Nuova Storia Contemporanea, n.1 gennaio-febbraio 2011
Le Lettere, pagg.168, Euro 11,50
Il n.1 (gennaio-febbraio 2011) del bimestrale Nuova Storia Contemporanea riporta in apertura il testo della lezione tenuta a Roma, al Tempio di Adriano, nel novembre scorso, da Roberto Vivarelli (professore emerito di Storia contemporanea presso la Normale di Pisa) sul tema del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. “Se la nostra vita pubblica – afferma l’Autore – è ancora tanto largamente inquinata, se la nostra vita intellettuale rifugge dalla ricerca di ciò che è vero, se la nostra democrazia è ancora tanto imperfetta, se, come a me pare, l’insieme dei cittadini italiani non ha ancora imparato le regole del vivere da liberi cittadini, non diamo la colpa al Risorgimento. Gli uomini che nel 1861 fecero l’Unità d’Italia aprirono effettivamente la strada ad un progresso che ha prodotto comunque enormi benefici per tutti. A loro dobbiamo soltanto gratitudine. Se dopo centocinquanta anni alcune delle speranze di allora rimangono ancora deluse, guardiamo alle responsabilità delle generazioni successive, guardiamo alle responsabilità e alle insufficienze nostre. Se le condizioni di oggi ci sembrano inferiori a quelle speranze e a quelle promesse, la colpa è tutta e soltanto nostra”. Apostoli del meridionalismo è il titolo dell’articolo di Richard Drake (professore di storia nella University of Montana), dedicato alla crisi del liberalismo e allo sviluppo del marxismo nella Napoli post-risorgimentale attraverso le figure di Pasquale Villari, Leopoldo Franchetti, Giustino Fortunato e Pasquale Turiello. Costoro “furono tra i più noti e influenti” meridionalisti dell’Ottocento e contribuirono “a spiegare perché Napoli divenne un’area di crisi per il liberalismo e una strada d’accesso per il marxismo”. Riccardo Maffei, ricercatore presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Lucca, ricostruisce la storia dell’”ultima crociata antibolscevica” condotta da Tomaso Napolitano e dall’Ufficio Est nella prima metà degli anni Quaranta. “L’Ufficio Est – si legge nell’articolo – si occupava in gran parte della raccolta di ogni informazione sull’Urss, attraverso l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche sovietiche e l’esame della stampa e delle principali pubblicazioni comuniste. Periodicamente l’Ufficio elaborava dei rapporti – definiti Quaderni dell’Est […]. Si tratta di un materiale veramente notevole e dall’indubbio interesse storico poiché testimonia la continuità dell’interesse antibolscevico da parte dell’apparato statale italiano tra la caduta del fascismo e l’avvento dei cosiddetti governi della transizione costituzionale”. La guerra delle parole di Massimiliano Fiore (ricercatore presso il Dipartimento di War Studies del King’s College di Londra) esamina la propaganda anti-inglese di Radio Bari e le contromisure britanniche. L’Autore spiega che, nel maggio 1934, Galeazzo Ciano, all’epoca ai vertici del Ministero per la Stampa e la Propaganda, creò “Radio Bari con l’obiettivo di aumentare il prestigio e l’influenza dell’Italia fascista nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Alla fine del 1937, la stazione radio trasmetteva in sedici lingue: dall’albanese al greco, dall’ebreo al turco. In particolare, le trasmissioni in lingua araba furono inaugurate con la speranza di “promuovere e consolidare i vincoli di amicizia e cooperazione tra l’Italia e il mondo arabo”. Inizialmente i programmi in arabo erano trasmessi tre volte la settimana e consistevano in un notiziario con eventi di carattere nazionale e internazionale, seguito da programmi di musica orientale”. Progressivamente – in occasione della controversia anglo-italiana sull’Etiopia - le trasmissioni divennero “sempre più venate di toni polemici e aggressivi” anti-inglesi: “ora il loro scopo era di infiammare le masse arabe e creare concrete difficoltà agli inglesi nella regione”. Elena Pala, ricercatrice in Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, studia il ruolo della donna durante la Repubblica Sociale Italiana prendendo in esame le pagine di La Domenica del Corriere del periodo 1943-45. “Si assiste – scrive l’Autrice – ad un prepotente coinvolgimento della donna nella mobilitazione bellica in una fase di estrema emergenza che impone il suo inserimento a pieno titolo nella macchina produttiva militare fino al suo diretto arruolamento nelle file dell’esercito repubblicano. Ciò pone le condizioni per una sua più pronunciata emancipazione, contrassegnata dall’indipendenza economica conquistata e dalla più alta autocoscienza derivatane. È un processo che tendenzialmente stride fino a contraddire il paradigma della donna «angelo del focolare», che, pur tra alcune contraddizioni e sfilacciamenti, aveva retto per tutto il Ventennio”.
|