Alessandro Moretti
Crescere nella discordia: la vita di Pompeo
Pàtron Editore, pagg.142, € 15,00
Questo agile saggio di Alessandro Moretti offre un profilo biografico di Gneo Pompeo Magno, "mostrando come egli sia riuscito a detenere costantemente una posizione eccezionale all'interno dello stato, ritenuta da alcuni suoi contemporanei come prevaricante rispetto alle normali istituzioni, attraverso una linea d'azione mai incoerente con i propri ideali e curando, allo stesso tempo, una propria immagine pubblica di uomo rispettoso dei regolari organi istituzionali".
Della giovinezza di Pompeo si hanno scarse notizie. La sua carriera "sarà fuori dal comune, per lo più segnata da eccezionali situazioni militari che brillantemente risolse".
Alla fine dell'82 a.C., "Pompeo ricevette da Silla l'ordine di procedere all'eliminazione delle forze mariane presenti in Africa. In ottemperanza a tali disposizioni, Pompeo partì dalla Sicilia alla volta del nuovo teatro di guerra con ingenti forze (6 legioni, 120 navi da guerra e 800 da trasporto), battendo in breve tempo, quaranta giorni, tanto il mariano Domizio Enobarbo quanto il suo alleato Iarba, re di Numidia posto sul trono da Domizio stesso".
Sebbene gli fosse stato "proposto di divenire senatore prima del tempo", "egli rifiutò, ritenendo per il momento migliore e più spendibile la fama scaturita dall'essere un eques trionfatore piuttosto che un giovane senatore".
Nel corso del tempo, il potere e l'influenza di Pompeo crebbero a tal punto "da far dire ai contemporanei che lui, un singolo uomo, aveva la possibilità di abolire o confermare diritti concernenti l'intera collettività".
Il 29 dicembre del 71 a.C., Pompeo, "ancora cavaliere, poté celebrare il suo secondo trionfo come console designato", pur avendo solo trentacinque anni, "mentre per il consolato ne servivano quarantatré": "i comizi lo elessero per la sua popolarità e non perché intimiditi dalla sua armata, ma certamente essa fu strumento di pressione indiretta su chi, invece, doveva decidere se concedergli o meno la possibilità di candidarsi".
"Con le sue conquiste – spiega l'Autore – quasi raddoppiò l'entità dei tributi totali riscossi da Roma, versò la tesoro ben ventimila talenti, si assicurò la felicità e la fedeltà delle sue truppe con ingentissime ricompense monetarie ed ebbe modo di fondare ben trentanove città. Tutte queste azioni gli procurarono una fama e una gloria immense non solo a Roma, ma anche nell'Oriente stesso, dove sono attestati vari templi ed iscrizioni a lui dedicati".
Pur non essendo stato "l'unico romano a desiderare di ampliare le proprie clientele", egli fu tuttavia "il solo che ebbe la possibilità, soprattutto grazie all'estensione geografica delle sue campagne, di costruire una sorta di personale "impero clientelare" che, oramai, si estendeva dall'ovest all'est in quasi tutto l'impero romano. Procedette così a rientrare a Roma, all'apice della potenza, alla testa di un esercito vittorioso e a lui fedele che, come già accaduto per il ritorno dalla Spagna e forse anche per quello dall'Africa, suscitava molte preoccupazioni nell'Urbe dove in questi anni, ovvero dal 66 al 62, si erano susseguiti vari e importanti eventi con conseguenti nuovi scontri politici e le rispettive parti, ancora una volta, temevano e contemporaneamente speravano nel ritorno del Magno perché, in base alle inclinazioni che questi avesse avuto, avrebbe potuto far pendere l'ago della bilancia da una parte o dall'altra". |