Philip Short
Putin Una vita, il suo tempo
Marsilio Editori, pagg.987, € 34,00
Philip Short, già corrispondente della BBC da Mosca, racconta in questo ampio e documentato saggio la vita e la carriera di Vladimir Putin, senza demonizzare o assolvere il personaggio, ma indagando la sua personalità per "comprenderne le scelte e le azioni e capire come è diventato il leader che è oggi".
Boris Eltsin aveva cominciato a pensare a Putin "come possibile primo ministro nell'estate del 1998". La nomina ebbe luogo nell'agosto 1999 e, fin da subito, il neo-primo ministro "adottò un tono diverso dai suoi predecessori. Il mandato di Eltsin prevedeva che facesse il duro, un atteggiamento che gli calzava a pennello. Nella sua prima intervista televisiva, poche ore dopo la nomina, gli fu chiesto come avrebbe reagito se i lavoratori in sciopero avessero deciso di «sedersi sui binari» come avevano fatto i minatori nel corso dell'estate. «Se si siederanno sui binari?», chiese, e poi aggiunse: «Andranno a sedersi in galera. Chiunque voglia destabilizzare la situazione finirà dentro». I ministri di solito non si esprimevano così. Quando gli fu domandato come si sentiva, rispose: «Combattivo»".
Pochi mesi dopo, a cinque giorni dalle elezioni della Duma fissate per il 19 dicembre 1999, Eltsin convocò Putin a Gorki-9 per comunicargli l'intenzione "di dare le dimissioni e nominarlo presidente ad interim".
Putin fu colto alla sprovvista da tale decisione, ma "non aveva scelta". "Il 27 dicembre – aggiunge l'Autore -, con le elezioni della Duma ormai alle spalle, incontrò di nuovo Eltsin, questa volta al Cremlino, per mettere a punto i dettagli di quello che sarebbe stato il primo trasferimento di poteri costituzionali in Russia".
Domenica 26 marzo del 2000, si svolsero le elezioni presidenziali "in cui fu registrata un'affluenza di quasi il 70 per cento". Putin "ricevette il 53,4 per cento dei voti", seguito dal leader del Partito comunista Gennadij Zjuganov che si fermò invece al 29,5 per cento. "Volarono le solite accuse di brogli – osserva Short -, ma nel complesso le consultazioni si svolsero correttamente, di sicuro più delle presidenziali del 1996 o di quelle per la Duma l'inverno precedente. Putin avrebbe vinto lo stesso anche se non ci fosse stata alcuna irregolarità, se non al primo turno certamente al secondo, e con un largo margine".
Durante il suo primo mandato da presidente, Putin si pose l'obiettivo di "trasformare la Russia «in una società normale e democratica con un'economia di mercato e politiche democratiche», in modo che entrasse a far parte di quello che lui definiva «mondo civilizzato», espressione con cui si riferiva all'Occidente. Ma con il peggioramento dei rapporti con gli Stati Uniti e il progressivo svanire della possibilità che la Russia venisse pienamente accettata in quel contesto, cominciò a immaginare delle alternative".
Secondo l'Autore, nei rapporti con la Russia "gli Stati Uniti avrebbero potuto agire in modo diverso solo facendo un enorme sforzo di leadership e lungimiranza, mettendo in discussione i presupposti basilari del loro ruolo nel mondo. E nessun presidente americano è stato in grado di farlo. La catena di cause ed effetti, iniziata negli anni novanta, che ha portato alla situazione attuale, avrebbe senz'altro potuto condurre in altre direzioni. Ma è improbabile che alla fine il risultato sarebbe stato molto diverso, perché le forze storiche in atto erano le stesse".
Riguardo all'Ucraina, Putin ha commesso diversi errori. Il più grande, per l'ex corrispondente della BBC, "è stato il rifiuto di accettare che ucraini e russi, sebbene molto legati, non sono un unico popolo, ma nazioni slave distinte, ciascuna delle quali è attaccata alla propria identità nazionale. Il suo secondo errore, non meno grave, è stato sovrastimare le possibilità delle forze armate russe. Invece di conquistare la capitale ucraina in pochi giorni, l'offensiva è entrata rapidamente in stallo. Le truppe erano disperse su troppi fronti e non c'era un comando unificato. La segretezza che circondava l'operazione ha fatto sì che molte unità non fossero preparate. Alcune hanno creduto fino all'ultimo momento di partecipare a un'esercitazione, altre hanno dovuto arruolare soldati di leva per rinforzarsi".
Sebbene lo scenario attuale sia piuttosto incerto, "la sensazione palpabile è che si sia conclusa un'epoca. I tre decenni dalla fine della guerra fredda in cui gli Stati Uniti sono stati la superpotenza incontrastata sono finiti. Pechino sfida la supremazia americana nel mar Cinese meridionale. La Russia, con il sostegno cinese, mette in discussione la potenza americana in Europa. Quel che succederà è incerto. Una nuova realtà geopolitica sta per emergere, ma nessuno può prevedere quale forma prenderà". |