Nuova Storia Contemporanea, n.1 gennaio/febbraio 2012
Le Lettere, pagg.168, Euro 11,50
Nuova storia contemporanea festeggia il suo quindicesimo anniversario. Il direttore, Francesco Perfetti, ne traccia un bilancio nell’editoriale che apre il primo numero del 2012 della rivista. Vi si legge: “Il primo numero di «Nuova Storia Contemporanea» porta la data di novembre-dicembre 1997. Da allora sono trascorsi quindici anni. Sono tanti per una rivista di studi storici, nata, come la nostra, dall'iniziativa individuale di un gruppo di studiosi che si riconoscevano nella linea, metodologica e ideale, di «Storia Contemporanea», il bimestrale, fondato e diretto da Renzo De Felice. In questo periodo «Nuova Storia Contemporanea» si è andata sempre più consolidando in Italia e anche all'estero sia a livello di copie diffuse sia a livello di collaborazioni e di contatti. Accanto alla testata sono nate tre collane editoriali - «Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea», «Il salotto di Clio», «Il filo della memoria» - che hanno pubblicato (o recuperato) testi importanti e che, nel loro complesso, dimostrano la vitalità e vivacità dell'iniziativa”. Casa Passarge: Gramsci a Roma (1924-26) è il titolo dell’articolo di Dario Biocca, docente di Storia contemporanea all'Università degli Studi di Perugia. Giovanni Sedita, docente di Storia del sindacalismo e del movimento operaio presso l'Università di Camerino, analizza il contesto politico e istituzionale in cui il neorealismo si estinse, soffermandosi sulla personalità che, all'inizio della sua lunga e importante carriera politica, contribuì a determinarne la sorte: Giulio Andreotti. “Nell'ottica della guerra fredda – scrive Sedita - Andreotti fu uno dei pochi democristiani che investirono praticamente su un’idea di egemonia culturale concorrenziale a quella del Pci di Togliatti. Il giovanissimo sottosegretario, così devoto alle gerarchie vaticane e così amico di Giovanni Battista Montini, aveva concepito un programma culturale ambizioso e preciso per incrementare il potere dei cattolici nell'ambito della sua giurisdizione, lo spettacolo. È certamente vero che Andreotti, nella realizzazione del suo progetto, consentì anche il progresso dell'intero settore cinematografico italiano, ma è nello stesso tempo indubbio che lavorò soprattutto per migliorare la produzione cinematografica cattolica. Del resto, come si è inizialmente osservato, fu una "promessa" fatta direttamente al futuro Paolo VI. Il suo progetto di espansione della cultura cattolica prevedeva soprattutto la creazione di una intellighenzia politicamente e religiosamente prossima o perlomeno non avversa che potesse operare nel cinema "in linea" con i valori del cattolicesimo, con il dettato dell'enciclica Vigilanti cura”. Lo storico e giornalista Fabrizio Carloni si occupa delle atrocità delle truppe coloniali francesi nell’Italia meridionale. La politica estera di Mario Toscano è il titolo dell’intervento di Luigi Vittorio Ferraris (diplomatico e docente universitario). L’Autore ricostruisce “le vicende di un'epoca interessante e positiva della politica estera della Repubblica, politica che si avvale di un patrimonio di prim'ordine di personalità e di idee, patrimonio arricchito da un dialogo vivificante in un clima quanto mal favorevole, di cui un punto di riferimento significativo e prestigioso era Mario Toscano con la sua coerenza e la sua cultura”. Al film Il Leone del Deserto, una produzione britannica che ricevette la maggior parte dei finanziamenti (35 milioni di dollari) da Gheddafi e che venne girato oltre che in Libia anche in Italia, è dedicato l’articolo di Emanuele Farruggia (saggista e diplomatico, attualmente in servizio a Vienna alla Rappresentanza Permanente Italiana presso le Organizzazioni Internazionali). Spiega l’Autore: “Nelle intenzioni del regista - un americano di origine siriana, Mustafa Akkad - doveva trattarsi di un kolossal, che, infatti, vide la partecipazione di molti grandi attori e l'impiego senza risparmio di ingenti mezzi per la ricostruzione delle scene di battaglia. In realtà, sotto il profilo commerciale, si trattò di un clamoroso fallimento (solo 1.500.000 dollari di incassi), determinato dal fatto di essere stato sovvenzionato da Gheddafi e quindi di essere considerato un film di propaganda”.
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