Antonella Tarpino
Memoranda Gli antifascisti raccontati dal loro quotidiano
Einaudi, pagg.216, € 17,00
Ciò che lega gli uomini ai loro manufatti è una pietas reciproca e tenace che persiste nel corso dei secoli. Architetture, oggetti e scritti sopravvivono spesso ai loro autori o ai loro proprietari, custodendo in sé storie e memorie che sono pronte a essere restituite in modo immediato e tangibile a chi entra in contatto con loro. È una realtà che vale anche per i tempi relativamente recenti, da sempre più lontani da noi con la fine degli ultimi testimoni viventi.
Ci sono molti manufatti che custodiscono le tracce della Resistenza e dell'antifascismo, come il balcone da cui Duccio Galimberti pronunciò il famoso discorso del 26 luglio 1943 a Cuneo, la pietra-poesia di Primo Levi ritrovata sul bordo del divano di Nuto Revelli, e la scrivania di Piero Gobetti con le parole vergate a matita da Ada in memoria della sua morte, nei loro appartamenti di via Fabro a Torino. Pure i banchi del Liceo D'Azeglio e la «banda» Monti (da Pavese a Mila, da Ginzburg a Bobbio), i vagoni merci per gli ebrei destinati ad Auschwitz alla stazione di Borgo San Dalmazzo, e la Resistenza rappresentata nei quadri di Adriana Filippi a Boves ricordano un'epoca di lotta contro il Fascismo.
Oggi sono gli oggetti, gli edifici e i luoghi quotidiani a ricucire il filo della memoria degli uomini che si opposero alla dittatura. Questa difficile scelta esistenziale ha lasciato tracce indelebili nei luoghi domestici, dove le memorie sono ancora presenti, circondandoci. Ecco perché in questo libro della storica e saggista Antonella Tarpino – racconto a tratti sussultorio di memoria, visioni e tracce – oggetti, edifici e luoghi quotidiani entrano nel nostro sguardo divenendo elementi attivi di una narrazione in cui siamo coinvolti in prima persona.
Il tema principale del testo riguarda la capacità dei diversi oggetti di conservare la storia e generare memoria, assumendo lo status di testimoni del passato e diventando dispositivi narrativi in grado di far rivivere il tempo trascorso. In particolare, si sottolinea come questi oggetti abbiano il potere di far risonanza tra passato e presente, aprendo un ponte tra le diverse epoche e consentendo a chi li osserva di entrare in sintonia con la realtà storica che rappresentano.
L'attenzione del testo si concentra su una particolare area geografica, il Piemonte, e sui luoghi che hanno rappresentato il palcoscenico delle vite di alcune persone illustri come Piero e Ada Gobetti, Nuto Revelli, i partigiani fucilati a Dogliani e il primo borgo martire d'Italia a Boves. Grazie all'uso di immagini e oggetti simbolici, il testo restituisce un quadro vivo del passato, che emerge attraverso le tracce lasciate da questi personaggi e dai luoghi che frequentavano.
Il discorso non segue una sequenza cronologica, ma si concentra piuttosto sulle suggestioni che ogni singolo input suggerisce, procedendo per associazioni libere e collegamenti spontanei. In questo modo, il testo vuole sottolineare come la memoria non sia un processo lineare e omogeneo, ma piuttosto un intreccio complesso di relazioni e suggestioni, che coinvolge non solo la mente ma anche l'anima e i sensi.
Si conclude con una riflessione sull'importanza del ricordare, che va al di là della semplice questione di memoria per consolidarsi come un orizzonte più ampio di azioni, pensieri, affetti e doveri. La memoria, infatti, non è solo un fatto etico, ma anche morale, e si lega indissolubilmente alla capacità dell'individuo di agire in modo giusto e responsabile nel presente, consapevole della storia e delle sfide che ha dovuto affrontare la propria comunità. |