Francesco Strazzari
Frontiera Ucraina Guerra, geopolitiche e ordine internazionale
il Mulino, pagg.232, € 16,00
Questo saggio di Francesco Strazzari (professore di Relazioni internazionali presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, oltre che presso la Scuola Normale Superiore e la Johns Hopkins University) esamina criticamente la genealogia e i profili di escalation del conflitto in corso in Ucraina, nel quale l'invasore è rappresentato da un regime-potenza nucleare che, avendo sbagliato i calcoli, ritiene di poter esistere solo se mostra determinazione nell'assumersi grandi rischi.
L'Ucraina proclamò l'indipendenza nei giorni immediatamente successivi al tentato golpe del 18-21 agosto 1991, "facendo suonare a morto la campana per il nuovo trattato di Unione degli stati sovrani".
Il "rifiuto di Kyiv ad allinearsi al golpe e poi la proclamazione di indipendenza della Repubblica Socialista Ucraina" - spiega l'Autore – "costituiva una separazione troppo cospicua, in termini territoriali e politici, perché qualcosa del già barcollante gigante sovietico potesse restare in piedi. Al pari della Bielorussia, l'Ucraina godeva di un proprio seggio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite; la carta costituzionale dell'URSS le attribuiva persino un formale diritto di secessione, al quale nessuno peraltro aveva mai lontanamente pensato. Ma ora, dopo che nel caos di Mosca persino il segretario del partito ucraino era finito agli arresti, gli stessi deputati comunisti ucraini avvertivano urgente la necessità di mettere il paese al riparo, avvicinandosi di fatto ai nazionalisti".
Alcune settimane prima, il 1° agosto 1991, era giunto a Kyiv il presidente statunitense George Bush per perorare l'agenda di riforme democratiche, "affermando che gli Stati Uniti non avrebbero mai sostenuto chi propugna l'indipendenza come modo di combattere un tiranno distante sostituendolo con una forma di dispotismo locale. Bush venne acclamato nella Verchovna Rada (il parlamento ucraino): il corteo presidenziale sfilò fra ali di folle festanti lungo le strade della capitale, ma i sostenitori di Ruch – il movimento nazionalista più importante al tempo – vollero distinguersi protestando. Sentendosi traditi da un leader statunitense che ignorava «i democratici», essi denunciarono il discorso come sostegno al «regime totalitario di Mosca» e alla «schiavitù per l'Ucraina»".
Mosca accettò la separazione ucraina sancita dal voto della Rada del 24 agosto 1991, "rinunciando a formulare rivendicazioni persino sulla Crimea – penisola dove il 99% delle scuole facevano lezione in russo". "Nondimeno – osserva Strazzari , questa posizione gettava il seme di una pianta che avrebbe poi contribuito" alla "caduta in disgrazia" dei "circoli filooccidentali" che l'avevano sostenuta. |