a cura di Erminio Fonzo - Deborah Guazzoni - Nicola Sbetti
Lo sport durante il fascismo Ricerche storiche e prospettive storiografiche
Clueb, pagg.512, € 39,00
Il Ventennio fascista (1922-1943) rappresenta un periodo cruciale della storia italiana, durante il quale il regime mussoliniano cercò di plasmare la società secondo i principi di un totalitarismo che si proponeva di integrare ogni aspetto della vita quotidiana sotto il controllo dello Stato. Tra i molti strumenti utilizzati per consolidare il potere, lo sport occupò una posizione preminente, divenendo un mezzo fondamentale non solo per la promozione della salute fisica e del benessere, ma anche per la nazionalizzazione delle masse e per la costruzione di una nuova identità collettiva. La politica sportiva fascista si inseriva in un progetto più ampio volto a creare l'uomo nuovo: un individuo forte, disciplinato e pronto a sostenere l'ideologia del Regime. Questo progetto si concretizzò nella promozione di attività fisiche e sportive su vasta scala, sia a livello di base che d'élite, attraverso una serie di strutture organizzative che miravano a controllare ogni aspetto della vita sportiva.
Lo sport, in particolare l'atletica leggera, divenne uno degli strumenti principali per il consolidamento del consenso sia sul piano nazionale sia su quello internazionale. Le manifestazioni sportive, dal calcio alle competizioni di atletica, furono utilizzate dal Regime non solo per innalzare l'immagine di Mussolini e del Fascismo, ma anche per guadagnare prestigio sulla scena internazionale. Tuttavia, come evidenziato dalla storiografia, non tutti gli obiettivi del Regime furono pienamente raggiunti, e la dicotomia tra lo sport "fascista", organizzato attraverso le strutture governative, e quello "ufficiale", gestito dalle federazioni sportive nazionali, rimase una tensione irrisolta per tutto il Ventennio.
Il volume curato da Erminio Fonzo, Deborah Guazzoni e Nicola Sbetti, *Lo sport durante il fascismo. Ricerche storiche e prospettive storiografiche*, approfondisce un tema centrale della storia del Ventennio che ha ricevuto, fino ad oggi, un'attenzione disomogenea da parte degli studiosi. Il libro raccoglie ventinove saggi che esplorano diversi aspetti dello sport durante il Fascismo, proponendo nuove letture e prospettive storiografiche che aiutano a comprendere meglio il rapporto complesso tra Fascismo e società italiana.
La pluralità dei contributi non solo arricchisce il dibattito storico sul ruolo dello sport durante il Fascismo, ma offre anche una panoramica articolata delle sue implicazioni politiche, sociali e culturali. I saggi spaziano dalle analisi delle politiche sportive, alla gestione delle organizzazioni sportive di massa, fino alla riflessione sulle pratiche quotidiane e sulle esperienze individuali di atleti e spettatori. I curatori hanno saputo coniugare approcci storici tradizionali con nuove metodologie e prospettive interdisciplinari, aprendo nuovi orizzonti nella comprensione di un fenomeno che ha avuto un impatto profondo sullo sviluppo del Regime fascista e sull'immaginario collettivo italiano.
Una delle caratteristiche più interessanti di questo volume è l'approfondimento delle contraddizioni interne alla politica sportiva fascista. Come sottolineato in vari saggi, se da un lato il Regime cercava di utilizzare lo sport come strumento di propaganda e di mobilitazione delle masse, dall'altro lato si trovava a dover fare i conti con l'autonomia delle federazioni sportive e con la resistenza di una parte del movimento sportivo, che non si riconosceva nelle linee ideologiche del Regime.
Un altro elemento che emerge in maniera chiara è il tentativo del Fascismo di associarsi alla grandezza sportiva come simbolo di forza e virilità. La propaganda fascista utilizzò eventi sportivi, come le celebrazioni delle vittorie italiane in ambito calcistico o atletico, per veicolare un'immagine del Regime come foriero di successi e di affermazione dell'Italia sulla scena internazionale. Tuttavia, come il volume mette in luce, questo approccio risultò problematico, poiché la visibilità e l'autonomia degli sportivi e delle federazioni talvolta sfuggivano al controllo del Regime, rendendo difficile mantenere il totale controllo ideologico e politico su ogni aspetto dell'attività sportiva.
I saggi si concentrano anche su aspetti come la costruzione di una "mitologia sportiva" che legava i trionfi atletici alla gloria del regime. Lo sport veniva presentato come un mezzo per raggiungere l'ideale fascista dell'uomo nuovo: forte, disciplinato e pronto a sacrificarsi per il bene della nazione. Allo stesso tempo, veniva promossa una cultura della competizione che, pur nella sua apparente disinteressata ricerca del successo, presupponeva un impianto ideologico volto a cementare la disciplina e lo spirito di sacrificio.
*Lo sport durante il fascismo. Ricerche storiche e prospettive storiografiche* è un'opera che, pur trattando un argomento specifico, offre una chiave di lettura importante per comprendere la complessità del Fascismo italiano. La ricchezza e la varietà degli approcci offrono una riflessione articolata e approfondita sul modo in cui lo sport divenne un strumento di governo, un campo di battaglia ideologico, ma anche un'occasione di resistenza e di negoziazione da parte di individui e gruppi che cercavano di mantenere la propria autonomia. |