Il Grande Califfato Stampa E-mail

Domenico Quirico

Il Grande Califfato

Neri Pozza, pagg.240, € 16,00

 

quirico califfato  IL LIBRO – Il giorno in cui, per la prima volta, parlarono a Domenico Quirico del califfato fu un pomeriggio, un pomeriggio di battaglia ad al-Quesser, in Siria. Domenico Quirico era prigioniero degli uomini di Jabhat al-Nusra, al-Qaida in terra siriana. Abu Omar, il capo del drappello jihadista, fu categorico: «Costruiremo, sia grazia a Dio Grande Misericordioso, il califfato di Siria... Ma il nostro compito è solo all'inizio... Alla fine il Grande Califfato rinascerà, da al-Andalus fino all'Asia».
  Tornato in Italia, Quirico rivelò ciò che anche altri comandanti delle formazioni islamiste gli avevano ribadito: il Grande Califfato non era affatto un velleitario sogno jihadista, ma un preciso progetto strategico cui attenersi e collegare i piani di battaglia. Non vi fu alcuna eco a queste rivelazioni. Molti polemizzarono sgarbatamente: erano sciocchezze di qualche emiro di paese, suvvia il califfato, roba di secoli fa.
Nel giro di qualche mese tutto è cambiato, e il Grande Califfato è ora una realtà politica e militare con cui i governi e i popoli di tutto il mondo sono drammaticamente costretti a misurarsi.
  Questo libro non è un trattato sull'Islam, poiché si tiene opportunamente lontano da dispute ed esegesi religiose. È soltanto un viaggio, un viaggio vero, con città, villaggi, strade e deserti, nei luoghi del Grande Califfato. Parte da Istanbul e si conclude in Nigeria, fa tappa a Groznyj in Cecenia e nelle pianure di Francia, nel Sahel e in Somalia. Parla di uomini, delle loro storie, delle loro azioni e omissioni. Mostra come al-Dawla, lo stato islamista, esista già, poiché milioni di uomini ogni giorno gli rendono obbedienza, applicano e subiscono le sue regole implacabili, pregano nelle moschee secondo riti rigidamente ortodossi, vivono e muoiono invocandone la benedizione o maledicendone la ferocia.
  Nondimeno, come Christopher Isherwood approdato nel 1930 a Berlino, con la sua potente narrazione, Domenico Quirico diventa, in queste pagine, «una macchina fotografica» con l'obiettivo così aperto sulla cruda realtà della nostra epoca, che ne svela il cuore di tenebra meglio di mille trattati e saggi.

  DAL TESTO – "Venti anni dopo in Siria ho ritrovato altri ceceni. Avevano le stesse bende verdi o nere avvolte attorno al capo, le stesse barbe, gli stessi occhi feroci. Anche qui all'inizio era stata un'altra guerra, una rivoluzione contro un tiranno. Poi... alcune brigate formate dai loro mujaheddin tentavano di espugnare, vicino a Idlib, una grande base aerea dell'esercito di Bashar Assad. C'era la nebbia all'alba. Il freddo e la sterilità erano distesi su tutto il corpo della terra. Più nulla si muoveva, tranne i colpi di mortaio avviluppati nell'infinito, gatti moribondi per la fame tra le rovine, e il pensiero che ruzzolava murato nella mia testa. Sconfitti da Putin sulle loro montagne, i ceceni erano diventati guerrieri della grande insurrezione islamista globale. Ferocemente, tenacemente, da settimane, urtavano contro la barriera che l'artiglieria e gli elicotteri avevano alzato davanti alla base. La brigata cecena era formata all'inizio da un centinaio di uomini, quel giorno accanto a me erano ridotti a una trentina.
  "Il sole ora ardeva in mezzo al cielo popolato di grandi nubi splendenti, tra le macerie del villaggio l'aria sapeva di sangue e di polvere. Sul far della sera il fuoco aumentò di intensità, poi ammutolì quasi del tutto. I ceceni uscirono dalle rovine in attesa di un contrattacco che però non venne. Non venne per due ore e quelle due ore di calma misero ogni energia a più dura prova di qualsiasi combattimento. Come a Groznyj: sempre la stessa visione, rovine campi incolti il tramonto e dall'altra parte il lampeggiare sulfureo del fronte. E quel freddo disperato che attraversa il cuore."

  L'AUTORE – Domenico Quirico è giornalista de "La Stampa", responsabile degli esteri, corrispondente da Parigi e ora inviato. Ha seguito in particolare tutte le vicende africane degli ultimi vent'anni dalla Somalia al Congo, dal Ruanda alla primavera araba. Ha vinto i premi giornalistici Cutuli e Premiolino e, nel 2013, il prestigioso Premio Indro Montanelli. Ha scritto quattro saggi storici per Mondadori ("Adua", "Squadrone bianco", "Generali" e "Naja") e Primavera araba per Bollati Boringheri. Presso Neri Pozza ha pubblicato "Gli Ultimi. La magnifica storia dei vinti" e "Il paese del male".

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione. Il dovere trascurato – Il califfo – La Siria, dove tutto ha inizio – Nella piana di Ninive – I demoni – Uccidere – Libia quattro anni dopo – Algeri, vent'anni – Tunisi – Il deserto – Ombre somale – La foresta dei Boko Haram – Avanzano