I Rothschild in Italia Stampa E-mail

Pietro Ratto

I Rothschild in Italia
Un Paese non ancora nato e già nella morsa delle speculazioni dei banchieri più potenti


Arianna Editrice, pagg.143, € 12,90

 

ratto rothschild-italia  Pietro Ratto mette in luce, in questo agile saggio, l'influenza esercitata sulla storia italiana dell'Ottocento dalla Casa Rothschild, la dinastia di influentissimi banchieri ebrei che "si erano col tempo contraddistinti per la spregiudicatezza con cui non esitavano ad accordare i loro prestiti a entrambi gli schieramenti contrapposti nelle più importanti guerre europee di quegli anni, anche e soprattutto grazie alle loro filiali sparse per il Vecchio Continente, che consentivano così una capillare circolazione delle banconote ma che potevano anche, per esempio, erogar prestiti contemporaneamente all'Inghilterra (tramite la filiale di Nathan) e alla Francia (attraverso la linea di credito attivata da James), che da decenni e decenni non perdevano occasione per farsi guerra".

  Attraverso l'alleanza stretta a fine Settecento con i Thurn und Taxis, "famiglia tedesca di origini lombarde (nata dalla confluenza dei Della Torre e dei Tasso, da cui discendeva anche il celebre poeta Torquato) che dalla fine del Quattrocento aveva messo in piedi una rete di corrieri capace di garantir un efficiente sistema postale tra Vienna e Bruxelles", fu possibile a Mayer Amschel Rothschild "accedere a numerosissime e preziosissime informazioni di politica estera «di somma importanza per un banchiere e per un uomo d'affari». Questa ben poco nota strategia dei nostri banchieri francofortesi produsse un'impennata impressionante del loro patrimonio".

  Celebre, ricorda Ratto, è "la circostanza in cui il 18 giugno 1815 in cui riuscirono a specular sulla sconfitta a Waterloo di Napoleone, venendone a conoscenza, appunto, in anticipo su tutti gli altri investitori internazionali.

  Al Congresso di Vienna, insieme con i rappresentanti di tutti i governi europei, "era stato invitato Salomon Rothschild. Il quale, in questo caso, aveva accettato di buon grado, riuscendo così ad accumular tutta una serie di preziosissime informazioni, via via trasmesse ai fratelli con la solita finalità di trarne tutti ottimi guadagni nelle Borse internazionali".

  L'Autore mostra anche il ruolo degli inglesi nella spedizione dei Mille, ricordando il "finanziamento anglosassone, partito da Edimburgo per conto della massoneria americana e londinese e finito direttamente nelle mani del Generale, di tre milioni di franchi in piastre d'oro".

  "Oltre alla questione degli interessi ferroviari britannici in Italia – osserva Ratto -, d'altra parte, per comprender meglio il motivo per cui Londra "avesse avuto a cuore" la spedizione dei Mille, non va certo sottovalutata la possibile motivazione di questa personale sovvenzione attribuita a Garibaldi dall'uomo politico inglese più importante del momento – e probabilmente, in generale, il motivo dell'intera copertura militare britannica accordata a quest'ultimo durante l'invasione delle Due Sicilie – da individuarsi probabilmente nelle tensioni internazionali prodottesi in seguito alla delicatissima Questione dello zolfo".