Zachary D. Carter
Il prezzo della pace Economia, democrazia e la vita di John Maynard Keynes
Neri Pozza, pagg.622, € 28,00
Questo volume di Zachary D. Carter, una firme più importanti del giornalismo economico statunitense, è stato per settimane al vertice delle classifiche di vendita negli Stati Uniti e ha ricevuto le lodi dei principali testate giornalistiche, dall'"Economist" all'"Washington Post". Vi si narrano la vita "piena di punti di svolta" e l'opera di John Maynard Keynes, oggi "ricordato come economista perché è attraverso l'economia che le sue idee hanno esercitato maggiore influenza".
Keynes, tuttavia, "fu un filosofo della guerra e della pace, l'ultimo degli intellettuali illuministi che perseguivano la teoria politica, l'economia e l'etica in un progetto unitario. Il suo progetto principale non era la tassazione o la spesa pubblica, ma la sopravvivenza di quella che chiamava "civiltà", ovvero l'ambiente culturale internazionale che collegava un uomo del Tesoro britannico a una ballerina russa".
Carter spiega che Keynes "fu un guazzabuglio di paradossi: un burocrate che aveva sposato una ballerina; un omosessuale il cui grande amore era una donna; un fedele servitore dell'impero britannico che inveiva contro l'imperialismo; un pacifista che aveva contribuito a finanziare due guerre mondiali; un internazionalista che aveva assemblato l'architettura intellettuale per il moderno Stato-nazione; un economista che mise in discussione i fondamenti dell'economia. Ma tutte queste apparenti contraddizioni contengono una visione coerente della libertà umana e della salvezza politica".
"Per tutta la vita – aggiunge l'Autore -, Keynes aveva proiettato la propria elasticità intellettuale (si era trasformato da sostenitore del gold standard del libero scambio in un protezionista campione delle opere pubbliche) su persone che non conosceva o non capiva. Era un'abitudine pericolosamente ingenua, specialmente negli Stati Uniti, dove il sostegno politico al New deal era sempre più complesso e fragile di quanto non comportassero i margini elettorali di Roosevelt".
Sul presidente americano Keynes esercitò un'influenza indiretta mediante la "Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta". Il volume – che "non fu un successo editoriale" e, negli Usa, uscì in edizione tascabile soltanto negli anni Sessanta – "sconcertò o fece infuriare gli economisti più preparati che lo affrontarono". Era comunque "un'opera densa. Perfino i simpatizzanti americani avevano bisogno di missionari indottrinati all'estero che li guidassero attraverso un testo così difficile e insolito".
Con il secondo conflitto mondiale l'economia keynesiana conobbe "un inaspettato insieme di alleati istituzionali in quello che Dwight Eisenhower avrebbe alla fine etichettato come "complesso militare- industriale". Le idee keynesiane, sviluppate esplicitamente per combattere il "militarismo", divennero essenziali per il mantenimento di un mondo permanentemente militarizzato. Questa nuova dottrina, che John Kenneth Galbraith avrebbe infine etichettato come "keynesismo reazionario", avrebbe dominato le filosofie governative di Truman, Eisenhower, Johnson, Nixon e Reagan, e avrebbe ispirato le campagne di morte di massa successive sopravvissute anche alla guerra fredda".
Dal termine della Grande Guerra alla conclusione della conferenza di Bretton Woods, il "grande progetto della vita di Keynes" consisteva nel "decifrare i mezzi con cui il denaro poteva essere impiegato come arma contro la guerra". Nel "corso dell'evoluzione del suo pensiero, Keynes aveva seguito l'idea che l'instabilità economica fosse un pericoloso incentivo per i conflitti internazionali. Si era allontanato dai liberoscambisti dell'epoca dorata, ma non aveva abbandonato la visione internazionalistica".
Egli era giunto a ritenere che la disoccupazione rappresentasse il "terreno fertile per il fascismo. Creava una pericolosa instabilità politica e una fonte di rabbia che potevano essere facilmente utilizzate come arma. I termini del commercio potevano aiutare o danneggiare gli sforzi per stabilire la buona volontà internazionale ma, tariffe o non tariffe, la legittimità di un ordine economico internazionale in realtà dipendeva interamente dalla capacità di fornire reciproca prosperità". |