Storie di Gap. Terrorismo urbano e resistenza Stampa E-mail

Santo Peli

Storie di Gap
Terrorismo urbano e resistenza


Einaudi, pagg.279, € 30,00

 

peli gap  IL LIBRO – I Gap, componente esigua ma rilevante del movimento di Resistenza, occupano un posto marginale nella memoria collettiva e nella storiografia resistenziale. Due ragioni spiegano tale marginalità: da un lato i Gap combattono secondo le modalità classiche del terrorismo, cioè con uccisioni mirate di singoli individui e con attentati dinamitardi; dall'altro sono organizzati e diretti dal Partito comunista, e dunque restano, durante e dopo la Resistenza, connotati politicamente in modo molto piú marcato delle altre formazioni partigiane. Quella dei Gap viene dunque in prevalenza percepita come «un'altra storia», su cui si sono esercitati anatemi con piú virulenza che sulla Resistenza in generale. Nell'immaginario collettivo, alcuni dei piú intricati nodi politici ed etici della lotta resistenziale messi in evidenza dalla pratica del terrorismo urbano continuano, ancor oggi, ad essere schiacciati tra deprecazioni calunniose e acritiche esaltazioni, che prescindono da una reale conoscenza dei fatti. Per la prima volta, origini, sviluppo, difficoltà, successi e fallimenti dei Gap vengono analizzati nell'unico contesto che li rende comprensibili, nella storia della Resistenza. Le condizioni esistenziali e materiali nelle quali i Gap agiscono, le risorse di cui dispongono, la difficile decisione di uccidere a sangue freddo, e i diversi modi in cui si pongono il problema delle rappresaglie, della tortura, della morte, escono finalmente dal mito e dalla demonizzazione liquidatoria.
  Nell'aprile 1943 Antonio Roasio, uno dei tre responsabili del centro interno del Partito comunista, invia una lettera «strettamente riservata» alle organizzazioni regionali, in cui fa presente a tutte le strutture di partito l'urgente necessità di attrezzare «i militanti alla lotta armata a mezzo dell'organizzazione di "Gruppi di azione patriottica", capaci di condurre azioni di sabotaggio delle attrezzature militari contro i massimi dirigenti del partito fascista». Il primo documento scritto in cui si fa riferimento ai Gap è, con ogni probabilità, proprio questo. A livello pratico, però, le prime iniziative concrete verranno messe in atto solo dopo l'armistizio dell'8 settembre che, imponendo un brusco cambiamento della situazione generale italiana, riportò in primo piano l'esigenza di organizzare concretamente la guerra di liberazione. A partire dal racconto degli attentati piú eclatanti - dal colonnello Gobbi al questore Nicolini Santamaria - Santo Peli ripercorre con rigore e imparzialità l'intera vicenda dei Gap per superare le molte «leggende» e restituire ai lettori una ricostruzione lontana dalla retorica e dalla speculazione. Dai profili biografici dei protagonisti alle questioni cruciali - il rapporto fra gappismo e resistenza armata, il tema della rappresaglia, il problema del consenso fra la popolazione - dalla lotta partigiana alle ripercussioni sul nostro passato recente, questo libro colma una lacuna rilevante nel panorama dell'analisi storica del nostro Paese.

  DAL TESTO – "Specialmente nei primi mesi di attività, fra l'ottobre 1943 e l'inverno 1944, la scelta dei bersagli da colpire rivela un'attenzione particolare alla spettacolarità, al loro valore simbolico: si va in guerra al centro delle città, sotto gli occhi dell'intera cittadinanza; le azioni devono essere clamorose, sono fatte, ancor prima che per uno scopo militare, per impressionare, per convincere i titubanti e gli indifferenti che si può e si deve combattere, e per confortare e confermare i propositi dell'esigua minoranza degli abitanti delle città che intendono scendere in lotta. Fra gli obiettivi più colpiti dalle azioni dinamitarde gappiste, non a caso, vi sono bar, ristoranti, bordelli, situati nel centro delle città e frequentati dalla truppa tedesca e dalle prime raccogliticce milizie fasciste.
  "Non è questione militare, ancora, e in fondo la lotta armata dentro la città non avrà mai un impatto rilevante in termini strettamente militari, o ne avrà uno decisamente minore del sabotaggio ai treni e al sistema dei trasporti nel suo insieme. La posta in gioco è soprattutto simbolica. Anche per chi non è stato testimone oculare di un attentato, sarà impossibile ignorare che la guerra contro l'occupazione è iniziata: a ogni attentato corrisponde una reazione, un allungamento delle ore di coprifuoco, un divieto di circolazione delle biciclette, una rappresaglia, che con modalità molto variabili può coinvolgere passanti occasionali o detenuti politici delle carceri cittadine."

  L'AUTORE – Santo Peli ha insegnato Storia contemporanea all'Università di Padova. Per Einaudi ha pubblicato "La Resistenza in Italia. Storia e critica" (2004), "Storia della Resistenza in Italia" (2006) e "Storie di Gap. Terrorismo urbano e Resistenza" (2014).

  INDICE DELL'OPERA – Elenco delle abbreviazioni - Storie di Gap – Introduzione - Parte prima – I. Nascita dei Gap (Creare un'atmosfera di guerra - «La costituzione dei Gap fu voluta ed attuata solo dal partito comunista» - «Fare del nostro partito il fattore predominante» - Difficili esordi della lotta armata - «Siamo in quattro o cinque» - «Ma perché siamo così pochi?» - «È difficile - mi disse - uccidere a sangue freddo un uomo che non si conosce») - II. La prima fase: dicembre 1943 / maggio 1944 (I primi attentati - Gino Gobbi: Firenze, 10 dicembre 1943 - «Ci premeva soprattutto incoraggiare alla ribellione i giovani» - Aldo Resega: Milano, 18 dicembre 1943 - Italo Ingaramo: Firenze, 29 aprile 1944 - Inafferrabili? - «Gentile portava male i suoi 67 anni, mi sembrava mio nonno» - Camillo Nicolini Santamaria: Milano, 3 febbraio 1944 - Sesto San Giovanni, Casa del fascio, 10 febbraio 1944 - Genova, gennaio 1944 - Torino, maggio 1944) - III. L'ora delle «grandi masse» (Gap e scioperi - Nascita e sviluppo delle Sap - La «giornata delle spie») - IV. Dall'estate alla primavera. La seconda fase («In montagna, piano piano, sono tornata a vivere» - Crisi, ripresa, ancora crisi - Il canto del cigno - La solitudine di Visone - «Non si fa terrorismo senza rischiare di colpire anche degli innocenti» - «Milano era in macerie ed era pelata» - La brigata Balilla) - Parte seconda - V. Gappismo all'emiliana («Duecentocinquanta ciclisti armati, nella notte» - Gappisti di campagna - La battaglia di porta Lame - Quelli di Bulow - «L'era propi lo' ch'a zarchéva») - VI. La tortura («Sotto un incubo di terrore» - «Sotto le torture non era facile essere muti» - «E se non resistessi a tutto questo?» - «Al di sopra di tutto, di noi stessi, vi è la vita del Partito») - VII. Violando le regole (Capodanno 1943 - «Una cosa talmente anormale» - «I Gap erano veramente soli, proprio soli» - «Mi ripugnava l'idea di essere pagato per fare il partigiano») - VIII. Gap, rappresaglie e guerra di Liberazione (Un archetipo: le Fosse Ardeatine - «Incoraggiate i deboli, insegnate loro come si deve morire» - «Decisi ad ogni costo a liberarle, siamo penetrati nel carcere») - Indice dei nomi