Giovanni Mari
Il governo Goebbels Trenta ore di morte e menzogne
Lindau, pagg.226, € 19,00
Il 30 aprile 1945, alle 15:30, Adolf Hitler si suicidò nel bunker della Cancelleria di Berlino, segnando simbolicamente la fine del Terzo Reich e l'imminente collasso del Terzo Reich. La morte di Hitler è una delle immagini più indelebili della Seconda guerra mondiale, ma la realtà che seguì fu meno nota e certamente più confusa di quanto ci si potrebbe aspettare. Nonostante la morte del Führer, il Terzo Reich non cessò immediatamente di esistere. Quella che tradizionalmente è vista come una fase di disintegrazione e sconfitta, con la Germania ormai accerchiata dalle forze alleate, vide invece una serie di eventi drammatici e contorti, durante i quali alcuni degli uomini più vicini a Hitler tentarono di mantenere in vita un regime che stava crollando.
In un contesto di caos totale, dopo la morte di Hitler, Joseph Goebbels, uno dei più fedeli collaboratori del Führer e l'ideologo principale della propaganda nazionalsocialista, assunse brevemente la carica di Cancelliere del Reich. Questo passaggio, benché durato solo 30 ore, fu segnato da una serie di azioni, decisioni e discorsi che hanno avuto un impatto significativo sulla storia finale del Regime nazionalsocialista. Goebbels non si limitò a prendere il potere, ma tentò di manipolare la realtà circostante attraverso il suo inconfondibile strumento di propaganda, tentando persino di stabilire un contatto con i sovietici, i nemici mortali del Nazionalsocialismo, nella speranza di guadagnare tempo per una resa che, per quanto disperata, rispecchiava ancora una volta la sua visione irriducibile della politica e della storia.
Le trentasei ore di governo di Goebbels sono state un episodio di estrema violenza e disperazione, durante le quali l'ideologia nazionalsocialista trovò la sua espressione finale. Nonostante la fine ormai imminente del Reich, Goebbels mantenne la sua convinzione che la causa del Nazionalsocialismo non fosse persa e continuò a trasmettere, anche nell'ultimo atto del Regime, una propaganda che spronava alla resistenza e al sacrificio totali.
Il libro di Giovanni Mari, "Il governo Goebbels. Trenta ore di morte e menzogne" cerca di esplorare gli ultimi frangenti del Nazionalsocialismo, portando alla luce un episodio che pochi conoscono davvero nei suoi dettagli più drammatici. Mari, giornalista esperto e autore di altri lavori che indagano il tema della propaganda politica, ci guida attraverso gli ultimi momenti del Terzo Reich, facendo uso di documenti storici e analizzando le dinamiche politiche, sociali e psicologiche che si celano dietro le azioni di Goebbels e dei suoi ultimi giorni al potere.
Il libro offre una narrazione approfondita degli eventi che seguirono la morte di Hitler, incentrando l'attenzione su Goebbels e sul suo tentativo di mantenere il potere in un momento in cui il Terzo Reich era ormai ridotto a un cumulo di rovine. La struttura del libro si articola in modo da guidare il lettore attraverso le fasi di questa drammatica transizione, esplorando sia gli aspetti politici sia quelli umani e psicologici che caratterizzano questa parabola finale del Regime nazionalsocialista.
Nella parte iniziale del libro, viene esaminato il passaggio di potere da Hitler a Goebbels, un aspetto che ha suscitato poca attenzione nella storiografia tradizionale. In effetti, contrariamente a quanto si ritiene comunemente, il governo di Goebbels non fu immediatamente seguito dall'ascesa del grand'ammiraglio Karl Dönitz, nominato da Hitler nel suo testamento. Goebbels si autoproclamò cancelliere e, nel giro di poche ore, si trovò a dover gestire un Regime ormai in frantumi. Goebbels rimase fedele all'ideologia nazionalsocialista fino alla fine, dimostrando la sua convinzione che la lotta, anche se ormai persa, dovesse continuare.
Goebbels era, sopra ogni altra cosa, un maestro della propaganda, e nonostante la situazione disperata, continuò a usarla come strumento per cercare di spronare la popolazione, persino nei giorni più critici. Mari analizza come Goebbels cercò di mantenere la propria influenza attraverso comunicati e discorsi che negavano la sconfitta imminente, cercando di esaltare l'immagine di una Germania che ancora resisteva. La sua capacità di trasformare la morte e la distruzione in un messaggio di resistenza eroica fu uno degli aspetti peculiari di questa fase finale.
Uno degli elementi più interessanti che Mari mette in evidenza è il tentativo di Goebbels di trattare con i sovietici. In queste trentasei ore di governo, Goebbels, pur essendo consapevole dell'impossibilità di una vera e propria trattativa, cercò comunque di inviare segnali ai rappresentanti sovietici nella speranza di ottenere qualche forma di tregua o di resa che consentisse una ritirata più dignitosa. L'analisi delle sue comunicazioni con l'Armata Rossa è un punto cruciale, che illustra non solo l'impotenza di Goebbels, ma anche il suo disperato tentativo di utilizzare la diplomazia per salvare ciò che ormai era irrimediabilmente perduto.
Il libro culmina nel racconto tragico e drammatico del suicidio di Goebbels e della sua famiglia, un atto che rappresenta l'estremizzazione della sua fedeltà ideologica. Goebbels, insieme con la moglie Magda, uccise i sei figli prima di togliersi la vita nel giardino della Cancelleria del Reich. Mari esplora le ragioni psicologiche e ideologiche che potrebbero aver motivato un gesto così estremo, mettendo in luce l'ossessione di Goebbels per la purezza della sua causa e la sua determinazione a non arrendersi, nemmeno di fronte alla fine imminente.
La ricostruzione che Mari propone delle ultime ore del Terzo Reich è dettagliata, avvalendosi di una vasta ricerca storica e documentaria, e prende in esame un aspetto della storia che troppo spesso è stato trascurato. Il libro offre una prospettiva unica sulla figura di Goebbels, rivelando la sua sfrenata ambizione di perpetuare il Regime nazionalsocialista fino all'ultimo e il suo uso della propaganda come strumento di resistenza, anche quando la guerra era ormai persa. |