Igino
Miti Nuova edizione riveduta a cura di Giulio Guidorizzi
Adelphi Edizioni, pagg.XLIV-651, € 16,00
Igino, che visse nel I secolo a.C., fu un celebre scrittore e mitografo latino, noto per essere la fonte principale di molte leggende e miti dell'antica Grecia e Roma. La sua opera, intitolata "Fabulae", è una raccolta di brevi storie mitologiche che spiega l'origine e il significato di molte figure divine, mostri e luoghi mitici.
L'importanza del lavoro di Igino risiede nell'enorme impatto che ha avuto nella cultura latina e occidentale in generale, e nella sua capacità di trasmettere e preservare la mitologia greca e romana per le generazioni future. Molti dei personaggi e degli eventi che abbiamo oggi associati alla mitologia greca e romana furono introdotti per la prima volta da Igino nel suo lavoro.
Nonostante Igino fosse influenzato dalla mitologia greca, la maggior parte delle sue storie hanno una chiara connessione con la religione romana e i suoi riti. Egli inoltre spiegava anche come le persone sarebbero state punite o ricompensate dalle divinità in base alle loro azioni, un messaggio che risuona ancora oggi in molte culture.
La raccolta di storie di Igino era molto popolare nell'antica Roma ed è stata conservata nei secoli grazie alla sua importante influenza nella cultura artistica e letteraria. Artisti come Raffaello e Michelangelo si sono ispirati alle storie di Igino per creare alcune delle loro opere d'arte.
Inoltre, la "Fabulae" di Igino ha anche avuto un'importante influenza nella letteratura e nel teatro. Shakespeare, ad esempio, ha tratto ispirazione dalla mitologia greca e romana per creare numerose opere di successo come "Romeo e Giulietta" e "La tempesta".
Igino è stata una figura molto importante della letteratura latina e della mitologia, grazie al suo lavoro fondamentale sulla raccolta e la preservazione del patrimonio mitologico di Grecia e Roma, che ha influenzato innumerevoli generazioni di artisti e scrittori, ancora oggi.
I "miti" di Igino, in questa edizione pubblicata per i tipi di Adelphi, sono preceduti da un ampio saggio introduttivo del Curatore del volume, Giulio Guidorizzi, il quale spiega che Igino presenta "i miti in racconti separati, ciascuno dei quali circoscrive una trama completa. A differenza di Apollodoro, che si sforza di ricucire i miti in un quadro continuo e di costruire una mitologia unitaria con un inizio e una fine, dalla creazione del mondo alla morte di Ulisse – ultimo degli eroi –, Igino spezza il gran quadro in una serie di episodi. In parte ciò è dovuto alle fonti di cui disponeva, che erano certo meno abbondanti e varie rispetto a quelle di Apollodoro; la rinuncia a offrire un manuale organizzato fa comunque del libro di Igino non «la» mitologia ma «una» mitologia, in cui l'autore riduce di molto la preoccupazione di elaborare in un insieme coerente le versioni differenti dei miti; liberatosi del fardello della scelta, può accostare i racconti, trascegliendo i miti dalle sue fonti e lasciandoli agire parallelamente, senza curarsi troppo di ripetizioni o contraddizioni tra una versione e l'altra dello stesso mito. È una scelta che quanto meno riscatta il mito dalla necessità di connettersi ad altri, e lo ricolloca, com'era in origine, nella sua autonomia narrativa".
Nel racconto dedicato a Prometeo, Igino scrive: "Un tempo gli uomini chiedevano il fuoco agli dèi e non sapevano conservarlo perennemente. In seguito Prometeo lo portò sulla terra nascosto dentro una canna e insegnò agli uomini il modo di conservarlo sotto la cenere. Perciò Mercurio, per ordine di Giove, lo legò a una rupe sul monte Caucaso con chiodi di ferro, e gli pose accanto un'aquila che gli rodeva il cuore: e quanto veniva mangiato di giorno, altrettanto cresceva di notte. Fu Ercole a uccidere quest'aquila dopo trentamila anni e a liberarlo". |