Grandi giochi nel Caucaso Limes n.2 – febbraio 2014
Gruppo Editoriale L’Espresso, pagg.232, Euro 14,00
“Il Caucaso – si legge nell’Editoriale – non contribuisce solo a determinare la geopolitica panrussa. È anche il prisma attraverso cui Mosca scruta il Medio Oriente islamico e ne è a sua volta percepita. Nella guerra civile musulmana che sta scuotendo la dār al-islām tra Nordafrica, Levante e Asia centrale, torna in evidenza l’antica vocazione caucasica a fungere da spartiacque fra Vicino Oriente islamico ed Eurasia cristiana. Sulle montagne del Grande Caucaso s’infranse nell’VIII secolo la prima ondata della conquista araba, dopo aver islamizzato buona parte della Subcaucasia (Caucaso meridionale, Transcaucasia per i russi). A tracciare il limite settentrionale dell’islam nell’Asia anteriore”. La prima parte - dedicata al Caucaso, crocevia degli Imperi – si apre con un articolo di Aldo Ferrari (docente di Storia del Caucaso e Storia della cultura russa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia) intitolato Il limes caucasico, nel quale viene ricostruita la storia della regione esaminandone anche l’attuale rilevanza geopolitica. L’Autore accenna all’importanza che l’area caucasica, collocata al centro del Grande Medio Oriente, riveste per gli Stati Uniti: “Alcuni anni fa Zbigniew Brzezinski ha indicato con molta chiarezza quale debba essere la strategia degli Stati Uniti in questa regione, da lui definita i «Balcani dell’Eurasia»: evitare il riemergere di un impero eurasiatico che possa ostacolare la supremazia americana”. Secondo Federico Petroni e Nicola Sbetti, autori dell’articolo Il senso di Soči per la neve, con i Giochi invernali nel Caucaso – costati almeno 50 miliardi di dollari - Putin ha inteso perseguire tre obiettivi “olimpici”: migliorare l’immagine internazionale della Russia, distribuire risorse fra gli oligarchi amici e rafforzare il consenso popolare interno: “Le Olimpiadi sono state organizzate per attirare investimenti esteri e dare avvio allo sviluppo del Caucaso. Tuttavia, non è detto che l’economia russa sia così permeabile e in grado di accogliere l’afflusso di nuovi investimenti, per colpa dell’endemica corruzione, del diffuso svantaggio tecnologico e della stretta vicinanza con i fondi statali. Né è scontato che spendere 50 miliardi di dollari in impianti di sci sia la chiave per normalizzare la frontiera Sud. Senza le necessarie e incisive riforme economiche e un approccio più deciso alle cause sociali, che alimentano le insurrezioni caucasiche, l’effetto olimpico – se mai è esistito – può evaporare. La vera riuscita – non quella sportiva – degli ambiziosi Giochi di Putin rischia di rivelarsi un tiro di dadi. Proprio come a Risiko”. Dell’estremismo islamico caucasico e dei legami dello stesso con l’Arabia Saudita si occupa l’intervento di Francesco Mazzucottelli (docente di Storia della Turchia e del Vicino Oriente presso l’Università di Pavia). Spiega l’Autore: “Al di là dei finanziamenti che giungono dall’Arabia Saudita e da altri paesi del Golfo Persico verso i movimenti radicali nel Caucaso e in altre aree del mondo, la struttura sparsa e orizzontale della militanza islamica caucasica (che non ne attenua la pericolosità, ma anzi rende più difficile il compito investigativo e repressivo dei corpi di sicurezza russi) rende meno probabile l’ipotesi di un sicuro controllo a distanza che sia qualcosa di più di un mero avvertimento o di un accordo provvisorio”. Margherita Paolini (coordinatrice scientifica della rivista) prende in esame i rapporti tra Mosca e Riyad, alla luce degli incontri avvenuti lo scorso anno tra il principe e direttore dell’intelligence saudita Bandar bin Sulţān e il presidente russo Vladimir Putin. Il ruolo geoenergetico giocato dall’Azerbaigian nella competizione energetica del Caucaso-Caspio viene analizzato da Carlo Frappi e Matteo Verda, entrambi ricercatori dell’Ispi; mentre Alberto De Sanctis, esperto di relazioni internazionali, si sofferma sui rapporti tra Baku e l’Italia con particolare attenzione all’aspetto energetico. Nicola Pedde (direttore dell’Institute for Global Studies) ricostruisce i rapporti tra l’Iran e i Paesi della regione caucasica: “Il Caucaso riveste […] un’importanza cruciale per l’Iran. A un interesse originario quasi esclusivamente geografico, legato alle possibilità di connettere l’Iran con la Penisola anatolica e con il continente europeo, nel tempo si è aggiunto un interesse strategico ed economico: l’area rappresenta non solo il confine con due imperi concorrenti e sempre più ingombranti, ma anche un crocevia di merci e popoli”. Alle Partite Caucasiche è dedicata la seconda parte, con gli articoli di Cecilia Tosi sulla Cecenia, di Giovanni Bensi sui musulmani caucasici e sul Daghestan, di Elena Murdaca sulla questione circassa, di Enrico Fassi sull’Azerbaigian, di Marilisa Lorusso sull’Armenia in bilico tra l’Ue e la Russia, di Fabrizio Vielmini sul Nagorno-Karabakh. La terza parte, infine, si concentra sulla Georgia, dove l’America ha battuto la Russia. Tra i vari articoli, si segnala quello di Vittoria Springfield Tomelleri (ricercatore dell’Università degli Studi di Macerata) su Stalin: georgiano o osseto? “Stalin – scrive l’Autore – continua a essere, nonostante tutti gli indicibili crimini commessi nei confronti di singoli o di interi popoli, una figura in grado di raccogliere consenso e di suscitare un sentimento di coesione nazionale, anche se a duro prezzo, in un momento drammatico della storia del paese e del mondo intero.”
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