Elémire Zolla
Che cos'è la tradizione Un'idea decisiva nell'ampio mareggiare della storia umana
Marsilio Editori, pagg.272, € 22,00
La metafisica, intesa come intuizione intellettuale, oltrepassa l'apparenza materiale dell'esistenza per raggiungere le profondità più remote, al di là del sonno oppressivo delle forme quotidiane. "Che cos'è la tradizione" di Elemire Zolla, ripubblicato da Marsilio dopo la prima edizione del 1971, rappresenta una prova critica di un pensatore in grado di elaborare in modo sistematico un sapere complesso. Pur riconoscendo l'eccessivo manicheismo della sua opera, l'Autore conduce il lettore alle radici delle crepe che affliggono la società occidentale, un mondo disincantato che ha dimenticato la molteplicità delle dimensioni umane a favore dell'assolutismo della scienza e della tecnologia.
Zolla si fa portavoce di una concezione che considera lo stato mistico come condizione normativa dell'esistenza, un elemento che riemerge nel concetto stesso di Tradizione. Secondo Zolla, la predominanza della triade corpo-psiche-ragione mette in evidenza l'oscuramento della dimensione spirituale nel mondo contemporaneo. Pertanto, rispetto alla teologia, che viene spesso mascherata da una libertà senza limiti, emergono con forza la raffinatezza di una conoscenza mistica delle tradizioni orientali e primitive, prive delle teorie e dei pregiudizi dell'unilinearismo del progresso moderno, e un misticismo cristiano che si oppone alla dissoluzione nichilistica senza freni.
Secondo Zolla, la trasmissione della consapevolezza dell'essere nella sua perfezione massima rappresenta la tradizione primordiale autentica, superiore alle altre perché logicamente precedente e centrale come un punto nello spazio. La concezione dell'essere come una realtà in movimento, senza una centralità effettiva, rappresenta la manifestazione di uno storicismo che considera l'uomo solo come un epifenomeno sociale, aprendo le porte al relativismo distruttivo.
La concezione puramente sociale dell'uomo ha portato all'altro grande mito distruttivo della contemporaneità, quello dell'uguaglianza. Interpretando l'uomo come un prodotto collettivo, come un'entità sociale, come spiega Zolla, la visione contemporanea si basa su leggi auto-fondative che gradualmente si allontanano dalla spiritualità. Ma se consideriamo l'individuo nella sua unicità spirituale, si dimostra l'infondatezza di tale domanda di uguaglianza, poiché il livello di devozione e la capacità di raggiungere le altezze dello spirito divergono e distinguono gli individui, respingendo la conformità dissolvente contemporanea.
Come spiega l'Autore, la scienza stessa diventa per le comunità che ancora custodiscono una consapevolezza spirituale un mezzo per perfezionarsi, un cammino di conoscenza simbolica in grado di illuminare l'anima di coloro che intraprendono la via della Tradizione.
Questo processo di enfasi sulla funzionalità scientifica risulta evidente anche nella decadenza dell'estetica artistica e architettonica. In assenza di un senso centrale dell'Essere, queste manifestazioni dello spirito hanno subito un processo di seccamento. Le città si sono trasformate in paludi di edifici, in cui il concetto di bellezza e armonia lascia spazio alla proliferazione di giungle di cemento. Tuttavia, la biblioteca di Celso di Efeso continua a ergersi maestosa e vittoriosa sopra i complessi edifici dell'architettura contemporanea abbattuta. |