Cavalli e cavalieri. Guerra, gioco, finzione Stampa E-mail

a cura di Franco Cardini e Luca Mantelli

Cavalli e cavalieri. Guerra, gioco, finzione
Atti del convegno internazionale di studi
(Certaldo Alto, 15-18 settembre 2010)


Pacini Editore, pagg.246, € 24,00

cardini cavalli  IL LIBRO – Si parla molto di cavalleria, medievale e non: gli eroi, le battaglie, le cerimonie di investitura, gli Ordini militari, la letteratura cortese, i revival. Eppure, anche in studi di grande valore, si registra spesso un Grande Assente: il cavallo. Quel mito fondamentale per le pratiche guerriere, perno dello sviluppo della cavalleria e quindi della società feudale, che diventa tutt'uno con il suo cavaliere e che fa da netta discriminante tra la plebe rurale e la nobiltà che può permettersene il mantenimento. Cardini e Mantelli coordinano un riesame dell'importanza del sacro quadrupede senza tralasciare affascinanti culture come la spagnola e l'araba, entrando anche nell'ambito della leggenda, della magia e del meraviglioso.

  DAL TESTO – "I grandi condottieri dell'antichità, primo tra tutti Alessandro, sono stati accomunati ai loro cavalli, con i quali facevano un tutto unico. Bucefalo era della migliore razza tessalica e il suo nome ("testa di bue") alludeva all'imponente stazza e alle caratteristiche morfologiche: fronte larga, narici distanti, profilo leggermente concavo caratteristico delle razze orientali, in particolare della Tessaglia. Meravigliosi Xanto e Balìo, i cavalli immortali di Achille, generati da Zefiro e l'Arpia Podarghe, protagonisti del toccante episodio narrato nel XVII libro dell'Iliade (vv. 424-455). Durante gli scontri per il possesso del corpo e delle armi di Patroclo ucciso da Ettore, nell'infuriare della lotta, in disparte, i due destrieri piangono. Il passo è fortemente significativo, dal momento che nel contrasto fra il pianto dei cavalli immortali e l'eroe ucciso si ripropone il topos del contrasto fra
le debolezze dell'umanità e la beatitudine celeste. I versi omerici rappresentano la drammatica condizione degli uomini, una riflessione pessimistica che risulta amplificata dalle lacrime degli animali divini. Xanto, lo splendido corsiero biondo, predice la morte ad Achille, mostrandosi talmente "umano" da essere dotato di virtù profetica, il dono più grande che gli dei possono concedere agli uomini.
  "Quando, infatti, l'animale assume la sua configurazione reale, non più favolosa o mitologica allora è quasi diretta emanazione dell'uomo vive con lui in simbiosi e perfetta comunione. È il caso del monumento equestre, emblema del condottiero vittorioso, dove il cavallo diventa splendido piedistallo vivente, indubbio deuteragonista, parte integrante e insostituibile nel momento encomiastico. La positura del cavaliere, unita sovente a studiata gestualità, mostra l'affermazione del potere di un condottiero o di un sovrano che, per quanto idealizzati, devono essere riconoscibili. Altrettanto avviene per il nobile destriero, spesso altero, di razza, raffigurato realisticamente al pari dell'uomo, quasi un ritratto al cavallo oltre che all'uomo, quasi una riproduzione fotografica, in grado di unire al verismo della redazione il fascino nobilitante del recupero del modello antico. Ancora nel Quattrocento la giostra e il torneo sono protagonisti della poesia e della letteratura tecnica, come i manuali e i trattati cavallereschi e cerimoniali, ma anche le cronache e gli encomi, nonché delle frequenti rappresentazioni visive che occupano gli arredi suntuari, in particolare la pittura su tavola dei cassoni e le illustrazioni dei componimenti elogiativi, incisioni e miniature.
  "Fino dalla comparsa della cavalleria organizzata il guerriero a cavallo ha rappresentato nella realtà, ingigantendosi nell'immaginario, una sorta di divinità; potente e invincibile, maestoso e tremendo, l'uomo armato trova nella sua cavalcatura una base mobile di estremo fascino. Il monumento equestre dell'antichità classica aveva già stabilito le coordinate della glorificazione dell'uomo d'arme: destriero e guerriero formano un binomio indissolubile. Una statua come quella di Cangrande della Scala aggiorna ormai il modello cavalleresco, porta le insegne della famiglia nel cimiero; l'imperator è diventato signore ed è qualcosa di più del cavaliere. La statua equestre, che nell'arte religiosa del medioevo aveva assunto valore morale diventando anche simbolo della Superbia, all'inizio del XIII secolo rivive come emblema delle libertà e dell'orgoglio comunali. Invade, poi, la scultura funeraria, derivante spesso non dal prototipo classico, che avrebbe conferito al defunto la quieta dignità di un imperatore romano, ma dal piccolo rilievo, come la lastra tombale di Guilelmus, cavaliere francese ucciso nella battaglia di Campaldino, (Firenze, Chiesa della SS. Annunziata, 1290 ca.), raffigurato mentre galoppa contro il nemico, brandendo la spada."

  I CURATORI – Franco Cardini, fiorentino, è ordinario di Storia medievale presso l'Istituto Italiano di scienze umane (Sum), membro di numerosi istituti scientifici e docente universitario in Italia, Europa e Stati Uniti. Studioso del movimento crociato e dei rapporti culturali tra Oriente e Occidente, si è dedicato negli ultimi anni all'approfondimento della storia e cultura islamica e delle dinamiche mondiali contemporanee. Tra i suoi ultimi studi si ricordano "Terrasanta. Pellegrini italiani tra Medioevo e prima Età Moderna" (Bologna, 2002), "Le radici perdute dell'Europa" (Milano, 2006, con Sergio Valzania), "Europa e Islam. Storia di un malinteso" (Roma-Bari, 2007), "La tradizione templare" (Firenze, 2007), "Le cento novelle contro lo morte. Giovanni Boccaccio e lo rifondazione cavalleresca del mondo" (Roma, 2007). Nell'ambito della sua produzione narrativa si segnala "Il signore della paura" (Milano, 2007).
  Luca Mantelli, torinese di nascita ma fiorentino di lungo corso, lavora alla Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino di Firenze e si occupa delle relazioni intercorse tra le forze cristiano-occidentali e i khanati occidentali mongoli tra Due e Trecento e dei riflessi che questi fenomeni ebbero sul sultanato mamelucco del Cairo e sui beilikati turchi dell'Asia Minore. Tra i suoi studi si segnalano la scheda repertoriale "L'impero mongolo fra Oriente e Occidente (secoli XIII-XV)", curata con Lorenzo Pubblici per Reti medievali e la curatela, insieme a Silvia Agnoletti, al volume "I fiorentini alla crociata" (Firenze, 2007).

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione, di Franco Cardini - Un mito chiamato cavallo, di Giovanna Lazzi - Il cavallo nella cultura materiale tra antichità e medioevo. L'eredità dei "popoli cavalieri" nei secoli di transizione (IV-VII), di Enrico Leone - Cavalli e cavalieri nella conquista islamica della Sicilia, di Alessandro Vanoli - Il cavallo tecnologico. Ippologia e progresso tecnico scientifico, di Massimo Gennari - Il cavallo nella cultura spagnola, di José Enrique Ruiz-Domènec – I finimenti dei cavalli nella cultura araba, di Almudena Blasco Vallés - I templari, la regola e il cavallo sacrificato, di Simonetta Cerrini - «Uomo a terra!». Il disarcionamento del miles medievale nella tattica e nella mentalità cavalleresche, di Giuseppe Ligato - Il cavallo come risorsa bellica: costi, obblighi, risarcimenti, di Alessandro Barbero - Cavalli, cavalieri e cavallate nell'Italia comunale, di Paolo Grillo - Il cavallo fra svago e addestramento, gioco e diporto, di Renata Salvarani - Il cavallo e il suo cavaliere: uno sguardo etologico tra medioevo e tempi moderni, di Paolo Baragli - Il cavallo nell'ordine dell'ospedale a Rodi dopo il 1306, di Anthony Luttrell - Il "cavaliere infernale". Riflessioni su un tema "folklorico", di Marina Montesano - «Il mongolo nasce nella gher e muore a cavallo»: il cavallo mongolo nelle grandi invasioni del Duecento, di Luca Mantelli – Gli Autori