Il consenso totalitario |
a cura di Paul Corner Il consenso totalitario Laterza, pagg.XX-259, Euro 24,00
IL LIBRO – I regimi totalitari, nelle loro svariate tipologie, sono stati fra gli elementi distintivi del ventesimo secolo. Eppure, fino a tempi relativamente recenti, è mancata un'analisi dell'opinione popolare, di chi subiva o sosteneva questi governi, capace di approfondire alcune questioni: per esempio, che cosa pensava la gente dei regimi totalitari sotto i quali viveva? Che rapporto aveva con essi? Il popolo sovietico contestò lo stalinismo e resistette sempre al suo dominio? Il fascismo godette veramente del consenso di massa degli italiani? Le fiaccolate degli anni Trenta rappresentarono un'espressione spontanea dell'entusiasmo del popolo tedesco per il nazismo? Gli ex-tedeschi dell'Est sono ancora convinti della superiorità dello "Stato degli operai e dei contadini"? Il volume affronta queste e altre tematiche con un approccio "dal basso", un approccio cioè che fa propria la cornice dello Stato dittatoriale, ma cerca anche di capire come le persone imparassero ad adattarsi allo Stato stesso - in certi casi limitandosi a sopravvivere, in altri resistendo alle pressioni, in altri ancora integrando più pienamente la propria esistenza alle richieste del regime. Molti dei contributi fanno riferimento alla metodologia della "storia della vita quotidiana" che indaga la quotidianità e l'interazione fra essa e la dominazione esercitata dal regime, ponendo particolare attenzione alle forme di adattamento e di autodifesa escogitate dalle persone nel corso delle loro attività giornaliere. DAL TESTO – “All'interno degli anni di governo di Stalin, assunse un particolare rilievo il periodo a metà degli anni Trenta. Nel 1935, anno del ritorno di Nikolai Ustrjalov in URSS, l'eccessiva violenza della campagna di collettivizzazione si era smorzata ed erano pienamente visibili i risultati della campagna socialista di costruzione. La fisionomia della Russia sovietica era profondamente cambiata: milioni di persone delle classi più basse ricevevano un'istruzione e i simboli della cultura esteriore; i valori moderni di razionalizzazione, disciplina e scienza, instancabilmente predicati dagli attivisti del regime, parevano gettare alle spalle le radicate nozioni russe di sottomissione e apatia. Guardando da questa posizione privilegiata ai primi due decenni del potere sovietico, gli osservatori dotati di un occhio dialettico ben allenato potevano considerare l'andamento zigzagante di rivoluzione, guerra civile, NEP e seconda rivoluzione di Stalin come sviluppi legittimi culminanti nell'epoca di fondazione del socialismo. Un tale pensiero dialettico ricevette un'ulteriore legittimazione quando fu applicato al contesto internazionale. In particolare, l'ascesa del fascismo in Germania confermò il senso di un'imminente battaglia finale, lo scontro dialettico definitivo sul progredire della storia verso il futuro comunista. Ustrjalov era ossessionato da tali pensieri. La dialettica, annotò nel suo diario, gli faceva girare la testa «come dopo aver bevuto champagne di prima qualità». La formula hegeliana era tanto inebriante perché forniva una prospettiva di assoluzione e integrazione della persona nella nuova società. Le immagini di giovani in parata a Mosca lo riempivano della sicurezza che il presente rivoluzionario segnava un nuovo inizio, «una tesi in un nuovo ciclo dialettico»: questa esplosione dialettica lo avrebbe anche rimesso personalmente in pista, liberandolo da un passato sbagliato speso dalla parte perdente della storia e gettandolo in avanti come soggetto storico in grado di comprendere e operare con le leggi scientifiche che facevano vorticosamente avanzare e salire la storia. La dialettica riuscì anche a spiegare (e così a eliminare) molti fenomeni coercitivi della vita sovietica ben evidenti agli occhi del visitatore venuto dalla Manciuria: nella lettura dialettica di Ustrjalov, essi divennero le vestigia del vecchio, barbaro passato, destinati a sparire con il progredire della storia verso il futuro luminoso.” IL CURATORE – Paul Corner insegna Storia dell'Europa all'Università di Siena, dove è anche direttore del Centro per lo Studio dei regimi totalitari del Ventesimo secolo. Fa parte del comitato di redazione del "Journal of Modern Italian Studies", è Senior Member del St. Antony's College, Oxford, e Adjunct Professor della University of North Carolina at Chapel Hill (USA). INDICE DELL’OPERA - Introduzione, di Paul Corner - Parte prima. L’opinione popolare sotto il totalitarismo: due visioni d’insieme - L’opinione popolare nella Russia stalinista prima della seconda guerra mondiale, di Sheila Fitzpatrick - Consenso, coercizione e opinione popolare nel Terzo Reich, di Ian Kershaw - Parte seconda. Le prime dittature - L’autoconsapevolezza al tempo di Stalin, di Jochen Hellbeck - L’opinione popolare sotto lo stalinismo, di Jan Plamper - L’opinione popolare nella Germania nazista e la questione ebraica, di Otto Dov Kulka - Mobilitazione, esperienza e percezioni nella Germania nazista, di Jill Stephenson - L’opinione popolare nell’Italia fascista degli anni Trenta, di Paul Corner - Parte terza. La dittatura dopo il 1945 - La Polonia sotto il comunismo: il silenzio degli esautorati, di Marcin Kula - L’importanza del consenso per il comunismo, di Martin Sabrow - La generazione della Gioventù Hitleriana nella DDR: opportunismo o conversione?, di Mary Fulbrook - Una dittatura precaria: il consenso nella DDR, di Thomas Lindenberger - Gli autori - Indice dei nomi
|