Autobiografia del primo fascismo |
![]() |
![]() |
Cristina Baldassini
DAL TESTO – "[...] nella memorialistica post-Conciliazione, la rivoluzione fascista era considerata «una cosa santa, voluta da Dio, e da tutto il popolo ìtalìano», per liberare città e paesi dalla barbarie rossa che aveva oltraggiato la vittoria e i combattenti. In un testo del 1934 i mutilati di guerra venivano paragonati ai primi martiri cristiani: essi, vi si legge, erano costretti a celare le ferite «sotto l'ombra dei poveri panni» per non esporle al dileggio, «come i cristiani primitivi l'Ostia Consacrata, o le Reliquie dei Martiri». Non manca l'accostamento tra l'idea fascista e l'immagine della Madonna: scriveva Riccardi che, dopo «l'opera di disinfezione» compiuta dagli squadristi a Urbino, «Trionfava, così, bella come il volto di madonna raffaellesca, l'idea fascista». In questa visione, gli squadristi caduti negli scontri con l'avversario erano in grazia di Dio. A testimoniarlo erano «i loro volti [... ] atteggiati a una serenità commovente», nonostante «Le ferite che laceravano le loro carni», scriveva sempre Riccardi nel 1940, ricordando i corpi di due giovani «caduti ancora caldi», adagiati sopra i tavoli della sede del fascio di Fossombrone. «Solo chi e assai vicino a Dio - aggiungeva - può morire così senza le orrende smorfie del dolore che fanno ancora più brutta la morte». Diversamente, i «caporioni rossi» avrebbero dovuto rispondere delle loro azioni al cospetto di Dio. Immaginava Gallian che anche gli squadristi, dopo la morte, si sarebbero ritrovati dinanzi a Dio, per domandargli: «"Eccomi, sono squadrista; dove vado?"». La domanda restava in realtà senza risposta, ma la si può intuire dal resto dello scritto: non all'Inferno, e neppure in Purgatorio. Nei ricordi di Gallian, infatti, gli squadristi non avevano gravi peccati da espiare: non erano stati né ladri, «quando erano andati dentro case e ville e palazzi a ricercare la preda politica e portarla al covo», né mai «saccheggiatori di donne». Neppure di quelle donne, precisava, che a Sarzana avevano fatto scempio dei corpi dei fascisti. Al più, gli squadristi avrebbero continuato a essere una «masnada fuori legge anche in Paradiso, gente da galera anche lassù nel sorriso di Dio e di Mussolini». E ancora, immaginava: «I santi ci guarderanno in cagnesco; i beati saranno presi da certa agitazione; i cherubini e i serafini armati ci invidieranno; il demonio distrutto da noi, al solo nostro apparire, ci guarderà ché gli togliemmo il mestiere, per apparire, noi, angeli ritornati al Padre, senz'ali magari»." L'AUTRICE – Cristina Baldassini ha conseguito un dottorato di ricerca presso l'Università di Bologna e collabora da alcuni anni con il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Perugia. Oltre a vari saggi in riviste e testi collettanei, per i tipi di Rubbettino ha pubblicato "L'ombra di Mussolini. L'Italia moderata e la memoria del fascismo (1945-1960)", 2008 (premio Minturno) e ha curato il volume "28 ottobre 1922. Storia e memoria di una conquista del potere", 2013. INDICE DELL'OPERA – Introduzione - 1. Dalla guerra al fascismo (1.1. Un triste ritorno - 1.2. Sedotti dalla guerra - 1.3. Il mito delle origini - 1.4. «Perché aderii al fascismo») - 2. Autoritratto dello squadrismo (2.1. Squadristi e «sovversivi» - 2.2. La violenza ricordata - 2.3. I «giorni di gita e di rissa» - 2.4. «Mamma non piangere...» - 2.5. Lo squadrismo e la religione) - 3. Dall'impresa di Fiume alla marcia su Roma (3.1. Cuore di legionario - 3.2. D'Annunzio e Mussolini - 3.3. Da movimento a partito - 3.4. Il ricordo della marcia su Roma) - Elenco delle memorie - Indice dei nomi |