Football. Il calcio come fenomeno religioso |
Marc Augé
IL LIBRO – "Per la prima volta nella storia dell'umanità, a intervalli regolari e a orari fissi, milioni di individui si sistemano davanti al loro televisore domestico per assistere e, nel senso pieno del termine, partecipare alla celebrazione dello stesso rituale". Un rito celebrato da ventitré officianti e qualche comparsa davanti a una folla di fedeli che raggiunge talvolta le decine di migliaia di individui ai quali si sommano, davanti agli apparecchi televisivi, milioni di "praticanti a domicilio". Il football, il più popolare tra gli sport di massa, è al tempo stesso pratica e spettacolo, fenomeno sociale che si prolunga nella tensione mai risolta tra professionismo e pratica amatoriale e occasione di riflessione sull'etica del gioco e sulla lealtà tra avversari. Il calcio, spiega l'antropologo Marc Augé, funziona come un fenomeno religioso in cui numerosi individui provano gli stessi sentimenti e li esprimono attraverso il ritmo e il canto. Gli stadi diventano così luoghi di senso, di controsenso e di non senso, simboli di speranza, di errore o di orrore, in cui si compiono ancora i grandi rituali moderni. DAL TESTO – "Il calcio costituisce un fatto sociale totale perché riguarda, più o meno, tutti gli elementi della società ma anche perché si lascia considerare da diversi punti di vista. In se stesso è doppio: pratica e spettacolo. Pratica sufficientemente diffusa da essere considerata anch'essa un fenomeno di massa. Uno spettacolo molto affascinante al punto che il numero di spettatori aumenta nel periodo in cui si svolge e l'ordinarietà dei giorni infrasettimanali è attraversata da un anticipo o da commenti (tramite le conversazioni, le scommesse, la lettura delle rassegne calcistiche). Sul fenomeno stesso, inoltre, si innesta una problematica di classe, a tratti per niente esplicita ma formulata a partire da punti di vista decisamente opposti: lo sport deve essere riservato a un'élite o praticato dal maggior numero di persone possibile? (Il dibattito sul professionismo riporta ampiamente questa tematica). Il calcio, come pratica e come spettacolo, è un nuovo «oppio dei popoli» o è l'occasione di una presa di coscienza «di classe»? Lo sport e, in particolare, gli sport di squadra hanno un valore formativo in un periodo, la vigilia del 1914, che i politici concordano nel descrivere come minaccioso, oppure essi tendono a indebolire in anticipo la combattività dei cittadini? La guerra, lei, no che non è un gioco." L'AUTORE – Marc Augé, etnologo e antropologo francese, è stato directeur d'études all'École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Noto per le sue ricerche in Africa occidentale, si è in seguito occupato dei mondi contemporanei e della dimensione cosmopolita che accomuna i popoli coloniali e l'Occidente. Tra le sue pubblicazioni più note: "Un etnologo nel metrò" (Elèuthera, 2005) e "Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità" (Elèuthera, 1996). Da Raffaello Cortina Editore sono apparsi di recente "L'antropologo e il mondo globale" (2013), "Il tempo senza età: la vecchiaia non esiste" (2014) e "Un etnologo al bistrot" (2015). INDICE DELL'OPERA - 1. Un fenomeno sociale e antropologico - 2. Virtù individuali e spettacolo - 3. Professionisti e diletianti - 4. Sport popolare ed elitario - 5. Un rituale espiatorio - 6. Una nuova religione? |