Tony Ballantyne – Antoinette Burton
L'età degli imperi globali 1870-1945
Einaudi, pagg.XXXI-187, € 22,00
Tony Ballantyne (docente di Storia alla University of Otago) e Antoinette Burton (docente di Storia alla University of Illinois Urbana-Campaign) ricostruiscono, in questo agile saggio, la creazione e la disintegrazione delle forme dell'ordine mondiale tra il 1870 e il 1945, un arco di tempo caratterizzato da "un'attività imperiale prolungata e intensa che riconfigurò vaste parti del globo".
In tale periodo della storia mondiale, "alcuni potenti sistemi imperiali crollarono, mentre altri regimi estesero rapidamente il proprio raggio d'azione, creando, contestualmente, forme nuove e accelerate di scambio, estrazione e interdipendenza tra le culture. Questi sistemi favorirono cambiamenti nelle formazioni culturali esistenti e crearono nuovi modelli di scambio e circolazione; incontrarono, tuttavia, svariate difficoltà, dovettero fare i conti con le resistenze dei nazionalismi e, in numerose occasioni, ricorrere all'uso della forza per imporre il loro dominio coloniale. Ma le ansie persistenti dei regimi coloniali generate dalle dalle caratteristiche sostanziali della «mentalità autoctona» e dalla fragilità del proprio potere indicano chiaramente che tale dominio non fu mai né totale, né incontrastato. Nel periodo considerato, infatti: l'impero e le sue conseguenze furono oggetto di aperta contestazione; i popoli colonizzati seppero sfruttare le manchevolezze delle strutture coloniali; i regimi imperiali promisero civilizzazione ma, in definitiva, non esitarono a ricorrere alla repressione e alla violenza".
Nel periodo preso in esame dagli Autori, "la costruzione di imperi si basò su azioni di deterritorializzazione e di riterritorializzazione. Per dirla ancora più schematicamente: anche gli imperi territoriali e non solamente la spada fecero vivere e morire gli imperi moderni".
L'accumulazione territoriale rappresentò un "indizio, insieme materiale e simbolico, di potenza nazionale e di prestigio: in Stati-nazione di recente creazione come Germania e Italia, ma anche nel Giappone dei Meiji, i sostenitori del colonialismo non perdevano l'occasione di ribadire che un grande impero era il massimo contrassegno della modernità e della forza di una nazione".
Negli ultimi decenni dell'Ottocento, l'Italia entrò a far parte del "«club imperialista» con la creazione di teste di ponte in Eritrea e in Somalia. I suoi sogni imperiali si focalizzarono poi particolarmente sull'Etiopia, ma furono ben presto infranti dall'umiliante sconfitta da parte delle truppe etiopi nel 1896. Nel 1911 l'impero fu esteso con l'invasione della Libia. Durante il fascismo, le ambizioni italiane in Etiopia trovarono infine soddisfazione nel 1936 con la creazione dell'Africa orientale italiana (AOI) comprendente Etiopia, Eritrea e Somalia italiana. Nel 1939 Mussolini ordinò l'invasione dell'Albania, poi aggiunta all'impero a titolo di protettorato. In seguito alla caduta di Mussolini nel 1943 e all'avvio di negoziati segreti con il comando degli Alleati, l'Impero italiano tramontò con la fine della Seconda guerra mondiale".
Anche altri Stati europei "si mostravano energici costruttori di imperi", mentre si assisteva al "reale declino sulla scena mondiale delle potenze iberiche" e dell'Impero olandese". Spettacolare fu, inoltre, l'ascesa degli Stati Uniti e ancor più quella del Giappone.
Lo sviluppo tecnologico si rivelò funzionale e indispensabile "a un industrialismo marcatamente espansionistico" e fu anche alla base "di sistemi imperiali alimentati e plasmati da questa forma di organizzazione economica. Ferrovie e telegrafi sono esempi della massima importanza sia di tecnologie incorporate in sistemi complessi, nei quali macchine, infrastrutture e istituzioni interagiscono, sia per la loro dipendenza da un assemblaggio sofisticato di pratiche e di processi intrapresi a grande velocità e con regolarità. Poiché richiedevano investimenti molto elevati in termini di capitale e di lavoro, pianificazione dettagliata, continua manutenzione e un sistema sostanzialmente manageriale, questi complessi della comunicazione diventarono gli elementi fondamentali della pratica imperiale dal 1870 in poi".
A partire dagli anni Sessanta del XIX secolo, "i regimi imperiali s'impegnarono a rendere le rispettive reti di trasporto e comunicazione più ampie, più dense, più veloci e più efficienti. Motori a vapore ed elettricità guidarono la trasformazione ambientale, l'estensione e l'intensificazione della produzione industriale, l'espansione degli investimenti in tecnologia militare che caratterizzarono i regimi imperiali tra il 1870 e il 1945".
Nello stesso periodo, "e in particolare negli anni 1918-45, i popoli colonizzati s'impegnarono a fondo nella lotta contro il potere e l'autorità di governi imperiali che si rifiutavano categoricamente di «concedere» l'indipendenza, salvo esservi costretti dall'inevitabilità di una sconfitta da parte di vari e diversi oppositori; dai capi nazionalisti alla «guerriglia», dai «terroristi» ai gruppi di colonizzati in lotta per la conservazione della propria lingua, delle proprie pratiche culturali, dei pochi diritti politici concessi dal potere imperiale".
La Conferenza di Bandung dell'aprile 1955 fu il culmine "di decenni di connessioni transnazionali tra due o più popoli coloniali", evento emblematico "del più ampio sconvolgimento dell'ordine politico globale". |