I due carceri di Gramsci Stampa E-mail

Franco Lo Piparo

I due carceri di Gramsci
La prigione fascista e il labirinto comunista

Donzelli, pagg.VI-146, € 16,00

 

lopiparo_gramsci  IL LIBRO – Perché i Quaderni del carcere sono 33, e non 34, come in origine e più volte annunciato dallo stesso Togliatti? Un quaderno «si è perduto»? Gramsci sapeva che Sraffa trasmetteva le sue lettere a Togliatti? Nonostante la successiva «vulgata» del partito, che avrebbe dipinto un Gramsci «morto nelle carceri fasciste», egli passò i suoi ultimi due anni e mezzo in libertà condizionale. È verosimile che in quegli anni abbia smesso quasi completamente di scrivere? E perché non riprese i contatti con i vertici del partito e dell’Internazionale comunista? Alcune di queste domande sono inedite. Tutte aspettano ancora risposte convincenti.
  Lo Piparo sceglie di partire da un indizio, che gli appare subito forte, decisivo. Esamina con la lente del linguista la lettera di Gramsci a Tania del 27 febbraio 1933 che la cognata definì, per la sua scrittura allusiva, «un capolavoro di lingua esopica». La lettera è il grimaldello con cui viene forzato lo scrigno che racchiude la complessa personalità, politica e umana, del prigioniero. Entrato in carcere come «segretario del Partito comunista d’Italia», Gramsci ne uscì convinto che tutta la sua vita era stata «un grande errore, un dirizzone».

  DAL TESTO – “Gramsci e Mussolini si erano frequentati nel Partito socialista e nella redazione dell’«Avanti!». Senza balletti retorici dico chiaramente l’idea che mi sono fatto di questa storia, per buona parte ancora da raccontare: Mussolini ha protetto Gramsci in carcere. Mussolini ha buttato Gramsci in carcere. Questo è un fatto. Ma ci sono altri fatti che convivono con questo fatto. Mussolini ha permesso a Gramsci di svolgere lavoro intellettuale in carcere, tenere libri e quaderni in cui riversare le proprie riflessioni, avere una cella tutta per sé. «Gramsci era autorizzato ad avere con sé l’occorrente per scrivere, penna, inchiostro e quaderno, mentre ciò non era permesso agli altri detenuti politici», testimonierà uno dei detenuti che nel 1933 condivise per alcuni mesi con lui la cella per assisterlo a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute (Trombetti 1965). Dagli altri detenuti politici questo era considerato un privilegio non sempre ben accettato e, da alcuni, la prova del tradimento del compagno-segretario.
  “Quando giunge alla Casa penale speciale di Turi, direttore e guardie gli rendono la vita difficile, lo mettono in cella con altri, non gli consentono di leggere alcuni libri. Il detenuto più volte scrive direttamente a «Sua Eccellenza Mussolini» e, tranne due volte, ottiene immediatamente ciò che chiede. Alla parola d’ordine del pubblico ministero nel processo di Milano – Per vent’anni, dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare – evidentemente non aderì il capo del governo fascista.”

  L’AUTORE – Franco Lo Piparo è ordinario di Filosofia del linguaggio all’Università di Palermo. Tra i suoi lavori: Aristotele e il linguaggio (2003), Saussure et les Grecs (2008), Sicilia linguistica (1987), La pro position comme gnomon discret du langage (2008). Studia il linguaggio come cartina di tornasole di aspetti nascosti di fenomeni non linguistici. In Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci (1979) documentò la provenienza dagli studi universitari di glottologia della nozione gramsciana di egemonia. Recentemente in Gramsci and Wittgenstein: an intriguing connection (2010) ha mostrato la strana e imprevista influenza di Gramsci su Wittgenstein via Sraffa.

  INDICE DELL’OPERA - Ouverture - I. La lettera esopica (1. La difficile arte del comunicare in regimi di polizia - 2. Qualcosa che «non si deve scrivere» - 3. La lettera esopica non pubblicata da Togliatti - 4. La famosa lettera «criminale» di Grieco - 5. Giulia come metafora - 6. «La mia vita: un grande errore, un dirizzone» - 7. Giulia e la polizia sovietica - 8. I Quaderni e la lettera esopica) - II. Dopo la lettera esopica (1. Ancora errori degli amici e… della cognata - 2. La quadratura del cerchio - 3. L’ultimo messaggio del Partito - 4. La morte e l’anello spezzato della catena) - III. In carcere dopo la morte (1. La memoria rubata - 2. Un quaderno rubato? - 3. Il silenzio fuori dal carcere - 4. Gramsci sapeva del compagno ex amico?) - IV. La crisi nei Quaderni (1. Dalla classe al gruppo sociale - 2. Egemonia: nozione liberale e retorica - 3. Gli incunaboli giovanili - 4. I Quaderni come cavallo di Troia del liberalismo) - V. I personaggi del dramma con epilogo kafkiano – Appendici (La lettera esopica - Le numerazioni dei Quaderni - Quaderni con o senza contrassegni carcerari) - Riferimenti bibliografici - Ringraziamenti