Erbe amare. Il secolo del sionismo |
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Ariel Stefano Levi di Gualdo Erbe amare. Il secolo del sionismo Bonanno Editore, pagg.324, Euro 29,00
Il Lettore viene guidato in viaggio nel mondo arcaico e moderno con stile avvincente e non privo d’ironia, attraverso narrazioni che sminuzzano la figura dell’ebreo assurto a icona della vittima oppressa e svelando ottusità e fanatismi che hanno imposto al mondo equivalenze pericolose: Ebraismo uguale Stato d’Israele, antisionismo uguale antisemitismo, critica rivolta a un’istituzione ebraica uguale aggressione antisemita da stroncare col braccio della legge… Originale la difesa del Sommo Pontefice Pio XII. L’esame dei dibattuti fatti storici è servito per analizzare la psicologia motrice della locomotiva che da decenni tira il carico di falsità mirate a colpire la grande figura di Eugenio Pacelli. Meditando su un preludio di San Paolo l’Autore conclude che la carità è paziente e benigna, non dispera e non si adira. La carità è dunque tante cose, compreso l’ossequio alla verità. E talvolta anche la critica è segno di carità, se animata da sentimenti costruttivi e all’occorrenza correttivi. Erbe Amare è un libro che ha coraggiosamente osato e che è destinato a rimanere per divenire più attuale col trascorrere del tempo.
DAL TESTO – “Obbligare l’ebreo ad alimentarsi con cibi che richiedono speciali lavorazioni e controlli, fa sì che l’israelita non s’assimili ad altre culture per mezzo del cibo. Per questo i talmudisti ammonivano che non si doveva mangiare il cibo dei cristiani evitando di fare impressione d’essere in amicizia con loro. Il nutrimento è una strada che conduce alla socialità oggi più di ieri. Durante certe colazioni d’affari, tre multinazionali e un paio di governi democratici si spartirono Africa e America latina, oppure crearono situazioni tragiche nelle regioni petrolifere del Medio Oriente. E chissà quali bontà preparò il cuoco! Nel lungo corso dei secoli l’uomo si è evoluto da certe forme d’antropologia tribale, ma il cibo prosegue a conservare tutte le sue memorie antiche, sino a divenire elemento di fede, oppure un segno che suggella la storia e la tradizione dei popoli. Nel mondo ebraico la festa di Pesach si celebra con una cena assurta oggi a rito sociale. La Pasqua rimembra nell’unità del popolo e della famiglia il fraterno ricordo dell’uscita dei padri dall’Egitto. Gli alimenti e i frutti della Cena pasquale, il pane azzimo come il marro, hanno una valenza simbolica e mistica. L’Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli fu la celebrazione rituale del banchetto di Pesach consumato dal Maestro assieme ai suoi discepoli. Il pane azzimo e il vino della Pasqua ebraica divengono un mistero di fede con il Sacramento dell’Eucaristia, che glorifica la salvezza per mezzo della transustanziazione delle specie. Durante la Santa Messa, pane e vino diventano corpo e sangue di Cristo, segno reale della sua presenza tra i fedeli. Nel mondo ebraico il cibo richiama alla mente l’idea di Dio, in quello cristiano gli alimenti e le bevande della cena pasquale ebraica diventano essi stessi viva presenza di Cristo, che è Dio fatto uomo. Come l’immagine dell’agnello sacrificale, il pasto crea veicoli di comunione e socialità in tutte le professioni di fede; ciò vale per gli ebrei come per i cristiani e i musulmani”.
L’AUTORE – Ariel Stefano Levi di Gualdo, nato in Toscana e vissuto in Emilia Romagna, ha svolto studi sociologici e giuridici, si è dedicato al giornalismo firmando editoriali sulla stampa nazionale. Nel 2005 si sposta in Sicilia ed elegge Siracusa a sua città d’adozione.
INDICE DELL’OPERA – Prologo – I. Il ghetto dell’ebreo patologico – II. L’Ebraismo alla moda e l’ebreo da salotto – III. Dalla Shoa allo Stato d’Israele: memoria, paralisi e paradisi perduti – IV. La decadenza tra religiosità politica e politica religiosa – V. Il Gran Padre e il non sufficit del figlio tradito – VI. L’amor che move il sole… - Postille finali |