Fabio Montella
Gli squadristi di Modena (1919-1923) Protagonisti, pratiche e rappresentazioni della violenza alla nascita del fascismo
Edizioni Artestampa, pagg.306, € 24,00
Alla fine della Prima Guerra Mondiale l'Italia, seppur vincitrice del conflitto, si trova ad affrontare un drammatico panorama di crisi economica, sociale e politica. Le promesse di gloria, tanto sventolate durante gli anni della guerra, si rivelano illusioni in un contesto di forte inflazione, disoccupazione, instabilità e un ampio malcontento popolare. In questo clima di disordini e di incertezze, che segna la fine della Belle Époque, emerge un movimento politico che darà forma alla nuova dittatura italiana: il fascismo. Fondato da Benito Mussolini, il fascismo trova una sua manifestazione attraverso le cosiddette "squadre d'azione", che si distinguono per il loro metodo di lotta, basato principalmente sulla violenza politica, l'intimidazione e la repressione sistematica dei propri avversari.
Il Biennio Rosso (1919-1920), un periodo di intensa conflittualità sociale in cui le agitazioni operaie e contadine si scontrano con la resistenza dei proprietari terrieri e della borghesia, funge da sfondo a questo emergere dello squadrismo. L'instabilità politica e le difficoltà economiche forniranno terreno fertile per i gruppi paramilitari fascisti, che sfrutteranno le paure della classe dominante riguardo alla rivoluzione socialista e comunista. Gli squadristi, sebbene inizialmente una realtà di stampo locale, si estenderanno rapidamente in tutta Italia, utilizzando la violenza come strumento per annientare ogni forma di opposizione.
Il giornalista Fabio Montella con il libro intitolato "Gli squadristi di Modena (1919-1923)" offre un contributo importante per comprendere le radici dello squadrismo a livello locale, con un focus sulla città di Modena, uno dei principali teatri degli squadristi durante gli anni immediatamente successivi alla Grande Guerra. L'Autore, inserendosi in una nuova riflessione storiografica sulle origini del fascismo, fornisce una lettura dettagliata e approfondita delle pratiche, delle mentalità e delle rappresentazioni che hanno caratterizzato l'ascesa degli squadristi, offrendo così un contributo significativo alla comprensione della violenza politica che precedette la presa del potere da parte di Mussolini nel 1922 e che segnò il punto di non ritorno verso la dittatura.
Montella si concentra su Modena, una città che, come molte altre nel nord Italia, è stata attraversata da un intenso conflitto sociale e politico. La regione emiliana, da sempre un luogo di grande fermento e tradizione sindacale, è teatro di scontri tra operai, contadini e forze di polizia, ma anche tra gruppi di estrema destra e sinistra. Modena, in questo contesto, diventa un esempio perfetto per studiare l'emergere del fascismo a livello locale, in quanto lo squadrismo non solo si affermò come risposta alla conflittualità sociale, ma anche come strumento di consenso per le forze politiche emergenti.
L'Autore evidenzia che la violenza fascista non si limitava a episodi sporadici di scontro, ma era parte di una strategia ben organizzata e sistematica per eliminare ogni forma di opposizione politica. Montella sottolinea come gli squadristi modenesi abbiano fatto uso di diversi mezzi per intimidire e sopraffare i nemici politici, che andavano dai colpi di pistola agli incendi, dalle botte all'uso dell'olio di ricino, fino alle vere e proprie spedizioni punitive. Questi episodi di violenza furono accompagnati dalla creazione di un'immagine del fascismo come movimento di ordine e di disciplina, sebbene dietro questa facciata si nascondesse una realtà caratterizzata dall'illegalità e dall'uso indiscriminato della forza.
Uno degli aspetti più interessanti del libro di Montella è l'analisi dei protagonisti dello squadrismo. Gli squadristi modenesi non sono ritratti come meri strumenti di una violenza cieca, ma come soggetti con una mentalità e una visione del mondo ben precise. Montella esplora le motivazioni che spingevano questi uomini – molti dei quali giovani provenienti da ambienti della piccola borghesia e del mondo rurale – ad aderire al fascismo e a impegnarsi nella lotta contro i loro avversari. La scelta di unirsi alle squadre fasciste, secondo l'Autore, non fu solo il frutto di un disegno strategico e politico, ma anche il risultato di un profondo cambiamento nei valori e nella cultura politica dell'epoca.
Gli squadristi, infatti, non si limitavano a combattere contro il movimento socialista e la sinistra radicale, ma erano animati da un progetto di riordino della società che vedeva nella violenza un mezzo necessario per raggiungere la pulizia politica e morale. Questi uomini erano per lo più mossi da un'ideologia che univa il nazionalismo, il mito della guerra e della gioventù eroica, e un'idea di giustizia che giustificava la lotta violenta contro gli avversari politici. Montella approfondisce la visione che gli squadristi avevano della violenza, che veniva percepita come un atto di eroismo, una sorta di missione redentrice per la nazione, e come un mezzo per ottenere il riconoscimento sociale e politico in una società che sembrava aver perso ogni ordine.
Uno dei punti di forza del libro è la minuziosa ricostruzione delle azioni degli squadristi a Modena. Montella non si limita a descrivere gli episodi, ma si sforza di comprenderne la logica e le modalità. Gli squadristi non si accontentavano di attaccare i propri nemici fisicamente: la violenza era anche simbolica, un mezzo per dimostrare la propria superiorità e per esprimere la "forza" del nuovo movimento. In questo senso, Montella esamina come la violenza fascista fosse costruita anche come un linguaggio che si nutriva di simboli e di rituali, tra cui le marce, le divise, le parate, e le retoriche di un "futuro" che avrebbe superato il passato repubblicano e liberale.
Inoltre, il libro contiene un'ampia cronologia della violenza politica a Modena tra il 1918 e il 1923, che consente di seguire passo passo l'evoluzione della situazione e di comprendere come le azioni squadriste si siano progressivamente estese, alimentate da un clima di impunità e dalla complicità delle istituzioni locali, come la polizia e le autorità politiche. Questo periodo, che culmina nella Marcia su Roma del 1922, rappresenta il trionfo della violenza fascista, ma anche la fine di un ciclo di lotte politiche che segnerà l'inizio della dittatura mussoliniana. |