L’Italia in prima pagina |
Pier Luigi Vercesi
IL LIBRO – La nascita e l'affermazione di una nazione attraverso le redazioni dei giornali: un Paese contadino e provinciale, lacerato e diviso, marginale agli occhi delle grandi potenze diventa protagonista economico e sociale del Ventesimo secolo. Dal congresso di Vienna alla Repubblica, passando per guerre, regicidi, campagne coloniali, crisi parlamentari e politiche, i giornalisti raccontano, documentano, sempre in prima linea, con un filtro molto particolare, fatto di gusto per il dettaglio e di attenzione per episodi apparentemente insignificanti, di stati d'animo rubati tra i protagonisti dei fatti. La tesi di fondo, molto singolare ma assolutamente appropriata, di questo libro è che i giornalisti italiani più che osservatori sono spesso stati protagonisti della storia patria, come è accaduto a Cavour, Mussolini e a molti altri personaggi spesso dimenticati. DAL TESTO – "Benito Mussolini, dal desk di Palazzo Venezia e di Villa Torlonia, vigilava sull'intera nazione come un caporedattore esigente e pignolo sull'impaginazione del suo giornale. Come Stalin in Unione Sovietica, dov'erano le voci ballerine dell'Enciclopedia sovietica a raccontare il mondo secondo il giusto canone, anche il duce degli italiani aveva fondamentalmente una pretesa: quella di raccontare a modo suo la storia d'Italia e le cronache fasciste. A organizzare, intorno a questo discorso bugiardo e baro, il fantasma dell'opinione pubblica erano in primo luogo i giornalisti, veri e propri moschettieri del duce. Mussolini, che era del mestiere da trent'anni, sapeva valutarli tutti al primo sguardo, o dopo averne scorso rapidamente qualche riga, come aveva fatto col giovane Ruggero Zangrandi. Leggeva, si dice, praticamente tutti i giornali italiani: una mattina dopo l'altra, dalla prima all'ultima pagina. Era lui, seduto nella Sala del Mappamondo, ricevendo diplomatici in visita oppure festeggiando le signore compiacenti, che decideva le carriere, stabiliva i compensi, impaginava le notizie e approvava o disapprovava i commenti. Conosceva i giornalisti uno a uno, moltissimi di persona, tutti gli altri attraverso i loro articoli, che leggeva con la matita rossa e blu, seminando punti esclamativi e interrogativi nei margini dei giornali come un maestro di scuola quando giudica i compiti in classe dei suoi alunni. Se tra loro ci fossero stati dei dissimulatori, e soprattutto tutti quei dissimulatori, beh, sicuramente se ne sarebbe accorto. Ma non ce n'erano." L'AUTORE – Pier Luigi Vercesi, giornalista da oltre un quarto di secolo, ha lavorato per molti anni a "La Stampa" dove ha tra l'altro ricoperto la carica di condirettore di "Specchio della Stampa". È stato vicedirettore de "Il Tempo" di Roma, direttore di "Capital" e di "I Viaggi del Sole", il mensile del "Sole 24 Ore". Ha insegnato Teoria e tecniche del Linguaggio giornalistico e Teoria e tecniche dei Nuovi media all'Università di Parma. Tra i suoi libri, una "Storia del giornalismo americano" pubblicato da Mondadori Università. Vive e lavora a Milano. INDICE DELL'OPERA – Introduzione - I. Sui campi di battaglia 1815-1870 - II. L'invenzione del giornalismo moderno 1870-1900 - III. Il perfetto giornalista secondo Giolitti 1901-1913 – IV. Con la penna e con il fucile 1914-1918 – V. Mussolini caporedattore d'Italia 1919-1934 - VI. Una catastrofe annunciata (ma non dai giornalisti) 1935-1945 |