Ernst Jünger
La pace Una parola ai giovani d'Europa e ai giovani del mondo
Mimesis Edizioni, pagg.95, € 10,00
Questo scritto, che Ernst Jünger dedicò al figlio Ernst "caduto il 29 novembre 1944 presso Carrara", venne pubblicato nel 1945 e rappresenta – come spiega Maurizio Guerri nella Postfazione intitolata '"Come segno dell'unificazione c'è la guerra stessa". Ernst Jünger e la pace' – "un fondamentale tassello nel mosaico della riflessione jüngeriana su tutte le questioni essenziali della sua filosofia".
Secondo l'Autore, la pace deve posare "su fondamenta semplici e universali. Non può essere solo un'opera politica e spirituale pur nel senso più elevato, ma deve essere in pari tempo la creazione di forze positive, prodighe. Perciò, detto con le parole della logica, dipende da princìpi e, in termini teologici, da formule sacre".
La pace non può fondarsi "solo sulla ragione umana" e deve incarnare "in pieno il senso del nostro tempo".
I popoli si trovano di fronte a un bivio: una strada "è quella dell'odio e della rappresaglia; ed è certo che per questa via, dopo un breve periodo di fiacca, il conflitto divamperebbe di nuovo e più violento, per poi concludersi nella distruzione generale. La retta via conduce invece gli uni verso gli altri: le forze che si sono dilaniate in un confronto mortale devono ricomporsi nel nuovo ordine, nella nuova vita. Soltanto qui sono le fonti della vera pace, della ricchezza, della sicurezza, della potenza".
Jünger auspica la caduta delle vecchie frontiere: "nuovi, più vasti imperi devono unificare i popoli. Questa è l'unica via per la quale le discordie fratricide possono concludersi con equità e con vantaggio di ciascuno".
L'Europa deve fondare se stessa "nel matrimonio dei suoi popoli" e dotarsi di "sovranità e costituzione. L'aspirazione a questa unità è più antica della corona di Carlo Magno, e tuttavia non è mai stata tanto ardente, tanto pressante come in questo nostro tempo. Viveva nei sogni dei Cesari e nelle grandi teorie con cui lo spirito agognava a plasmare il proprio futuro, eppure a realizzarla non sono chiamati unicamente la volontà e l'intelletto. L'esperienza soltanto può costringere l'uomo a compiere ciò che è necessario".
Il continente europeo – aggiunge l'Autore – "deve divenire partner dei grandi imperi che si costituiscono sul pianeta e che aspirano alla loro forma definitiva. Deve partecipare della libertà superiore che questi hanno già conquistato nei confronti dello spazio e della storia".
La dichiarazione di indipendenza dell'Europa racchiude "un atto spirituale. Il continente deve in pari tempo liberarsi del molto che in esso è pietrificato, specie nel pensiero e nelle antiche discordie, ma proprio per questo la vittoria sarà feconda per tutti".
"La costituzione europea – si legge ancora nel testo tradotto da Adriana Apa – dovrà distinguere con abilità, come tra quadro e cornice, tra gli ambiti civilizzatori in modo da conciliarli entrambi a beneficio dell'uomo. Dovrà creare l'unità politico-territoriale nel rispetto delle diversità storiche. Ciò significa stabilire in pari tempo una demarcazione tra mondo tecnico e mondo organico. Lo Stato come simbolo supremo della tecnica cattura i popoli con la sua rete e tuttavia questi vivono in libertà sotto la sua tutela. Poi subentreranno la storia e nuovi contenuti. L'Europa potrà divenire patria e tuttavia sul suo territorio rimarranno molte madri-patrie e qualche paese d'origine". |