Imperialismo pagano Stampa E-mail

Julius Evola

Imperialismo pagano
nelle edizioni italiana e tedesca


Edizioni Mediterranee, pagg.349, € 19,50

 

evola imperialismo  IL LIBRO – La genesi di "Imperialismo pagano" viene ricostruita con una certa esattezza dal suo stesso autore nell'autobiografia sprituale "Il Cammino del Cinabro" (1963): «Imperialismo pagano trasse origine da una mia relazione con Giuseppe Bottai (...) Egli teneva ad essere uno degli "intellettuali" del movimento e dirigeva la rivista Critica Fascista, la quale si permetteva una abbastanza vasta libertà di opinione. In alcune mie conversazioni con Bottai nacque l'idea di "muovere le acque" lanciando un programma rivoluzionario che investisse il piano della visione fascista della vita fino ad affrontare il problema della compatibilità fra fascismo e cristianesimo. Bottai trovò eccitante l'idea. Così io scrissi, per la rivista, articoli in tal senso. Ma non appena l'obiettivo ultimo della mossa si rese visibile e fu formulata l'idea di un "imperialismo pagano" come unico orientamento concepibile per un fascismo coerente e coraggioso, nacque un vero putiferio». Non solo su "Critica Fascista" di Bottai nel 1926-1927 Evola espose queste idee ma, come ricorda nella Appendice 2 Gian Franco Lami, anche su "Vita Nova" di Arpinati (altra «rivista ufficiosa») nel 1927.
  L'opera venne pubblicata verso la metà del 1928 a ridosso, dunque, dei Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929 fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Il pamphlet di Julius Evola voleva essere una messa in guardia per il Fascismo contro questo avvenimento che, a giudizio dell'autore, avrebbe tarpato le ali alle potenzialità imperiali del Regime mussoliniano. Non era una personalissima alzata di scudi, ma la conclusione di un cammino che riassumeva le posizioni di un mondo esoterico e/o pagano quanto mai composito che si riuniva anche sotto le iniziative del Gruppo di Ur e che, con la Conciliazione, vedeva spegnersi ogni aspettativa della possibile affermazione nell'Italia fascista di spiritualità diverse dall'egemonia cristiano-cattolica.
  È in questo modo che l'opera deve intendersi, ma anche come un esplicito «appello» al Duce e a tutti «i fascisti degni di questo nome», pur se, scrive esplicitamente Evola, «in forma di campagna militare». Un saggio, dunque, polemicissimo, che prende di petto le questioni, drastico, intransigente, come può esserlo un trentenne per cui «il fascismo era troppo poco», come scriverà due anni dopo. Un'opera in cui si effettua una critica serrata sul piano logico, politico, filosofico e religioso di tutti quei valori, di tutte quelle condizioni, di tutti quei miti che, secondo Evola, stavano ostacolando il fascismo e la sua volontà di rinnovare la nazione e lo Stato, il suo voler essere «imperiale»: da un lato la democrazia, il liberalismo, il comunismo, un mal inteso europeismo e occidentalismo; dall'altro il cristianesimo più che il cattolicesimo come «religione ufficiale». Tutte tesi poi meglio organizzate, sistematizzate e sviluppate dal filosofo in opere successive come "Rivolta contro il mondo moderno", "Gli uomini e le rovine", "Cavalcare la tigre".
  Le polemiche suscitate da Julius Evola furono diffuse, furibonde e si trascinarono a lungo costringendo l'autore a un quasi silenzio sino al 1932-3. Anno in cui apparve in Germania una traduzione riveduta e adattata a un pubblico tedesco del libro, e che qui viene presentato insieme all'originale per un opportuno confronto e approfondimento di temi.
  Il filosofo, negli anni Cinquanta e successivamente, si oppose sempre alla ristampa di "Imperialismo pagano", in quanto la considerava un'opera giovanile, fissata ad un preciso momento politico e superata da altre sue opere nel dopoguerra, ma anche perché sapeva che se ne sarebbe fatto un uso strumentale e «militante», come infatti avvenne. Il ripresentarla con ampio apparato critico e comparativo, con appendici e documenti, significa inquadrarla nel suo tempo e in una complessa e articolata «visione del mondo», non condannarla ad una incongrua damnatio memoriae, ma riscoprirla e capirla per quel che voleva effettivamente essere e per i germi che contiene delle idee e posizioni successive, senza né incongrui anatemi né incongrue apologie.

  DAL TESTO – "La tradizione romana è la tradizione pagana, e non quella cristiana o cattolica che sia. Contestiamo di nuovo, recisamente, che la cattolicità possa considerarsi come l'erede della romanità, tanto è l'abisso che separa questi mondi di là da una continuità puramente geografica. E nell'atto di scagliarsi contro l'Occidente, noi, effettivamente, ci scagliamo soltanto contro l'oscuramento creato in esso dalla credenza galilea, sia come cattolicesimo che (e ancor più) come protestantesimo; perché già dicemmo, e fra breve dimostreremo, che appunto nello spirito del cristianesimo stanno i principi e le cause profonde delle principali forme della decadenza europea. Il fascismo veda chiaro tutto ciò: alla superstizione semitica dei nostri padri noi oggi, rievocando Roma, opponiamo in tutto e per tutto la tradizione vera ed antica dei nostri avi, la tradizione mediterranea.
  "E se noi, nei riguardi di ciò che è insegnamento sapienziale ed esoterico, abbiamo potuto riferirci, ed ancora ci riferiremo, anche a dottrine orientali, si stia certi che anche in questo caso possiamo opporre un preciso arresto ai pretesti cattolici dell'«anti-Roma». L'insegnamento iniziatico concerne una realtà che trascende qualsiasi argomento nazionalistico qui è almeno così assurdo, come quello di chi volesse sottoporre alle condizioni o «tradizioni» di questo o quel popolo le verità della geometria, della fisica o del calcolo infinitesimale. D'altronde le stesse dottrine noi potremmo anche riferirle e citarle da fonti mediterranee e occidentali, se esse non fossero più frammentarie e (dal punto di vista profano) incerte, ovvero nascoste da una fitta simbologia imposta appunto dalle persecuzioni cristiane."

  L'AUTORE – Julius Evola, filosofo e pittore italiano (Roma 1898 - ivi 1974), inizialmente dedito a studi tecnici e matematici (era iscritto alla facoltà di Ingegneria), seguì ben presto la sua vera vocazione, l'arte e la filosofia, aderendo, dopo la fine della Prima guerra mondiale (alla quale partecipò come ufficiale di artiglieria), al movimento futurista di Balla e Marinetti (nel 1919 era presente all'Esposizione nazionale futurista di Milano, nel 1921 all'Exposition internationale d'art moderne a Ginevra). Ma dal gennaio del 1921 i suoi interessi si erano già spostati verso il dadaismo, entrando in contatto con Tristan Tzara e diventando una figura di rilievo nella produzione pittorica italiana, come dimostra la sua presenza al Salon Dada di Parigi nel giugno del 1921. Il '21, tuttavia, fu anche l'anno di una drammatica crisi personale che sfociò in un tentato suicidio; il superamento di tale crisi segnò per E. l'inizio di un interesse via via sempre più esclusivo per la filosofia. In questo ambito, la formazione di E. rivela la costante presenza di temi nietzschiani e gentiliani, ai quali tuttavia egli volle imprimere una torsione nel senso di un «idealismo magico» ("Saggi sull'idealismo magico", 1925), nel quale confluirono varie esperienze mistiche e misteriche dell'Oriente e dell'Occidente (yoga, tantrismo, ermetismo, mitraismo, mistica 'ghibellina' del Graal, ecc.). La sua adesione al fascismo (che rimase tuttavia ideologica, perché non fu mai iscritto al PNF) e le sue simpatie per il nazismo derivano da una interpretazione degli stessi in chiave di rinnovamento del paganesimo ("Imperialismo pagano", 1928) e di rifiuto della modernità ("Rivolta contro il mondo moderno", 1934). Nella modernità E., sensibile al classico mito delle quattro epoche del mondo (oro, argento, bronzo e ferro), vedeva il ritorno della quarta età, la peggiore di tutte. A tale rifiuto è collegata in parte anche la sua analisi dell'ebraismo, considerato il principale 'volano' del liberalismo e dell'ideologia del profitto. Il razzismo di E. non era legato a fattori biologici, ma 'spirituali', quali il mito aristocratico vagamente 'nietzschiano' delle razze intellettualmente e culturalmente superiori. Ferito nell'aprile del 1945 a Vienna durante i bombardamenti, restò paralizzato agli arti inferiori. Nel '48 rientrò in Italia, dove nel '50 fu arrestato e coinvolto nel processo ai Fasci di azione rivoluzionaria (FAR). Prosciolto dalle accuse, passò il resto della sua vita dedicandosi agli studi filosofici, che comprendono riflessioni sulla "Metafisica del sesso" (1958), scritti su Ernst Jünger, sulla filosofia indiana e sul taoismo, e ancora riflessioni sul fascismo. I suoi numerosi scritti inediti sono in corso di pubblicazione a cura della Fondazione Julius Evola. (fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/julius-evola_(Dizionario-di-filosofia))

  INDICE DELL'OPERA – Nota del Curatore - Evola e l'Impero interiore: una fine e un inizio, di Claudio Bonvecchio – I. Imperialismo pagano (Premessa dell'editore alla prima edizione (1928) - I. Noi, gli antieuropei – II. Le condizioni per l'Impero - III. L'errore democratico - IV. Le radici del male europeo - V. Valori pagani e valori cristiani - Appendice polemica sugli attacchi di parte guelfa all'Imperialismo pagano) – II. Heidnischer imperialismus (Nota alla edizione italiana - Premessa dell'editore tedesco (1933) - I. Noi, gli antieuropei - II. Le condizioni per l'Impero - III. L'errore democratico - IV. Le radici del male europeo - V. Il nostro simbolo europeo – Epilogo) - Appendice I. La polemica su «Imperialismo pagano» (Il dissidio Evola-Reghini, di Angelo Iacovella - Imperialismo pagano, di Arturo Reghini - Imperialismo pagano, di Rasena [Arturo Reghini] - Diffida contro Ignis, di La Direzione di Ur-Krur [Julius Evola]) - Appendice II. La polemica sul rapporto Fascismo-Cristianesimo (Un percorso critico-bibliografico, di Gian Franco Lami) - Indice dei nomi - Indice delle opere, degli articoli e dei periodici