Auguste Blanqui
L'eternità viene dagli astri Traduzione di Raffaele Fragola Con un saggio di Ottavio Fatica
Adelphi Edizioni, pagg.132, € 13,00
Nel lontano anno del 1871, Auguste Blanqui, conosciuto come "l'eterno cospiratore", si trova in una delle sue numerose detenzioni. La sua vita è stata segnata da lunghi periodi passati dietro le sbarre, e questa volta non fa eccezione. Tuttavia, la sua situazione è resa ancora più ostile dal fatto che è stato trasferito nel Fort du Taureau, un remoto luogo di detenzione in Bretagna. Lontano dalla vivace Parigi, dove la Comune infiamma le strade, Blanqui viene sottoposto a una reclusione particolarmente dura, costretto all'isolamento più totale.
Nonostante le circostanze estreme, Blanqui trova un modo per rendere la sua voce udibile al di fuori delle mura del carcere. Eludendo la censura, l'anziano rivoluzionario scrive un testo che diventerà il suo primo libro, pubblicato l'anno successivo, una volta tornato a Parigi. Ci si aspetterebbe che Blanqui, concentrato come è stato per tutta la vita sulla politica, scriva un pamphlet politico. Tuttavia, ciò che emerge dalla sua cella è un trattato visionario di "astronomia metafisica". Questo scritto si sviluppa come una mescolanza unica di scienza, poesia e filosofia, avanzando un'ipotesi audace.
Blanqui afferma che ogni astro, indipendentemente dal tipo, esiste in modo infinito nel tempo e nello spazio. Non solo esiste in un unico istante, ma in ogni istante della sua vita, dalla nascita alla morte. Con grande stupore del lettore, Blanqui sostiene che tutti gli esseri che popolano la superficie di questi astri, grandi o piccoli, vivi o inanimati, condividono il privilegio della perennità. Ciascuno di loro possiede, nello spazio, un numero infinito di duplicati che conducono una vita identica alla loro.
Queste idee avanzate da Blanqui nel suo trattato cosmico hanno sorpreso molti, tra cui Benjamin e Borges, che hanno sottolineato come in questo piccolo libro si trovino le premesse dell'eterno ritorno di Nietzsche. Tuttavia, vi è un'atmosfera di malinconia baudelairiana, che Benjamin non manca di notare, presente in questa visione multiverso di Blanqui. È come se, nonostante le possibilità infinite offerte dalla teoria, il progresso sia solo un'illusione inevitabilmente destinata a rivelarsi vuota e fugace.
In conclusione, la detenzione di Blanqui nel remoto Fort du Taureau diventa una sorta di incubatrice per le sue riflessioni inaspettate. L'atmosfera di isolamento e prigione lo costringe ad andare oltre la sfera politica, spingendolo a esplorare un terreno di ricerca completamente diverso. Il risultato è un trattato cosmico che getta le basi per molte discussioni future sul concetto di perennità e illusione del progresso. In un tempo in cui le teorie cosmologiche moderne stanno suggerendo l'esistenza di universi paralleli e infinite possibilità, il pensiero di Blanqui si dimostra straordinariamente avanti per il suo tempo. |