La nostra società ha ancora bisogno della famiglia? Stampa E-mail

Roberto Volpi

La nostra società ha ancora bisogno della famiglia?
Il caso Italia


Vita e Pensiero Editrice, pagg.176, € 15,00

 

volpi famiglia  IL LIBRO – Estesa, ricostituita, allargata, di fatto, unipersonale, convivente, non convivente... Le forme di famiglia di cui oggi si censisce, e non solo da un punto di vista statistico, l'esistenza sono davvero tante e in continua variazione. La famiglia cambia pelle, e questo suo trasformarsi, si dice da più parti, è segno di vitalità, di capacità di risposta ai mutamenti della società. Siamo proprio sicuri che sia così?
  Roberto Volpi, statistico attento a far dialogare i dati con la vita e i comportamenti sociali del nostro Paese, sfata questo e altri miti mostrandoci una realtà ben diversa con la quale fare i conti. La famiglia nella sua modalità 'tradizionale', fondata sulla coppia unita in matrimonio e aperta ai figli, ha svolto un ruolo fondamentale nel risollevare le sorti dell'Italia appena uscita dalla Seconda guerra mondiale e ha goduto di ottima salute fino a metà degli anni Settanta, poi la sua traiettoria vitale ha preso un'altra strada, fino alla situazione di oggi, caratterizzata da una perdita di prestigio che si misura in numeri di matrimoni e di figli mai così bassi nella storia d'Italia.
  Le cause di questo scivolamento, peraltro condiviso con gli altri Paesi occidentali, sono tante, ma il vero punto della polverizzazione della famiglia in forme sempre più contingenti e provvisorie è culturale, e trova la sua origine nella transizione in atto nell'Occidente post-moderno da un tipo di società i cui assetti economico-produttivi necessitavano di una forte famiglia di tipo tradizionale a una società che cerca invece nell'individuo la sua forma base. Un individuo che non si fa problemi a essere tale, ma che anzi rivendica i vantaggi e perfino la superiorità della sua condizione. Un individuo che non sostituisce però la famiglia, ma se ne serve ibridandola, infiltrandola, cambiandola. Basti pensare alle dinamiche della famiglia fino alla metà degli anni Settanta rispetto a quelle odierne. Allora la famiglia era un punto di partenza, l'inizio di un'avventura anche e soprattutto di affermazione sociale, tutta da costruire proprio grazie allo strumento famiglia; oggi è un punto di arrivo, il coronamento di un percorso individuale di realizzazione di sé. Ma, ci avverte Volpi, la presa d'atto di questa prevalenza culturale dell'individualismo fin dentro la trama del tessuto famigliare non può limitarsi a essere l'annotazione di un caso, la certificazione di un trend. È importante vedere lucidamente gli scenari che essa apre per il futuro.
  La domanda è: terranno le società occidentali se continuerà lo scivolamento verso forme di famiglia a sempre più bassa responsabilità individuale e di coppia, se i tassi di fecondità e di nascite rimarranno drammaticamente lontani dalla soglia di sostituzione delle generazioni? Famiglia e società sono ben più saldamente intrecciate di quanto oggi si tende a pensare. La sfida è aperta.

  DAL TESTO – "La cosa che appare certa, in questo panorama, è che la crisi della famiglia tradizionale, là dove c'è - e c'è in gran parte dell'Europa - allontana le possibilità di ripresa del tasso di fecondità e/o contribuisce al permanere di quel tasso attorno a livelli assai bassi che a lungo andare potrebbero rivelarsi non sostenibili. E a questo proposito il fatto che proporzioni di nati perfino maggioritarie in alcuni Paesi vengano da fuori e non da dentro il matrimonio viene interpretato in un modo che sembra il più ovvio e conseguente, ma che si dimostra soltanto come poco attento. Si sostiene, cioè, ch'è grazie alle coppie di fatto e più in generale a tutte le forme di relazione sentimentale e sessuale tra adulti dei due sessi che non implicano il matrimonio, e anzi sempre più lontane dal matrimonio, che si fanno bambini e che, in carenza di queste coppie di fatto e di queste forme di relazione tra uomo e donna, le cose, sotto questo aspetto, assumerebbero una piega ben peggiore. Si tratta di un ragionamento a\quanto semplicistico. Si consideri, per capirlo, questo dato che riguarda l'Italia: le donne che si sposano per la prima volta hanno oggi un'età media che ha superato i 31 anni. Ma l'età media al parto è inferiore ai 32 anni, cosicché tra l'età media al matrimonio e l'età media al parto c'è una differenza di assai meno di un anno, addirittura di pochi mesi. Questo succede perché una proporzione non esigua di coppie prende la decisione di sposarsi a seguito della scoperta della gravidanza della donna, cosicché tra i due eventi passano meno di nove mesi, ma succede anche perché molte coppie di fatto decidono di sposarsi dopo la nascita di un figlio, cosicché si verifica per le donne di queste coppie che la loro età al matrimonio sia addirittura superiore alla loro età al parto. Insomma, l'evento figlio - sia quello che deve ancora nascere che quello già nato - orienta in direzione del matrimonio, fa pendere la bilancia verso il matrimonio, a dimostrazione che il connubio matrimonio-figli è ancora quello considerato più naturale e che regge di più al tempo, nonostante la grave crisi del matrimonio. In molti Paesi dell'Europa del nord, dove la fecondità ha avuto un incremento anche a seguito di energiche politiche nataliste, si hanno a un tempo alte proporzioni di figli nati fuori dal matrimonio e alti tassi di nuzialità, almeno relativamente alla media europea, e i due indicatori sembrerebbero essere in contraddizione tra di loro. È così in Svezia come in Finlandia, in Danimarca come in altri Paesi dove evidentemente quote nient'affatto marginali di coppie di fatto si trasformano in coppie unite in matrimonio in presenza del figlio - e questa trasformazione sta a significare, appunto, che c'è un continuo passaggio dalle prime alle seconde proprio perché l'arrivo dei figli spinge verso la responsabilità della coppia e della famiglia fondate sul matrimonio."

  L'AUTORE – Roberto Volpi, statistico, ha diretto uffici pubblici di statistica, progettato il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, coordinato il Gruppo tecnico di programmazione che ha redatto il Piano strategico della città di Pisa. Ha scritto, tra gli altri, "Storia della popolazione italiana dall'Unità ai giorni nostri" (1989), "Figli d'Italia" (1996), "La fine della famiglia" (2007), "Il sesso spuntato" (2012).

  INDICE DELL'OPERA – Parte prima. L'Italia, da società ad alta a società a bassa intensità di famiglia - I. Una realtà poco conosciuta (per quanto documentata dalle statistiche) (La tenace quanto sbagliata idea che la famiglia sia stata in salute, in Italia, praticamente soltanto con il fascismo. Invece la forza della famiglia non viene intaccata dalla caduta del fascismo. Dal dopoguerra alla prima metà degli anni Settanta la famiglia tradizionale riesce a esprimere tutta la sua forza trainante) - II. C'è un legame forte tra famiglia tradizionale e società italiana (I tre decenni tra la fine della Seconda guerra mondiale e la metà degli anni Settanta segnano a un tempo il culmine della forza della famiglia tradizionale e del progresso socio-politico ed economico-culturale della nostra società. Gli anni Sessanta non scalfiscono minimamente questo legame; al contrario, lo mettono a frutto, servendosene, come mai prima) - III. La famiglia entra in crisi nel Paese a più alta intensità di famiglia d'Europa (Perché la china comincia col divorzio. Perché e come sono le donne a ridisegnare la famiglia, a cominciare dalle decisioni che riguardano i figli. La rivoluzione femminile plasma la nuova famiglia) - IV. I fattori che hanno contribuito alla bassa intensità di famiglia (Come si è affievolito il valore del matrimonio e della famiglia ed è cambiato il volto della famiglia nella società italiana di oggi. Come hanno agito fattori quali il divorzio, l'università di massa, la terziarizzazione dell'economia, il basso grado di mobilità sociale. E perché la loro azione ha lasciato un segno tanto profondo nelle dinamiche famigliari) - Parte seconda. La famiglia minima: presupposti, caratteristiche, conseguenze - V. Le caratteristiche della nuova famiglia (La frantumazione della famiglia in tante forme di famiglia finisce per confluire, nella realtà, semplicemente in una nuova famiglia più piccola, meno strutturata, poco istituzionalizzata nel matrimonio, a più basso livello di responsabilità dei componenti) - VI. Due concezioni della famiglia a confronto (La famiglia come punto di partenza di ieri, la famiglia come punto di arrivo di oggi. Il legame tra i componenti della famiglia si trasforma, indebolendosi, perché manca l'impegno comune, quotidiano, per conquistare il futuro. Lo sguardo lungo del singolo (ri)diventa corto, immediato, più utilitaristico e strumentale) - VII. La famiglia annacquata, la società de-famigliarizzata (Da cellula ad atomo della società. I rapporti e le reti di rapporti tra le famiglie sono diventati meno organici, più contingenti e soggetti a veloce decadimento. L'importanza dei figli per l'estensione, l'autenticità, la forza dei legami intrafamigliari nella società si indebolisce in parallelo con la rarefazione dell'infanzia nella società italiana. Ma più figli non significa necessariamente più società quando la famiglia rischia la banalizzazione) - VIII. La famiglia minima: atomo più che nucleo, ridisegna i ruoli tra uomo e donna (La genitorialità soft della donna emerge a scapito di quella scarsamente dialettica dell'uomo, forgiata nella problematicità del rapporto, sopravvissuto fino a pochi decenni or sono, tra numerosità dei componenti da un lato e scarsità delle risorse dall'altro) - Parte terza. Come l'individualismo ha forgiato la nuova famiglia - IX. L'esplosione delle forme di famiglia a minor livello di responsabilità e coinvolgimento personale (C'è un futuro per la società senza la famiglia tradizionale? La società occidentale, in effetti, a cominciare dai governi, sembra impegnata in prove di sopravvivenza al di fuori della famiglia tradizionale) - X. Dalle nuove famiglie alle non famiglie (Si comincia dal non matrimonio, si prosegue con la scelta del celibato/nubilato e si finisce con quella di non fare figli. Il tratto distintivo e insieme il filo rosso che unisce queste scelte è sempre il posizionamento verso la minore responsabilità possibile del singolo. Ne viene fuori una società per sottrazione, debole, senza un vero centro) - XI. La società di oggi tra la famiglia e il singolo (Le società avanzate post-industriali e post-moderne di oggi sembrano a più bassa intensità di famiglia e a più alta espressione di individualismo di quanto mai lo siano state le società del passato. Ma fino a dove può spingersi la bassa intensità di famiglia?)