Thomas Hobbes
Saggi su storia e politica I «Tre discorsi» e l'«Introduzione» a Tucidide
Casa editrice Leo S. Olschki, pagg.214, € 19,00
Nel volume curato da Lavinia Peluso, "Saggi su storia e politica. I «Tre discorsi» e l'«Introduzione» a Tucidide", si offre al lettore un'importante e approfondita finestra sulla fase più trascurata del pensiero di Thomas Hobbes, quella che precede la sua piena adesione alla nuova scienza galileiana e alla formulazione dei suoi capolavori filosofici, come "De cive" e "Leviatano". Pubblicato nel 2024 nell'ambito dell'Archivio Thomas Hobbes, il libro presenta una traduzione aggiornata e commentata di quattro scritti giovanili di Hobbes, redatti tra gli anni 1610 e 1620: il "Discorso su Tacito", il "Discorso su Roma", il "Discorso sulle leggi" e l'"Introduzione alla Guerra del Peloponneso di Tucidide". Questi testi, purtroppo poco esplorati dalla critica, rivelano un aspetto fondamentale della formazione del pensiero politico hobbesiano, offrendo spunti utili per comprendere meglio le radici della sua avversione per i conflitti sociali e la democrazia.
Uno degli aspetti più rilevanti di questa raccolta risiede nella riflessione di Hobbes sulla cultura classica, che costituisce una delle principali influenze di questi scritti. Sebbene il pensatore inglese sia stato in seguito caratterizzato dal suo legame con la rivoluzione scientifica, in questi testi giovanili si percepisce un forte radicamento nella storia politica della Grecia e di Roma. La visione hobbesiana del potere, della legge e della condizione umana appare immersa in un dialogo costante con gli autori dell'antichità, in particolare Tacito e Tucidide. Tuttavia, la lettura che Hobbes ne fa non è mai semplicemente filologica o accademica, ma è profondamente imbevuta di un realismo politico che ne modella l'interpretazione. Questo realismo non si limita alla mera osservazione dei fatti storici, ma cerca di trarre lezioni politiche per il presente, attingendo dalla storia esempi che, pur in contesti differenti, hanno permesso di mettere in luce la fragilità e l'instabilità delle forme politiche.
La raccolta di testi commentata da Peluso rivela chiaramente un aspetto della filosofia politica hobbesiana che, pur manifestandosi in modo embrionale in questi scritti giovanili, troverà piena espressione nelle opere successive: la sua netta avversione per i tumulti sociali e la democrazia. In particolare, il "Discorso su Roma" e il "Discorso sulle leggi" mettono in evidenza la critica che Hobbes muove alle forme di governo democratico, giudicate incapaci di garantire la stabilità e l'ordine sociale. Sebbene non manchi in Hobbes un riconoscimento della necessità della legge e della virtù, la sua visione del potere tende a essere dominata da un'inclinazione verso una forma di governo che assicuri l'ordine senza l'anarchia derivante dalle divisioni interne.
Il "Discorso su Tacito" contribuisce a conferire a questa critica una nuova dimensione, poiché Hobbes esamina la figura dell'imperatore romano non come un tiranno arbitrario, ma come un capo politico in grado di stabilire l'ordine e garantire la sicurezza dello Stato. La riflessione su Tacito rivela, infatti, un'idea di politica che, sebbene rispecchi in certi casi i principi machiavelliani, è comunque permeata dal pragmatismo hobbesiano che distingue la realtà delle cose dal desiderio di virtù ideale.
Il volume a cura di Lavinia Peluso conferma l'importanza dell'elemento storico e politico nel pensiero di Hobbes, che emerge come uno dei primi filosofi politici a concepire la politica come un campo segnato dalla necessità di affrontare la realtà dei conflitti di potere. L'attenzione rivolta agli esempi tratti dalla storia di Grecia e Roma e la continua riflessione sulla stabilità politica testimoniano un'impronta decisamente "realista" nella concezione del potere e dello stato di natura. Nonostante ciò, i testi non rinunciano mai a interrogarsi sul Bene, sulla giustizia e sulla virtù, elementi che, pur considerati necessari per la coesione sociale, appaiono secondari rispetto alla necessità di mantenere la pace e la sicurezza attraverso il controllo centralizzato.
La lettura dei "Tre discorsi" e dell'"Introduzione a Tucidide" induce il lettore a domandarsi, come Hobbes stesso suggerisce, "Che cos'è il Bene?", un interrogativo che rimarrà sempre centrale nella sua riflessione filosofica. Sebbene Hobbes non abbandoni mai del tutto la ricerca di risposte su cosa costituisca il Bene, l'idea di una politica guidata dalla ragione e dalla virtù diventa progressivamente subordinata alla necessità di un'autorità che salvaguardi l'ordine e la pace sociale.
Il periodo storico in cui questi scritti furono redatti, ovvero gli anni immediatamente precedenti la rivoluzione scientifica galileiana, è fondamentale per comprendere le basi di un pensiero che si sviluppò successivamente in un contesto di grande instabilità politica e sociale. La traduzione aggiornata di questi testi e i commenti di Lavinia Peluso consentono di apprezzare meglio l'evoluzione del pensiero di Hobbes e le sue interazioni con la tradizione politica classica, in particolare l'influenza di autori come Tacito e Tucidide. Peluso offre un'analisi che non si limita a fornire un semplice resoconto storico, ma guida il lettore in una riflessione profonda sulla natura della politica e delle sue implicazioni morali e sociali.
Questi "Saggi su storia e politica", dunque, rappresentano una risorsa preziosa per comprendere le radici del pensiero politico hobbesiano e, più in generale, la nascita del realismo politico moderno. La cura editoriale di Peluso, unita alla traduzione e al commento, arricchisce il testo, permettendo di cogliere la rilevanza di questi scritti giovanili non solo per la biografia intellettuale di Hobbes, ma anche per il panorama filosofico-politico dell'epoca.
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