La Porta d’Oriente n.12/2011
Pagine, pagg.190, Euro 23,00
Nell’Editoriale del n.12/2011 di La Porta d’Oriente, prestigiosa rivista di studi sugli “Orienti”, il direttore Franco Cardini prende in esame i venti di guerra che soffiano da un po’ di tempo intorno alla Repubblica islamica dell’Iran. “Perché gli USA - scrive l’Autore - sembrano preoccuparsi dell'Iran di Ahmedinejad al punto di arrivare alle esplicite minacce? La minaccia nucleare, i diritti umani disattesi e il pericolo che Israele correrebbe non c'entrano. C'entra invece il modesto isolotto di Kish sul Golfo Persico, che gli iraniani hanno scelto a sede di una futura rete di scambi petroliferi mirante alla costituzione di un "cartello" che si fonderebbe sull'unità monetaria non più del dollaro, bensì dell'euro. Questa è la bomba nucleare iraniana che davvero gli statunitensi temono”. “E allora, immaginiamoci un possibile e purtroppo piuttosto probabile futuro. La guerra, lo sanno tutti, è un gran ricco business: vi sono cointeressate potentissime Lobbies industriali e finanziarie internazionali; è rimasta l'unica attività produttiva statunitense che davvero "tiri"; le commesse vanno rinnovate e gli arsenali debbono essere vuotati se si vogliono riempire di nuovo; poi ci sono i generali (non solo i generaloni del Pentagono, quelli che ostentano nomi da conquistatore romano, tipo Petreus; ma anche i generalucci della NATO e i generalicchi italiani, per tacer degli "esperti" strategico-geopolitici da TV, spesso docenti in improbabili "università telematiche"...); inoltre c'è il sacrosanto spiegamento dei fondamentalisti cristiani, ebrei e musulmano-sunniti che non vedono l'ora di saltar addosso al demonio sciita; infine ci sono i poveri cristi che aspettano di venir ingaggiati come mercenari, come già in Afghanistan e in Iraq, la folla dei portoricani in caccia della magica green card che fa di loro dei quasi cittadini statunitensi, i sotto proletari che sognano di ascendere al rango di contractors. Tutte insieme, queste forze sono - non illudiamoci - potentissime”. Nello stesso numero della rivista, troviamo poi un saggio di Gloria Larini intitolato Elementi interculturali e parodia dello straniero negli Acarnesi di Aristofane. Il personaggio di Diceopoli è presentato da Aristofane nelle vesti di un “cittadino del mondo, proprio perché non più cittadino della polis, uomo ellenistico anzitempo”: questi, secondo l’Autrice, è, “paradossalmente, anche l'estremizzazione dell'uomo moderno, guicciardinianamente chiuso nel suo particulare, ma, proprio per questo, forte della sua libertà decisionale, della sua valutazione degli altri priva di preconcetti o pregiudizi vincolati ad una maggioranza 'etnica'”. La trasformazione della Terrasanta per il pellegrino d’Occidente. Da Egeria a Bernardo il Saggio (secoli IV-IX) è il titolo dell’articolo di Marianna Cerno. Vi si legge che il “pellegrinaggio cristiano è un viaggio volontario che il fedele compie per avvicinarsi di più a Dio, raggiungendo quei luoghi in cui, come dice Peter Brown, visibile e invisibile si incontrano. Nell’antichità, mentre i pagani si recano ai santuari per votarsi alle divinità taumaturgiche, il cristiano crede che Gesù sia l’incarnazione del Cristo: il suo pellegrinaggio, quindi, non ha destinazioni arbitrarie, bensì evocative, individuate e sacralizzate dalla presenza fisica di Gesù o dei santi. E la Terrasanta diventa quasi da subito e sempre di più la mèta dove ogni fedele può vivere (o rivivere) la vita e la passione di Cristo con un atto che per una volta travalica il simbolismo liturgico per diventare un’esperienza sensoriale”. Gabriele Parenti prende in esame l’incidente di Fashoda, “una contesa coloniale sull’alto Nilo” tra la Francia e la Gran Bretagna risalente al 1898. Il ministro degli Esteri francese Delcassé “sapendo che l’Inghilterra considerava l’occupazione di Fashoda un casus belli si preparò a ordinare il ritiro della missione ma continuò a tirare la corda per contrattare compensi nel Bahr el Ghazal. Il governo inglese replicò rivendicando la sovranità egiziana sull’intera regione sudanese”. “A Londra – aggiunge Parenti - si temette che la Francia fosse ormai in mano ai militari e ci si preparò ad una possibile guerra. Ma il Foreign Office era convinto che I'anglofobia francese fosse "a fior di pelle" e limitata agli ambienti ultranazionalisti”. Alla figura di Georg August Wallin dedica attenzione Francesco G. Borsacchi. Nato nel 1811, finlandese, Wallin fu “una delle più straordinarie figure di viaggiatore e di orientalista dell’Ottocento”. “Questi, fornito di una carnagione eccezionalmente scura per un finnico, sarebbe stato capace di assimilare in pochi anni la lingua e la cultura araba al punto da essere scambiato per musulmano dagli stessi autoctoni, e poter entrare come pellegrino a La Mecca, sotto il nome arabo di Abd-al-Wali”. Piero Zattoni si sofferma, invece, sulla figura di Francesco Balducci Pegolotti, “un funzionario della banca dei Bardi che, insieme a quella dei Peruzzi, era, nella prima metà del Trecento, la più importante di Firenze e forse d’Europa. Per quanto la sua attività lo portasse a frequenti viaggi, ad Anversa nel 1315, a Londra nel 1317, a Cipro nel 1324 – 1327 e di nuovo negli anni Trenta del secolo, egli non si spinse mai, a quanto sembra, al di fuori dell’Europa e dell’area mediterranea; tuttavia ciò non gli impedì di scrivere, intorno al 1340, il manuale Della pratica della mercatura, evidentemente pensato come guida pratica per chi volesse svolgere attività commerciali in Oriente, e comprendente, fra l’altro, la precisa descrizione di un itinerario dal Mar Nero alla Cina”. “L’aspetto più significativo della sua opera – spiega Zattoni – consiste forse proprio nel fatto che egli fosse in grado di scriverla senza bisogno di recarsi nei luoghi di cui parlava; evidentemente disponeva di una vasta rete di contatti con persone che quei luoghi li avevano visitati”. Il saggio di Ermanno Visintainer prende in esame la simbologia cromatica dei mari sulla via della seta. Un intreccio fra storia, attualità e metastoria dell’Eurasia recita il sottotitolo… Nostalgia delle origini. La Chiesa d’Oriente e l’astinenza dalla carne s’intitola l’articolo di Guidalberto Bormolini. Oltre alla questione della barba dei religiosi, un tema che l’Autore ha avuto modo di trattare in passato sulle pagine di La Porta d’Oriente, “lo scisma tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente fu provocato anche dalla disapprovazione degli orientali per la consuetudine degli ordini monastici di cibarsi di carne. Difatti la critica che Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli, rivolse ai romani fu esplicita: «[ ... ] i loro monaci mangiano la carne»”. Giorgio Redigolo approfondisce la storia di Fraxinetum, o Frassineto stando alla traduzione italiana, un toponimo certamente noto “allo studente e all’appassionato di storia medievale: ciascun buon manuale lo riporta, generalmente in un capitoletto dedicato alla disgregazione politica postcarolingia e alle incursioni di Saraceni, Vichinghi e Ungari. Fraxinetum è elencato come uno dei vari insediamenti fondati dai pirati musulmani sulle coste mediterranee, la sua collocazione è fissata sulla costa provenzale nella stessa area dove oggigiorno sorge Saint Tropez, ossia nel golfo allora noto con il nome latino di Sinus Sambracitanus. Da lì i suoi occupanti si spingevano con le loro razzie non solo via mare sulla vicina costa ligure, ma anche via terra raggiungendo, attraverso i valichi alpini, l’attuale Piemonte occidentale e la Svizzera”. Nel Dossier didattico che chiude il presente numero della rivista, troviamo il saggio del Prof. Cardini intitolato Gli incerti confini della realtà. Dai viaggiatori immaginari ai viaggiatori italiani in Asia Centrale, dal quale emerge, alla luce delle conoscenze e delle esperienze dei viaggiatori italiani in Asia orientale tra XII e XIV secolo, un ampio quadro del sapere geografico “impropriamente definibile come “immaginario””.
|