La Cina post-americana (Aspenia n.50/2010) Stampa E-mail

La Cina post-americana (Aspenia n.50/2010)

Il sole 24 ore Libri, pagg.235, Euro 12,00

 

aspenia50  Il numero 50 di Aspenia, rivista trimestrale di Aspen Institute Italia, è dedicato alla Cina “post-americana”.

  Il volume si apre con un’intervista di Marta Dassù a Gianni De Michelis, nella quale si legge che “Pechino è oggi consapevole della sua superiorità storico-culturale. Ha una storia molto più lunga alle spalle e ha superato indenne la crisi. A questo punto non può che avviare una riflessione autonoma sui propri problemi; sta cominciando a farlo. In tempi brevi, la Cina sarà in grado di prendere iniziative unilaterali su alcuni dossier “globali”, come quello monetario, un dossier che naturalmente include il problema della convertibilità della propria moneta con il dollaro. Nell’immediato, Pechino è interessata soprattutto a mantenere basso il valore del renmimbi, deve continuare a esportare e siamo in un contesto di “guerra” (al ribasso) delle monete. Ma più a lungo termine la Cina – che, come noto, detiene enormi riserve in dollari – si pone il problema di come superare senza troppi drammi un sistema monetario ancora incentrato sul dollaro, trasformando il renmimbi in una moneta di riserva internazionale”.

  Sergio Romano, nell’articolo Italia e Cina, la lunga marcia del riconoscimento, ricostruisce la storia delle relazioni italo-cinesi fra il 1955 e il 1971, periodo in cui Roma cercò di favorire il riconoscimento diplomatico di Pechino. Sullo sfondo le prime visite del governo italiano a Pechino, scambi non facili con gli Stati Uniti e negoziati a Parigi, fino alla svolta di Henry Kissinger.

  La fine della “via americana” è il titolo dell’intervento di Francesco Sisci, corrispondente da Pechino del quotidiano La stampa. L’autore spiega che negli ultimi due decenni la Cina ha seguito l’America come un faro, pensando che questa rincorsa dovesse durare ancora un secolo e concludersi con la Cina che diventava più o meno come gli Stati Uniti. La vera e più grave conseguenza della crisi del 2008 è stata la perdita del “faro” americano, cui la Cina si era ispirata sul terreno economico e in parte – almeno in prospettiva – anche su quello politico. Priva di un riferimento che sembrava indiscutibile, Pechino è – secondo Sisci - in una fase di confusione e incertezza strategica sul futuro del proprio sviluppo.

  Marina Miranda, docente di Storia della Cina contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma, è l’autrice dell’articolo dal titolo Patriottismo e stile rivoluzionario. In esso si legge che i media controllati dal governo cinese sono impegnati in una propaganda “finalizzata a rinvigorire l’orgoglio nazionale, sottolineando come i progressi compiuti dalla Cina non sarebbero potuti avvenire senza il PCC”.

  Ted Galen Carpenter, vicepresidente per gli Studi strategici e la Politica estera del Cato Institute a Washington, prende in esame il rapporto del Pentagono sulla potenza militare cinese. Esso lascia trasparire i dubbi e i sospetti statunitensi sulle reali intenzioni di Pechino, soprattutto per le nuove capacità di proiezione della potenza fuori dai confini. Il rapporto è comunque interessante per quello che ci dice sugli Usa, dove molti faticano ad accettare l’ascesa della Cina che, in ultima analisi, si comporta come una “normale” potenza emergente.

  Con l’articolo La strategia dell’impero celeste Carlo Jean analizza le prospettive strategiche della Cina. Pechino potrebbe diventare un alleato degli Stati Uniti o puntare a una nuova egemonia strategico-militare sui paesi vicini, che comunque chiederebbero protezione a Washington. Nel gioco asiatico entra soprattutto l’India, e solo in certa misura la Russia, mentre l’Europa appare decisamente emarginata.

  Della possibile alleanza fra la Russia e la Cina si occupa Fyodor Lukyanov, direttore de La Russia negli Affari globali. “Mosca e Pechino – osserva l’autore – hanno virtualmente le stesse posizioni sulle questioni di “ordine mondiale” e si comportano in modo reciprocamente corretto nelle regioni vicine, dove i loro interessi si intrecciano. I numeri del loro commercio bilaterale stanno crescendo, e sono in discussione importanti progetti infrastrutturali da realizzare insieme”. Il gigante cinese, insomma, può diventare un partner della Russia sulla scena internazionale. Le prove generali di questa possibile alleanza si concretizzano soprattutto nell’ambito dei BRIC e nella SCO. La dimensione regionale sarà comunque decisiva.