I Longobardi. Dalla caduta dell'Impero all'alba dell'Italia |
a cura di Gian Pietro Brogiolo I Longobardi. Dalla caduta dell’Impero all’alba dell’Italia Silvana Editoriale, pagg.352, Euro 38,00
IL LIBRO – Curata da Gian Pietro Brogiolo e organizzata in collaborazione con la Provincia di Torino e grazie al contributo della Fondazione CRT, l’esposizione si sofferma sul periodo che va dal 400 al 700, ossia dalla crisi seguita dalla caduta dell’impero d’Occidente fino al consolidamento dei nuovi stati sorti sulle sue rovine. L’obiettivo è di definire, nel lungo periodo, un quadro delle trasformazioni strutturali (nelle istituzioni, nell’organizzazione dell’insediamento nelle città e nelle campagne, nel ruolo delle aristocrazie e della Chiesa), per poter meglio apprezzare i cambiamenti introdotti nel primo secolo di dominazione longobarda. E il filo conduttore è quello del confronto culturale e della progressiva fusione tra i barbari e le popolazioni romane: scontro e incontro tra culture in un periodo storico cruciale per la storia europea, nel quale hanno avuto origine la gran parte delle attuali nazioni. Un leit motiv che si sviluppa intrecciando tre diversi orizzonti geografici: il Piemonte, l’Italia, l’Occidente mediterraneo. Il Piemonte ha un ruolo privilegiato in questa mostra non solo perché la ospita, ma anche per ragioni storiche e per la qualità e quantità dell’informazione prodotta dalla ricerca archeologica. In età longobarda era una regione chiave per la sua posizione geografica di confine con i Franchi, saldamente insediatisi nella Val di Susa fin dagli anni ’70 del VI secolo, per il ruolo delle aristocrazie longobarde in grado di esprimere, tra fine VI e prima metà del VII secolo, re come Agilulfo (590-615) e Arioaldo (626-636), entrambi duchi di Torino
DAL TESTO – “Nei celebri versi dell'Adelchi (Dagli atri muscosi e dai fori cadenti ...) e in modo più ragionato nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, pubblicati entrambi nel 1822, Alessandro Manzoni esprimeva, in chiave antiaustriaca, un pesante giudizio negativo sui Longobardi. Un grido di dolore da fine della civiltà, da day after, non molto diverso da quello tratteggiato, in un quadro europeo, da Brian Ward Perkins in un suo volume del 2005, dal titolo assai esplicito: The Fall of Rome and the End of Civilisation, nel quale sostiene, per alcune regioni dell'Impero d'Occidente, un ritorno non solo all'età del Ferro, ma addirittura all'età del Bronzo. Con queste drammatiche conclusioni, lo studioso inglese riprende con nuovi argomenti l'interpretazione catastrofista che già era stata, nel XVIII secolo, proposta da un grande storico britannico Gibbon, in opposizione all'idea ora prevalente nella storiografia occidentale, di una lunga e feconda transizione dall'Impero romano a quello carolingio, attraverso la formazione degli stati nazionali europei. “Anche sulla "questione longobarda", ovvero sugli effetti della dominazione di questo popolo scandinavo che dopo alcuni decenni di stanziamento in Pannonia si trasferì definitivamente nel 568 in Italia, un'altalena di punti di vista percorre l'intera storiografia italiana, dal Medioevo fino ai nostri giorni. Alla rivalutazione che ne fecero nel XIV secolo autori come Galvano Fiamma a supporto dell'espansionismo dei Visconti che si consideravano naturali eredi dei Longobardi, si contrappose un riscontro fortemente critico in Flavio Biondo (1392-1463), mentre più positive furono le considerazioni espresse da Niccolò Machiavelli (1469-1527), Cesare Baronio (1588-1607) e Ludovico Antonio Muratori (1672-1750). Perseverando in questa doppia lettura, la storiografia dei secoli XIX e XX dipinge i Longobardi di volta in volta come crudeli invasori che provocano una netta cesura della civiltà classica (da Carlo Troya a Giampiero Bognetti) o come un gruppo già in larga misura romanizzato che, una volta insediato nelle terre dell'Impero, collabora proficuamente con le aristocrazie locali nel dar vita ad una nuova nazione (da Carl von Savigny a Gioacchino Volpe fino a Walter Pohl). “I Longobardi sono peraltro solo uno dei popoli che si insediarono nelle terre dell'Impero romano d'Occidente, fin dagli inizi del V secolo, quando le fortificazioni sul Reno vennero superate da gruppi di Germani che dilagarono nella Gallia e nella Hispania, mentre in Italia Alarico saccheggiava Roma. L'Impero trattò con alcuni (Visigoti, Burgundi, Franchi), altri (gli Unni di Attila) riuscì a sconfiggerli, riuscendo a sopravvivere fino al 476, quando il comandante militare Odoacre depose Romolo Augustolo e rispedì le insegne imperiali all'imperatore d'Oriente. Un giudizio sui Longobardi non può dunque prescindere da una parallela disanima dei nuovi stati romano barbarici che si affermarono, al termine di lunghi conflitti spesso intestini in Gallia con il regno dei Franchi e in Hispania con quello dei Visigoti. “La mostra non prende una posizione netta rispetto alle due tradizioni storiografiche che ho ricordato e che si fronteggiano da mezzo millennio nel giudicare le cause della fine dell'Impero in rapporto alle invasioni (che la storiografia d'Oltralpe, tedesca e anglofona, ha da sempre definito con il termine più positivo di migrazioni di popoli). I contributi del catalogo sono stati perciò affidati a studiosi che hanno maturato idee differenti su queste vicende. Così come diversi sono oggi i pareri, non solo degli studiosi ma anche della gente comune, nel cercare di capire una situazione storica per certi versi simile a quella tardo-antica, che ci pone di fronte ad una massiccia e inarrestabile immigrazione che, come 1500 anni or sono, ci sta portando assai rapidamente (in Italia in meno di vent'anni) verso società multietniche, multiculturali e multireligiose che saranno certamente diverse (anche se ci risulta arduo capire quanto e come) rispetto a quelle alle quali noi europei ci eravamo abituati da più di un millennio. E non è difficile scorgere nelle contraddittorie interpretazioni delle vicende che accompagnarono la fine dell'Impero d'Occidente un riflesso del dibattito attuale tra chi vede l'immigrazione come un'opportunità non solo economica ma anche di arricchimento culturale e chi ne paventa i rischi e le prospettive incerte. È dunque non privo di interesse ripensare ad un periodo simile al nostro, anche se poco hanno al riguardo da insegnarci le vicende di quel passato ormai lontano, che si incanalò su percorsi diversi da nazione a nazione”.
INDICE DELL’OPERA – I Longobardi all’alba dell’Italia dalla caduta dell’Impero romano agli stati romano-barbarici, di Gian Pietro Brogiolo – 1. I protagonisti: imperatori, re, aristocrazia e vescovi – Dagli imperatori ai re barbari: simboli e rappresentazione del potere di Javier Arce – I longobardi: storia di un popolo e di un regno, di Paolo Delogu – Longobardi a Torino, di Giuseppe Sergi – L’aristocrazia in Occidente tra il 400 e il 700, di Wolfgang Liebeschuetz – Sabino di Canosa, Vescovo e costruttore di chiese nel VI secolo, di Giuliano Volpe – 2. Vivere in città e in campagna: dalle residenze tardoantiche alle capanne - Dalle residenze tardoantiche alle capanne altomedioevali: vivere in città e in campagna tra V e VII secolo, di Alexandra Chavarriá Arnau – Gli insediamenti: le tecniche costruttive dalla fine dell’Impero al regno longobardo, di Aurora Cagnara – Villaggi nell’età delle migrazioni, di Marco Valenti – 3. Insicurezza – Fortificazioni e militarizzazione della società: un lungo processo, di Gian Pietro Brogiolo – 4. La ritualità delle morte – Mondo funerario, di Lidia Paroli – La scrittura esposta e la società altomedioevale: verifica di una possibile relazione, di Flavia De Rubeis – Il Veneto tra Ostrogoti e Longobardi, di Elisa Possenti – Il mondo funerario: le necropoli longobarde in Lombardia, di Marina De Marchi – Affari di famiglia in età longobarda: Aree sepolcrali e corredi nella necropoli di Santo Stefano a Cividale del Friuli, di Irene Barbiera – Il Piemonte tra Ostrogoti e Lombardi, di Luisella Pejrani Baricco – 5. I Lombardi tra storia e mito – “Era già quasi re di tutta Italia”: uso politico e memoria dei longobardi dai Visconti al Settecento, di Monica Ibsen – “Unus populus effecti sunt”? La questione longobarda dall’illusionismo al Romanticismo, di Monica Ibsen – La falsa sepoltura di Teodolinda e Agilulfo, di Cristina La Rocca – 6. La scultura tra chiese e monasteri – Novalesa, abbazia dei Santi Pietro e Andrea, di Gisella Cantino Wataghin – La scultura in Italia settentrionale tra VI e VIII secolo, di Monica Ibsen – Bibliografia |