'influenza che la Serenissima ebbe sulle idee politiche e sul pensiero giuridico nell'Europa orientale.

  Il volume curato da Napolitano e Ardoino è un'opera utile per approfondire il tema delle relazioni culturali, linguistiche e politiche tra l'Italia e il Baltico orientale. Ogni capitolo offre una chiave di lettura specifica, ma tutti insieme contribuiscono a tracciare un quadro complesso e affascinante delle interazioni tra queste due aree geografiche nel secolo scorso. In un periodo storico in cui la memoria e la conoscenza reciproca tra i popoli sono più che mai necessarie, il libro rappresenta un contributo significativo alla valorizzazione di un patrimonio culturale condiviso e a un dialogo tra tradizioni diverse.