Juan Belmonte matador de toros |
Manuel Chaves Nogales
IL LIBRO – «L'età classica della corrida finì un giorno del 1914 dal barbiere. Un giovanotto dalla bazza pronunciata entrò in un famoso salone della madrilena calle Sevilla e sistemandosi sulla poltrona ordinò: "Barba e capelli. Ma prima mi tagli il codino" [...] Era un matador di 22 anni in rapinosa ascesa [...] Voleva solo cortarse la coleta, anacronistico cascame settecentesco, prolungando sin nel look la rivoluzione modernista che aveva appena avviato nelle plazas de toros. Di lì in poi la storia della tauromachia si sarebbe divisa in un prima e un dopo Belmonte [...].Ma in che cosa consisteva la renovatio belmontina? Senza entrare in discettazioni erudite (quelle sulla corrida possono essere di complessità e raffinatezza quasi talmudiche), essenzialmente nel fatto che il toro non veniva più affrontato muovendosi sulle gambe, ma lasciandole ferme e guidandolo con un gioco di braccia [...]. L'antica lidia, il combattimento intrepido ma scomposto, veniva così incanalata nelle tecniche, le astuzie, i confini sempre mobili del toreo; ossia dentro un'estetica, una forma [...]. DAL TESTO – "All'inizio di quella corrida, che rappresentò la mia consacrazione e il mio trionfo definitivo come novillero, ebbi un attimo di totale scoraggiamento. Quando uscì il primo toro, Larita lo toreò con la cappa in modo elegante e coraggioso, e poi fece un quite molto applaudito dal pubblico. Poi fu il turno di Posada, che pure venne acclamato, e infine il mio. Non avevo fatto altro che aprire la cappa che il novillo, con un colpo delle corna, me la strappò dalle mani. Al secondo toro Larita fece di nuovo un'ottima figura con un quite molto stretto e dopo di lui Posada, in franca competizione, strappò una clamorosa ovazione. Venne il mio turno e, alla prima carica, il toro mi portò via di nuovo la cappa. Quando riuscii a riprenderla cercai di torearlo, e per la terza volta il novillo si portò via la cappa, che rimase attaccata alle corna. Larita, pieno di presunzione, precedendomi si avvicinò al toro e, con parecchio aplomb, raggiunse con la mano la nuca dell'animale, prese la cappa e me l'allungò con un gesto molto flamenco. Rimasi stupito. Capii di avere fatto una figura ridicola e venni preso da un indicibile abbattimento. Come avevo potuto credere di essere un torero? "Tu" mi dicevo "sei un povero illuso, che essendo stato fortunato in un paio di novilladas senza picadores ti consideri capace di tutto. Questa faccenda è più seria di quello che pensavi, sventurato". Quando uscì il toro gli andai incontro, e al terzo lance sentii l'ululato della folla che si era alzata in piedi. Cos'era accaduto? Non m'ero curato del pubblico, degli altri toreri, di me stesso e persino del toro, e mi ero messo a toreare come avevo fatto tante notti da solo nei recinti e nei pascoli, cioè come se stessi tracciando uno schema su una lavagna. Dicono che i miei lances di cappa e i miei movimenti con la muleta, quella sera, furono una vera rivelazione nel toreo. Io non lo so, né sono in grado di giudicarlo. Toreai come credevo si dovesse fare, estraneo a tutto ciò che non fosse la fiducia in quello che stavo facendo. Con l'ultimo toro riuscii, per la prima volta nella mia vita, a lasciarmi andare interamente al piacere di toreare, senza badare alla folla. Avevo l'abitudine di parlare ai tori mentre toreavo da solo in campagna, e quella sera intavolai una lunga conversazione con l'animale, mentre con la muleta tracciavo gli arabeschi che conoscevo." L'AUTORE – Manuel Chaves Nogales nasce a Siviglia, in Spagna, nel 1987. Nel 1922 si trasferisce con la moglie e la figlia a Madrid dove lavora a «El Heraldo de Madrid» con altre giovani promesse del giornalismo spagnolo. Nel 1930 scrive "Juan Belmonte, matador de toros, su vida y sus hazañas", la biografia di uno dei toreri più amati di Spagna. Nel 1931 assume la direzione di «Ahora», giornale repubblicano vicino al presidente Manuel Azaña. Nel 1934 pubblica "El maestro Juan Martínez que estaba allí", in cui narra la storia di uno scapestrato ballerino di flamenco, travolto dalla Rivoluzione d'Ottobre mentre era in tournée in Russia. Nel 1936 è in esilio in Francia. Muore a Londra nel 1944. INDICE DELL'OPERA – Introduzione, di Marco Cicala - 1. Un bambino in una strada di Siviglia - 2. I cacciatori di leoni - 3. «Tu sarai un grande!» - 4. Anarchia e gerarchia - 5. La gesta di Tablada - 6. Quando chiedevo l'elemosina lungo le strade - 7. Banderillas a porta gayola - 8. «Ma io non ho paura!» - 9. L'amore e i cornuti - 10. «Viva Belmonte!» - 11. Lusinghe e tormenti della popolarità - 12. «Non ti resta che morire nella plaza» - 13. In Messico sono tutti pazzi - 14. Come le donne si innamorano dei toreri - 15. Superstizioni taurine - 16. La paura del torero - 17. La migliore serata della mia vita da torero - 18. Quindici toreri in giro per il mondo - 19. Con Juan Vicente Gómez in Venezuela - 20. «...e poiché un toro non uccideva né Joselito né me...» - 21. Joselito - 22. Un cortijo con pergolati - 23. Il mio talismano - 24. Il torero e l'ambiente - 25. Una teoria del toreo - Glossario |