Liber ad honorem Augusti Stampa E-mail

Pietro da Eboli

Liber ad honorem Augusti
A cura di Francesco De Rosa


Francesco Ciolfi Editore, pagg.253, € 16,00

 

pietrodaeboli augusti  IL LIBRO – Il Liber, composto a Palermo presumibilmente nel 1196, subito dopo la definitiva conquista della Sicilia da parte degli Hohenstaufen e la nascita di Federico II, narra le vicende della lotta tra l'imperatore Enrico VI e Tancredi, il re normanno sostenuto dal partito nazionale e salito al trono di Sicilia nel 1191, dopo la morte di Guglielmo II il Buono. L'opera non è il risultato di un disegno unitario, non è nata di getto ed è incompleta: lo stesso titolo "Liber ad honorem Augusti", estensibile all'intero poema, si giustifica tuttavia solo grazie al contenuto del terzo libro. Il poema, in tre libri, è suddiviso in cinquantadue Particulae illustrate da cinquantatré preziosissime miniature; è in distici elegiaci, ad eccezione dei vv.1463-1470, acrostici; la loro interpretazione e la
sottoscrizione finale sono in prosa.
  L'incertezza sul destinatario dell'opera (Federico I, Enrico VI, Federico II), è risolta dal Siragusa in favore di Federico II in quanto, «essendo il primo poema indubbiamente dedicato ad Enrico VI, se quello perduto, che l'autore chiama secondo, avesse cantato di Federico I, avremmo un'incongruenza cronologica che darebbe un secondo carme in onore del padre scritto dopo il primo che cantava del figliuolo».

  DAL TESTO – "Allorché Cesare venne a Roma per essere incoronato, la nobile città manifestò con grande pomposità la sua esultanza. Venne a cavallo davanti al tempio venerabile di Pietro, dove già stava il santo padre incoronato. Balsami, incenso, aloe, cannnella, nardo ed ambra dall'odore delicato, abituale nei re, si diffondono per le vie e per le case, e spandono profumi per la città; dovunque spira l'aroma dell'incenso bruciato; il mirto odoroso unito ai dianti riveste le vie; tripudiano i gigli uniti alle rose color zafferano; la prima parte del tempio viene rivestita di bisso e di porpora, mentre le fiammelle dei ceri creano una fiaccolata di stelle; la parte più interna invece, dove risplende la mensa eucaristica, è un'opera d'arte in un tripudio di porpora e d'oro.
  "Introdotto, o Pietro, dal tuo vicario, il pio eroe, al colmo della gloria, si ferma ai piedi dell'altare. Prima il Papa gli consacra le mani col sacro crisma, onde, vincitore, eserciti entrambi i poteri; santifica poi le braccia, unge la schiena e il petto dicendo: «Iddio ti unge nel nome di Cristo Signore». Subito dopo prende e la spada simbolo imperiale, che Pietro, ricevutone l'ordine, portò via dopo aver reciso l'orecchio, spada potente dall'una e dall'altra parte, perché difende il tempio e il mondo, ossia da un lato protegge la Chiesa, dall'altro guida le vicende terrene; la verga consegnata all'augusta mano sta a significare i diritti del potere, il valore della pietà e della giustizia; alle tue dita, Ottaviano, viene poi infilato l'anello della Chiesa, nobile garanzia dei regni; il diadema della tiara d'oro che tu porti, o Cesare, simboleggia la tua partecipazione alle vicende della Chiesa."

  L'AUTORE – Pietro da Eboli (Eboli, 1170 circa – 1220 circa) poeta, cronista e, forse, chierico, vissuto a cavallo del XII e XIII secolo e vicino alla corte sveva.

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione: fonti storiche del periodo svevo - Cap. I. Pietro da Eboli: notizie biografiche - Cap. II. Opere - Cap. III. Il codice - Cap. IV. Le edizioni - Cap. V. Valore letterario del Poema - Cap. VI. Conclusione - Testo e traduzione - Appendice 1. Glossario - Appendice 2. Indice dei luoghi e nomi propri più importanti – Bibliografia