Carlo Corbucci
Il terrorismo islamico Falsità e mistificazione all'esito dei casi giudiziari, delle risultanze oggettive e delle indagini geo-politiche, storiche e sociologiche
Gruppo Editoriale Agorà (
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), pagg.1747, € 50,00
IL LIBRO – La particolarità del libro è che, prima (ma può dirsi anche in parallelo) di giungere a conclusioni non convenzionali intorno al terrorismo islamico in generale e ai fatti di terrorismo quali l’11 settembre di New York, Madrid, Londra, ecc., l’autore parte dalla sua esperienza diretta di quasi tutti i casi giudiziari italiani ed europei che hanno riguardato i processi contro “gruppi islamici” accusati di terrorismo e che si sono risolti, alcuni con assoluzioni, altri con condanne. Esperienza diretta perchè l’autore è stato l’avvocato difensore presente nell’80 per cento dei pool difesivi di quei processi. L’autore rileva, dandone prove tratte dagli atti processuali stessi di quei vari processi, come, sia in quelli che hanno condotto ad assoluzioni, sia in quelli che hanno condotto a condanne, sono state sempre presenti una serie di frodi, costruzioni, inganni dialettici, mirati innanzi tutto ad ottenere una condanna dei vari gruppi da poter sbandierare propagandisticamente contro l’Islam in generale per motivare gli interventi militari e le alleanze in adesione ad essi in campo internazionale oltre che per giustificare gli inasprimenti legislativi autoritari ed i controlli interni delle varie popolazioni. Il tutto in vista della realizzazione di un progetto, ormai da tempo predisposto, di “globalizzazione economica e politica” che impone per sua natura il superamento delle Nazioni, delle identità culturali e delle religioni, considerato tutto ciò, come residuo del passato presuntivamente responsabile di divisioni e complicazioni nel mondo, rispetto a ciò che viene positivamente auspicato come una vita semplificata, omologata, pratica, pragmatica e materiale quale, secondo questo progetto, l’umanità dovrebbe ormai, nella sua attuale maturità, dirigersi. Gli esiti, le metodologia, gli inganni, le frodi che hanno caratterizzato i processi, e dunque l’ambito giudiziario, nella prospettiva che il libro sviluppa, risultano così essere gli stessi che, in campo politico ed internazionale, si sono ripetuti su scala più vasta; e sono motivati dalle stesse ragioni “globaliste”. Tra questi inganni processuali nel libro sono evidenziati: innanzi tutto la costruzione di operazioni giudiziarie ad incastro e di casi falsi nel senso proprio letterale intendendo con ciò che sono state costruite prove per far credere che, questo o quel gruppo di arrestati e di imputati, stavano per compiere attentati e “stragi islamiche” in questa o quella città europea. Tra queste prove false: il collocamento all’interno delle abitazioni delle persone da incastrare di armi, esplosivi, veleni, ecc. Quando il tentativo si era rivelato troppo scopertamente fraudolento, le stesse sentenze (ovviamente non troppo pubblicizzate) ne hanno dovuto dare onestamente atto con assoluzioni. In altri casi, l’inganno consisteva invece nella falsificazione di intercettazioni telefoniche ed ambientali, con aggiunta di frasi, parole o soppressione di altre, affinchè si potesse far credere alle Corti e alla popolazione, che questo o quel gruppo di imputati stavano organizzando qualche strage intorno a noi. A seconda che, la Pubblica Accusa (quasi sempre in questi casi obbediente a pressioni di natura politica e militare di provenienza americana) trovava Corti giudiziarie accondiscendenti o meno, i processi avevano esiti diversi: assoluzioni in alcuni casi dove l’alterazione delle frasi veniva rilevata dalle Corti stesse; oppure un atteggiamento ipocrita che portava l’altro genere di Corti a dare a certe espressioni, significati diversi da quello che le frasi intercettate evidenziavano o non consentivano affatto di interpretare. Per fare un esempio tra centinaia di altri, si pensi a una frase così composta: “bomba... città... Baghdad... distrutta... stragi... maledetti...” senza altre frasi che chiariscano e completino, pronunciata da due interlocutori che stavano osservando la televisione mentre trasmetteva le notizie di un bombardamento sopra Baghdad; chiunque onestamente sarebbe portato a dedurre che la frase non consente alcuna interpretazione né benevola né malevola; ebbene: per quelle Corti che volevano procedere a facili condanne, significava... “guarda i maledetti occidentali dobbiamo fare stragi nelle loro città riempirli di bombe” ed era una prova che il gruppo di imputati stava progettando un attentato. Ecco allora una prima esigenza nel libro in questione, di riportare in ogni processo, alcune di quelle frasi che hanno giustificato le uniche condanne per terrorismo in Italia ed in Europa, affinché chiunque possa giudicare che cosa accade in quei processi e trarne la sua deduzione! Varrà a questo punto precisare che in nessun processo si è mai processato un gruppo che fosse stato trovato in possesso di armi, esplosivi, progetti, strumenti o altro che potesse far pensare che fossero capaci di compiere qualcosa o che stessero per farlo o avessero anche intenzione di farlo perché ovviamente non avrebbe senso il disappunto dell’autore né le sue deduzioni. Dunque le uniche condanne fatte passare per prova di un terrorismo islamico pronto a colpirci sono state frasi come queste, qualche sfogo davanti alla televisione, o “frodi dialettiche”. Che cosa si intende con quest’ultima espressione? Il libro evidenzia che si intende un inganno verso la popolazione che bisognava impaurire e scatenare contro l’Islam per motivare le guerre e gli interventi. In che modo? Poichè non si riusciva a far condannare nessuno dei gruppi che venivano condotti sotto processo con l’accusa di terrorismo, sia perchè le falsificazioni delle intercettazioni venivano scoperte dalle Corti più oneste che prevalevano su quelle “disoneste” sia perché la costruzione vera e propria dei casi (sul genere di portare nelle abitazioni delle persone che venivano poi arrestate armi, esplosivi e veleni, a loro insaputa) si era rivelato pericoloso e fallimentare in quei casi dove era stato effettivamente fatto (vedasi i primi tre processi romani trattati nel libro) si è provveduto allora con interventi legislativi ad aggravare la norma (270 bis codice penale) affermando che non è necessaria alcuna prova per condannare un gruppo islamico sospettato di terrorismo, basta il forte sospetto (!) ed un minimo di potenziale di pericolosità tratto dalla personalità degli imputati (!) Quella potenzialità poteva essere che “pregano troppo”, “parlano troppo male degli Americani e degli Occidentali”, “si riuniscono troppo spesso tra di loro”, “evidenziano di ammirare le operazioni di Bin Laden contro l’Occidente” ecc. ecc. Poichè anche così risultava tuttavia difficile ottenere condanne con le quali convincere la popolazione che intorno a noi circolavano mostri pronti a far saltare in aria vecchiette, bambini e innocenti; gruppi islamici che odiavano i Cristiani e gli Ebrei e che volevano imporre a tutto il mondo l’Islam con la guerra santa; fanatici che erano armati ora da Bin Laden ora dall’Iran (non importava affatto la contraddizione delle due affermazioni... tanto chi poteva mai rilevarla? Tutto faceva brodo contro l’Islam) si è allora proceduto a un ulteriore (terzo) irrigidimento della norma. Quale? C’è qualche giovane un po’ entusiasta e arrabbiato con gli Americani che, intercettato, si è lasciato sfuggire che sarebbe onorato di combattere e anche eventualmente morire combattendo contro l’esercito di invasione americano ed alleati (che ovviamente nella stampa occidentale veniva definito di “liberazione dalla barbarie dell’Islam” e del “medio evo islamico”) in Iraq ed in Afghanistan? Ebbene, che si sia effettivamente adoperato per recarsi veramente in quei luoghi; che lo abbia soltanto detto come aspirazione sentimentale o come sfogo; che lo abbia affermato come ideale o come speranza, non fa differenza giuridicamente: questa è la prova che siamo di fronte ad un terrorista che, proprio come enunciavano i “capi di imputazione” con i quali era stato portato sotto processo... “stava organizzando stragi ed attentati nella metropolitana o nel Duomo di Milano... nelle chiese e nelle sinagoghe... nei mercati e nelle piazze... e stava dando “supporto logistico” ai suoi confratelli di Al Qai’da, del G.I.A algerino, del Gruppo Salafita, di Ansar Al Islam, di Sadr, di Ezbollah” , ecc. ecc. (e chi più ne ha più ne metta...). Veniva condannato a sei, sette, otto, nove ed anche dieci anni di carcere per terrorismo, facendo credere alla popolazione che era stato sventato un pericolo terribile ed erano stati condannati terroristi in procinto di colpire la popolazione. Per questo, si aggiungeva, bisogna portare avanti le campagne militari in Medio Oriente ed eliminare i pericoli islamici nel mondo, rappresentati da tutti i gruppi nei vari paesi islamici e dall’Iran che spesso vi è dietro! A questo punto, dimostrati gli inganni processuali, le suggestioni mediatiche, le frodi dialettiche, l’autore del libro, svolge considerazioni deduttive e conseguenti: Perché questi inganni? Perchè far credere una cosa per un’altra? Perchè alimentare la paura, la suggestione, i pregiudizi e spingere oltre? La risposta non poteva che venire quasi automatica e non può essere altra se non una ragione politica e militare... Si sta cioè preparando un attacco all’Islam. All’Islam come civiltà, come cultura, che per la sua natura e funzione spirituale, ostacola un processo di globalizzazione materialistico che non è più neppure un “imperialismo” fondato da un Paese specifico ma che è retto dal potere dell’usura bancaria, della finanza mondiale... e... dietro ancora... da “qualcosa” e da “qualcuno” che l’autore lascia presentire, volutamente senza precisare. Si tratta insomma di un attacco contro l’Islam perchè è rimasto l’unico ostacolo a questo processo globale essendo stata ormai vinta ogni resistenza nelle altre forme tradizionali a base spirituale. Allora gli esiti forzati e ingannevoli di quei processi dove si sono forzatamente ottenute condanne, debbono dunque servire a questo scopo alla stregua di tutte le altre forme di propaganda: preparare gli ulteriori attacchi, alimentare “il mercato della paura”, del pregiudizio e dell’odio contro l’Islam; a favorire una cultura globale basata sul minimo comune denominatore di una vita materiale, di una cultura piatta, convenzionale, omologata, banale, materialista e sui bisogni più elementari dell’”animale umano”. Inoltre gli esiti dei processi con le loro appariscenti condanne contro il terrorismo, debbono servire anche da COPERTURA dei reali mandanti (e spesso anche esecutori”) delle stragi effettivamente compiute: da quella di New York, a quelle di Madrid e Londra, fino a quelle nei mercati, nelle piazze e nelle moschee dell’Iraq e dell’Afghanistan. Reali mandanti ed esecutori che troppi indizi ed anche troppe prove, consentono di individuare in determinati settori della F.B.I., della C.I.A., del Mossad e del M16 inglese. L’autore non si ferma però all’esame dei processi e delle relative frodi; e neppure al collegamento tra quelle frodi ed il progetto globale politico e militare che vi è dietro; non si limita neppure a riportare gli elementi di sospetto e spesso anche le prove che legittimano queste affermazioni e queste accuse ma (anche se sempre con uno stile razionale che non consente di qualificare come “banale complottismo” o come “escatologia visionaria” le sue pur durissime affermazioni, come invece è stato fatto nei confronti di altri autori che hanno pur trattato un certo tipo di argomenti) svolge considerazioni anche su quello che sembrerebbe attendere il prossimo, imminente, futuro del mondo in campo giudiziario, politico, economico e sociale. Un futuro drammatico che è parte del progetto globale di cui accenna spesso nel libro. Drammatico e inevitabile fino ad una certa fase ma non per questo senza via d’uscita; anche se l’autore, volutamente non indica chiaramente quale (ma chi può capire capisce perché lo lascia intendere), proprio per non compromettere o limitare, dietro un’etichetta che potrebbe rendere meno stimolante ed interessante, l’approfondimento delle tematiche; e che del resto fornirebbe all’avversario un facile e comodo strumento ed occasione di inquadramento riduttivo. Del resto la qualità di avvocato che ha svolto personalmente quei casi giudiziari e ne testimonia in prima persona le vicende e gli inganni qualifica in modo troppo forte per essere facilmente sottovalutato o sminuito il senso di ciò che egli racconta e le considerazioni che svolge. Lo studio si muove su un piano intellettuale elevato ma che può riuscire a coinvolgere anche chi è meno capace a cogliere le allusioni sottili, i messaggi interiori e più profondi, le tematiche giudiziarie, perchè riportando anche i casi giudiziari con le loro esagerazioni, inganni e frodi coinvolge il lettore in un clima di reazione contro l’ingiustizia e di stupore su come posa essersi imposta nel mondo intero una frode così gigantesca come quella del “terrorismo islamico”.
DAL TESTO – "Nulla esclude che alcuni gruppi si siano effettivamente associati tra di loro per aiutarsi a compiere una certa serie di reati quali ad esempio il reperimento di documenti falsi o la falsificazione diretta di essi per scopi di lucro personale e che possano benissimo ammantare anche questa attività come un'opera buona nei confronti dei loro connazionali, definiti "fratelli", secondo il gergo usuale degli Arabi in genere e dei musulmani di tutto il mondo. Però quest'accusa, che ovviamente andrà caso per caso rigorosamente dimostrata, come in ogni processo, non ha nulla a che vedere con l'abusiva estensione del concetto e della fattispecie di reato relativa, dell'"associazione per delinquere" che è stata in questi casi di "terrorismo islamico". Il gruppo degli imputati sotto processo può benissimo aver costituito un'"associazione", "tra di loro", per facilitare, ognuno con il proprio apporto, secondo ruoli e compiti, la commissione del reato per il quale sono associati: ad esempio: la falsificazione di documenti o il reperimento di documenti falsi per loro connazionali clandestini, dietro compenso. Lo hanno fatto anche gruppi di napoletani; lo hanno fatto anche dipendenti di alcune questure. Se la cosa sarà dimostrata, è giusto e naturale che ci sia una condanna per "associazione per delinquere" semplice e per i reati corrispondenti. Però, tutto questo che cosa ha a che vedere con l'attribuzione di un'intenzionalità "terroristica" e di una presunta volontà attiva e consapevole, di favorire con condivisione di intenti, le stesse finalità criminali e terroristiche attribuite ad una più grande, presunta Associazione internazionale; di renderne possibile l'attuazione dei piani (attentati e stragi) e di favorire sodali di essa, in vista di attuare i piani "terroristici" propri di quella presunta Associazione."
L’AUTORE – Carlo Corbucci, avvocato, romano di adozione, è stato presente nei vari pool difensivi nell’80 per cento dei processi di terrorismo islamico svoltisi in Italia e ha avuto modo di conoscere tutti i casi e i personaggi coinvolti in quei processi, da quelli accusati di essere volontari kamikaze a quelli accusati di essere capi, promotori o finanziatori delle principali cellule terroristiche italiane ed europee. Esperto di cultura islamica e di Medio Oriente, ha approfondito i casi più eclatanti di "grande terrorismo stragista" sia dal punto di vista processuale che socio-politico giungendo a conclusioni inquietanti ma sempre razionalmente ancorate a lucide valutazioni dei fatti. Anche quando formula conclusioni non convenzionali, egli non assume mai atteggiamenti provocatori e le sue ipotesi non sono comunque mai disgiunte da riscontri concreti e da valutazioni che non sconfinano mai nel fantastico, nell'incontinenza emotiva o nell'irrazionalità.
INDICE DELL’OPERA – Prefazione, di Fabio Andrea Marcorelli - Introduzione dell'Autore - Capitolo primo. "Terrorismo islamico", "operazioni antiterrorismo", "casi giudiziari e politica internazionale" - Capitolo secondo. Frode militare, frode politica, frode giudiziaria - Capitolo terzo. I casi giudiziari di "terrorismo islamico" enfatizzati dalla stampa e dalla politica: le assoluzioni - Capitolo quarto. Tra trucchi dialettici e suggestioni mediatiche - Capitolo quinto. I casi giudiziari di "terrorismo islamico" enfatizzati dalla stampa e dalla politica: le condanne - Capitolo sesto. I processi di "terrorismo islamico" in Europa e nel mondo - Capitolo settimo. Le strategie di contorno ai processi e la "politica militare" che li sottende - Capitolo ottavo. Gonzi, zimbelli, talpe e comparse - Capitolo nono. Già superato il limite dell'art. 270 bis c.p. - Capitolo decimo. La frottola delle "fonti confidenziali" - Capitolo undicesimo. Terrorismo preconfezionato? - Capitolo dodicesimo. I "servizi segreti" non esistono? - Capitolo tredicesimo. Il terrorismo non esiste? Capitolo quattordicesimo. Non alterare e non forzare mai la verità - Capitolo quindicesimo. Leggi speciali negli Usa e dintorni - Conclusione - Indice dei nomi - Indice degli argomenti - Bibliografia
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