Il tenente Sturm |
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Ernst Jünger
DAL TESTO – "Non appena Sturm si trovò all'aperto, spintosi lungo un tratto di camminamento fino alla prima linea, si vide circondato da nuvole di vapore grigioazzurro. Nell'aria volava ogni sorta di segnali luminosi: luci bianche al magnesio, lampi rossi per chiamare il fuoco di sbarramento o verdi per regolare il fuoco di artiglieria. Sembrava che il nemico lavorasse con le bombarde, i colpi pesanti e impetuosi non sembravano quelli che seguono un tiro di mortaio. Una pioggia ininterrotta di pezzi di terra cadeva rumorosamente dalle trincee, piccoli frammenti di acciaio sibilavano come chicchi di grandine attraverso il confuso frastuono. Poi un uccello di fuoco si abbatté con crescente slancio al suolo, Sturm fece appena in tempo a saltare dentro una cavità del terreno prima che un'esplosione di fuoco lo scagliasse come un sacco contro l'incavo della parete di argilla. Lo scoppio fu di tale intensità da superare la scala dei suoni sopportabili all'udito. Sturm riuscì a vedere solo gli zampilli che si abbattevano a fontana. Non fecero in tempo a disperdersi che già ripartì una nuova vampata. Sturm si rannicchiò stretto nel buco che una granata doveva avere aperto nella parete della trincea, perché lo strato di argilla all'interno era annerito da un'ustione e disseminato delle macchioline giallobrune del trinitrofenolo. Ne osservò attentamente il disegno, con quell'acutezza che, in simili momenti, si rivolge alle cose più trascurabili. Ogni volta che un colpo si abbatteva accanto a lui si premeva la mano sugli occhi, essendo perfettamente consapevole che quel gesto era assolutamente privo di senso. Perché se il destino avesse gettato una scheggia dentro quella caverna, la sua povera mano non gli avrebbe offerto alcuna protezione. Il ferro sibilante aveva una tale violenza che avrebbe potuto perforare non solo la mano e poi l'occhio, ma perfino il cranio. E tuttavia faceva quel movimento ogni volta, e ciò gli procurava sollievo. Curiosamente gli passò per la mente proprio allora una facezia di Casanova cui, ferito alla mano in un duello, una dama chiese perché mai non la avesse nascosta dietro il corpo: «Mi premeva molto di più nascondere il mio corpo dietro la mano». Il cervello lavorava in maniera straordinaria sotto le ondate di sangue irrompenti e talvolta capitava che un brandello di pensiero, sconnesso fino al ridicolo, fosse spinto in superficie." L'AUTORE – Ernst Jünger (1895-1998) ha scritto opere filosofiche e letterarie che sono punti di riferimento nella cultura europea contemporanea. Le sue opere principali sono state tradotte in italiano e tra queste ricordiamo "Nelle tempeste d'acciaio", "L'Operaio. Dominio e forma", "Oltre la linea", "Il libro dell'orologio a polvere", "Al muro del tempo", "Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza". |