«Caro Duce, ti scrivo» Stampa E-mail

Roberto Festorazzi

«Caro Duce, ti scrivo»
Il lato servile degli antifascisti durante il Ventennio

Edizioni Ares, pagg.192, € 12,00

 

festorazzi_caroduce  IL LIBRO – Furono molti i cosiddetti antifascisti che, durante il Ventennio, bussarono alla porta del dittatore per i più svariati motivi. Quasi tutti per incensare il Duce, generalmente in cambio di prebende e di favori, salvo poi brigare per cancellare le tracce delle loro compromissioni. Ci sono i salamelecchi di Arturo Labriola, l'inconfessabile amicizia di Nenni con Mussolini, c'è la vicenda di Norberto Bobbio e della sua supplica al Duce scritta per rivendicare la sua "coscienza di fascista". Perfino Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica, scrive a Mussolini per impetrare aiuto, nel tentativo di rimediare alle intemperanze antifasciste dei figli. E ci sono anche Missiroli, Ricciardetto, Vittorini, Sibilla Aleramo e molti altri. Su tutti, però, si staglia Alberto Moravia, che giunse a rinnegare la memoria dei suoi cugini, i fratelli Rosselli, uccisi dai fascisti in Francia. Fare i conti con il passato degli italiani è maledettamente complicato, tanto i vizi nazionali paiono ridondanti nella loro cartacea e tonitruante magniloquenza. Ma setacciare gli archivi fa scoprire verità scomode che i lettori devono sapere.

  DAL TESTO – “È alla luce di tali contorsioni politico-dottrinali che la personalità di Miglioli va riletta in tutta la sua ambiguità. Pacifista radicale, in quanto prono agli interessi dell'Unione Sovietica? Oppure, fautore di quel matrimonio ideologico tra fascismo, nazismo e bolscevismo che avrebbe dovuto realizzarsi attraverso il superamento del liberismo e del capitalismo, in nome dell'economia di piano? Da quanto emerge dalla lettura delle carte inedite del fascicolo Miglioli, sembra vada percorsa piuttosto la seconda strada. Nelle battaglie del grano, nelle opere di bonifica, nelle neonate partecipazioni statali e nell'intervento pubblico nei diversi settori della produzione, nell'avanzare inesorabile della pianificazione economica, tanto in Germania quanto in Italia, il sindacalista cattolico vede il progredire di una tendenza che, nella sua immaginazione, avrebbe fatalmente determinato la convergenza tra Mosca, Roma e Berlino, ai danni di Francia e Inghilterra. In tal senso, Miglioli diverrà interprete di una concezione dell'internazionalismo agrario in contrasto con le finalità del Rassemblement Universel pour la Paix (Rup), penetrato a fondo dall'Intelligence Service e volto a caricare le mobilitazioni a favore della pace di una dirompente valenza antifascista e antinazista. Fin dal 1936, l'ex popolare italiano, tenendo l'occhio rivolto a Mosca, cercherà di promuovere occasioni di dialogo tra l'esperienza sovietica della collettivizzazione agricola e le politiche rurali di Germania e Italia.
  “A Mussolini, Miglioli spiega di aver rivolto tutto il suo impegno a orientare gli studiosi francesi, e non solo quelli, «verso la conoscenza del mio Paese, per alimentare in loro l'interesse di studiarne il nuovo regime, per avvicinarsi a quelle organizzazioni fasciste». Ma è soprattutto in occasione del Congresso mondiale dell'agricoltura, svoltosi a Dresda, sotto i vessilli nazionalsocialisti, pochi mesi prima dello scoppio della guerra, che Miglioli vede coronato il sogno. Il sindacalista non afferma apertamente di aver partecipato alla delegazione partita da Parigi, ma è probabile che gli fosse stato concesso il visto per tornare in un Paese dell'Asse, a sei anni dall'abbandono del suolo tedesco. Lì, a Dresda, in un tripudio di croci uncinate, il gruppo migliolino aveva fatto «la più decisa affermazione per la pace e una riconciliazione giusta tra le nazioni europee», come scrive a Mussolini. «Nell'ipotesi che la guerra fosse evitata», aggiunge, l'impegno assunto era quello di «preparare nel 1940, a Parigi, un nuovo incontro con gli esponenti del fascismo e del nazionalsocialismo, allo scopo di elaborare insieme una "Carta Internazionale del lavoro contadino"». Questa «Carta», nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere promulgata a Roma in occasione dell'Esposizione Universale del 1942.”

  L’AUTORE – Roberto Festorazzi (Como, 1965), storico e giornalista, è fra i più agguerriti investigatori dei segreti del fascismo. Fra i suoi molti libri, I veleni di Dongo; Starace; D’Annunzio e la piovra fascista; Mussolini e l’Inghilterra; Margherita Sarfatti. La donna che inventò Mussolini; Uccidete il Duce!. Ha un’intensa attività pubblicistica su quotidiani e riviste.

  INDICE DELL’OPERA - Introduzione - Prima parte. I dossier che scottano – Capitolo I. Arturo Labriola «tiene famiglia» - Capitolo I. E il Duce disse: «Turati torni dall'esilio» - Capitolo III. «Va' e uccidi Arnaldo Mussolini» - Capitolo IV. Miglioli fiancheggiatore dell'Asse – Capitolo V. Missiroli al passo dell'oca – Capitolo VI. Ricciardetto, Brancati, Vittorini, Orlando in camicia nera - Capitolo VII. Nenni e Mussolini, i carissimi nemici – Capitolo VIII. Einaudi scrive al Duce – Capitolo IX. La tessera di Pavese & l'elenco di «Primato» - Capitolo X. Ode al Duce - Capitolo XI. Sibilla, la spia & il domatore degli italiani - Capitolo XII. La «Croce rossa» socialista - Capitolo XIII. Rame alla Patria - Seconda parte. Il caso Moravia - Capitolo I. Alberto Pincherle: uno scrittore «baciato» dal fascismo – Capitolo II. Psicodramma familiare: Moravia & i cugini Rosselli - Capitolo III. Moravia & «Je suis partout»: genesi di una rimozione - Capitolo IV. Antonini agente di Moravia - Capitolo V. La sindrome del Conformista - Capitolo VI. Marcello Clerici, ovvero «Giacomo» - Capitolo VII. Estetica di un delitto: il film di Bertolucci - Bibliografia