Nomen |
Mario Lentano
IL LIBRO – Nel mondo romano la leva di un esercito iniziava sempre con soldati chiamati Valerius o Salvius perché considerati nomi di buon auspicio; i provvedimenti di damnatio memoriae comportavano il divieto per i discendenti del condannato di portare il suo medesimo prenome o ne privavano i figli anche viventi; i nomi geografici di cattivo auspicio, come Malevento o Epidamno, erano modificati in toponimi beneauguranti (Benevento) o almeno neutri (Durazzo), mentre alle nuove colonie si davano nomi che suggerissero abbondanza o potenza, come Florentia o Valentia. Un riserbo impenetrabile avvolgeva poi il nome segreto di Roma, che andava custodito per evitare che i nemici se ne appropriassero a danno della città. I nomi erano coinvolti insomma in un gran numero di pratiche culturali, delle quali dà conto questa indagine originale e affascinante. DAL TESTO – "Un aspetto molto interessante nell'uso romano del nome proprio è che esso appare in realtà assai meno rigido di quanto si potrebbe pensare e si apre già negli ultimi decenni della repubblica, e in misura ancora maggiore in età imperiale, ad una pratica decisamente «costruttivista» dell'identità; il nome gioca anzi un ruolo essenziale nelle strategie di posizionamento dell'individuo, grazie anche all'ampia libertà di manovra riconosciuta da questo punto di vista al padre, cui spettano le decisioni in materia di onomastica. Non vogliamo qui alludere ai casi di assunzione fraudolenta di determinati gentilizi o di vera e propria manipolazione delle genealogie, allo scopo di infiltrarsi surrettiziamente in una lignée prestigiosa: un fenomeno tutt'altro che raro se Valerio Massimo consacra un'intera rubrica dei suoi Detti e fatti memorabili a quanti, «nati da famiglia infima», cercarono di «innestarsi» in un «albero» aristocratico. Si rendeva allora necessario un intervento di rimozione, che espungesse dalla linea di discendenza quanti vi si erano abusivamente insinuati: Plinio il Vecchio racconta che proprio questo fece il grande oratore Valerio Messalla Corvino, del quale al tempo dei Flavi si leggeva ancora un'invettiva in cui tuonava contro la presenza, nello stemma della sua famiglia, di un'immagine dei Levini, anch'essi appartenenti alla gens Valeria, ma evidentemente ad un ramo screditato o comunque socialmente inferiore." L'AUTORE – Mario Lentano insegna Lingua e letteratura latina all'Università di Siena. Fra i suoi numerosi volumi ricordiamo «Il mito di Enea» (con M. Bettini, Einaudi, 2013), «La declamazione a Roma» (Palumbo, 2017) e, per il Mulino, «La prova del sangue. Storie di identità e storie di legittimità nella cultura latina» (2007). INDICE DELL'OPERA – Premessa - 1. In limine: il nome del nome - 2. Nomen omen - 3. «Porti quel nome in fronte / che all'Africa è fatale» - 4. Epidamno, Malevento e altra toponomastica - 5. I piaceri dell'eziologia - 6. Nomi da dimenticare - 7. Il nome dei Tarquini - 8. Omnia plena deo: gli dèi dell'attimo e i loro nomi - 9. Un pantheon di pseudonimi - 10. Censurare il nome - 11. I casi della nascita - Conclusioni. Quanto è proprio il nome proprio dei Romani? - Riferimenti bibliografici |