La rivolta delle élite Stampa E-mail

Christopher Lasch

La rivolta delle élite
Il tradimento della democrazia


Neri Pozza, pagg.255, € 17,00

 

lasch elite  IL LIBRO – Pubblicato per la prima volta nel 1995, un anno dopo la morte del suo autore, La rivolta delle élite apparve subito come un libro fondamentale, capace di cogliere, più di qualsiasi testo di politologia, le ragioni profonde della crisi delle moderne democrazie liberali. «Anziché attenersi ai sondaggi», scrisse il Washington Post, «gli analisti politici farebbero meglio a impiegare il loro tempo leggendo l'ultimo libro di Christopher Lasch». Oggi, a oltre vent'anni di distanza, il volume si svela non soltanto come un libro fondamentale, ma come una vera e propria opera profetica, in grado di prefigurare la nascita dei populismi odierni, di quella secessio plebis che si comprende appunto soltanto come una naturale conseguenza della rottura del legame sociale operata tempo fa dalle élite.
  Il libro ritrae per la prima volta, nei suoi tratti essenziali a noi oggi così familiari, quell'élite liberale e cosmopolita di tecnocrati, manager e agenti della comunicazione che determinano le sorti delle società contemporanee: uomini che si sentono a casa propria soltanto quando si muovono, quando «sono en route verso una conferenza ad alto livello, l'inaugurazione di una nuova attività esclusiva, un festival cinematografico internazionale». Uomini che, in possesso di «una visione essenzialmente turistica del mondo», lasciano volentieri l'idea di una residenza stabile a una middle class ritenuta «tecnologicamente arretrata, politicamente reazionaria, repressiva nella morale sessuale, retriva nei gusti culturali».
  Uno smart people che, a Hong Kong come a Bruxelles o a New York, si sente «creativo», ma la cui creatività è rivolta soltanto a «una serie di attività mentali astratte svolte in un ufficio, preferibilmente con l'aiuto di un computer, e non alla produzione di cibo, case o altri generi di prima necessità».
  Il solo rapporto che, nel liberalismo moderno, l'élite ha con il lavoro produttivo è, per Christopher Lasch, il consumo. Per il resto essa vive in una «iperrealtà», un mondo simulato di modelli computerizzati, dove non ne è più nulla del mondo comune e dove l'ossessione fondamentale è il controllo, la «costruzione della realtà» (diremmo, con il termine oggi in voga, la governance).
  Lasch non si sottrae alla questione di cosa opporre alla rottura del legame sociale prodotta dalla rivolta delle élite. Nel sindacalismo agrario e operaio americano dell'Ottocento, confluito poi nel People's Party e nel Partito Democratico, vi è, secondo lui, la possibile risposta: l'esperienza di comunità fondate su valori come l'eguaglianza delle opportunità, la competenza, la mutua collaborazione, e per questo «capaci di autogoverno».
  La rivolta delle élite fu pubblicata per la prima volta in Italia nel 1995 dall'editore Feltrinelli con il titolo La ribellione delle élite. La sua riproposta oggi, con un titolo più fedele a quello originale, nasce da una profonda convinzione: che l'opera sveli oggi più di ieri la sua indiscussa attualità.

  DAL TESTO – "Le classi privilegiate - che potremmo quantificare, per eccesso, nel 20 per cento di fascia superiore della popolazione - si sono rese indipendenti in misura allarmante non solo dalle città industriali fatiscenti, ma dai servizi sociali in generale. Mandano i loro figli in scuole private, si assicurano contro malattie e incidenti sottoscrivendo i piani previdenziali delle società per cui lavorano, e assumono delle guardie del corpo private per difendersi dalla violenza che li attornia. In effetti, si sono estraniate totalmente dalla vita comune. E il problema non consiste solo nel fatto che i loro esponenti non vedono perché dovrebbero pagare per servizi sociali che non usano più. Molti di loro non si considerano neanche più americani in alcun senso importante, non si sentono coinvolti, per il bene o per il male, nel destino dell'America. I loro legami con una cultura del lavoro e del divertimento del tutto internazionalizzata - per quanto riguarda gli affari, l'intrattenimento, l'informazione e il «ritorno di informazione» - li rendono in gran parte indifferenti alle prospettive di declino nazionale."

  L'AUTORE – Christopher Lasch (1932-1994) è stato uno dei maggiori storici delle idee del Novecento. Tra le sue numerose opere ricordiamo: "La cultura del narcisismo" (Bompiani, 1981), "L'io minimo" (Feltrinelli, 1985), "La ribellione delle élite" (Feltrinelli, 1995, 2001).

  INDICE DELL'OPERA – Ringraziamenti - 1. Il malessere della democrazia - Parte prima. L'acuirsi delle divisioni sociali - 2. La ribellione delle élite - 3. L'opportunità nella terra promessa. Mobilità sociale o democratizzazione della competenza? - 4. La democrazia merita di sopravvivere? - 5. Comunitarismo o populismo? L'etica della compassione e l'etica del rispetto - Parte seconda. Il declino del discorso democratico - 6. La conversazione e le arti civiche - 7. Politica razziale a New York. L'attacco agli standard comuni - 8. Le scuole pubbliche. Horace Mann e l'attacco all'immaginazione - 9. La discussione: un'arte perduta - 10. Pseudoradicalismo accademico. La sciarada della «sovversione» - Parte terza. La notte oscura dell'anima - 11. L'abolizione della vergogna - 12. Philip Rieff e la religione della cultura - 13. L'anima dell'uomo sotto il secolarismo - Bibliografia ragionata