Le spade di Allah |
Gianluca Bonci Le spade di Allah Liberodiscrivere Edizioni, pagg.158, Euro 14,00
IL LIBRO – Il conflitto russo-afghano fu l’ultimo della più vasta e non incruenta Guerra Fredda. I guerriglieri afghani impartirono una dura lezione alla potente Armata Rossa che rimase invischiata per un decennio tra le impervie montagne del Paese centroasiatico, prima di rientrare sconfitta in Unione Sovietica che ormai costituiva un soggetto politico prossimo al collasso. Questo libro vuole illustrare il conflitto da una prospettiva inedita: quella dei Mujaheddin che furono i veri protagonisti di una guerra che ancora oggi offre spunti ed interpretazioni tragicamente controverse. Dopo una doverosa descrizione delle fasi del decennale conflitto e un inquadramento del panorama politico afghano dell’epoca, il testo presenta l’organizzazione operativa e logistica, le caratteristiche generali, gli aiuti esterni e gli obiettivi strategici del movimento di resistenza afghano. L’analisi è approfondita attraverso un’esaustiva e competente descrizione delle tattiche di combattimento offensive (imboscate, raids, ecc…) e difensive (contro imboscata, difesa contraerei, controcarri, impiego delle mine, ecc…) presentate in maniera semplice e scevre da tecnicismi, che fornisce ammaestramenti e lezioni apprese inquietantemente attuali. DAL TESTO – “La resistenza aveva subito perdite notevoli nei primi mesi del conflitto, dovute in massima parte ad un’accettazione dello scontro in campo aperto, ove la manifesta superiorità russa in termini di manovra e di fuoco, aveva convinto rapidamente i capi dei Mujaheddin a spostare le basi operative e logistiche, nonché lo condotta della guerra, nell’unico luogo ove poter sperare di poter operare in superiorità tattica: le impervie montagne afghane. La scelta di condurre una guerra in montagna, fortemente limitante per l’impiego di equipaggiamenti moderni e della gran parte dei veicoli da combattimento, riportò lo scontro in termini di sostanziale parità tra gli schieramenti. Nel corso del conflitto, i Mujaheddin non rinunciarono mai ad effettuare attacchi a sorpresa accettando lo scontro aperto solo però nei casi di manifesta superiorità numerica o in determinate circostanze, ovvero se costretti alla difesa di una loro base logistica o, più semplicemente, se circondati. In quest’ultimo caso non era infrequente il combattimento corpo a corpo che limitava i sovietici nell’impiego dell’appoggio aereo e dell’artiglieria. Di conseguenza i russi furono costretti ad abbandonare la difesa delle proprie basi e dei punti nevralgici del Paese per una serie di attività a contenuto operativo più elevato condotte in zone montagnose. La distruzione delle basi operative dei ribelli in montagna comportò un conseguente aumento delle perdite e convinse i sovietici a sperimentare ed applicare nuove tecniche di combattimento e di search and destroy. Tale missione richiedeva però un impegno consistente sia in termini di forze sia di mezzi ed equipaggiamenti. In genere il livello organico delle unità impiegate non superava mai quello della Divisione (i reparti impiegati in questo tipo di operazioni erano in genere quelli aviotrasportati in considerazione della loro maggiore flessibilità). In Afghanistan i sovietici furono quindi costretti a rivedere il loro concetto di pianificazione operativa, che dai tempi della Grande Guerra Patriottica, contemplava l’impiego di grani unità complesse composte da almeno 70.000 uomini.” L’AUTORE – Gianluca Bonci è laureato in Informatica e Scienze Strategiche. Ufficiale in servizio permanente dell’Esercito Italiano, lavora presso lo Stato Maggiore in Roma ed è cultore di storia militare e strategia. Nella sua carriera ha partecipato a sette operazioni fuori area (due delle quali in Afghanistan). INDICE DELL’OPERA – Premessa, di Paolo Serra (Generale di Divisione, già Comandante di RC WEST Afghanistan) - Inquadramento politico-militare, di Giuseppenicola Tota (Generale di Brigata, Vice Capo Reparto Impiego delle Forze Stato Maggiore dell’Esercito) – 1. Introduzione – 2. Lineamenti storici del conflitto – 3. L’invasione e la «sovietizzazione» del conflitto – 4. Le quattro fasi del conflitto (1a Fase Dicembre 1979 / Febbraio 1980 – 2a Fase Marzo 1980 / Aprile 1985 - 3a Fase Maggio 1985 / Aprile 1986 - 4a Fase Maggio 1986 / Febbraio 1989) – 5. La nascita dei movimenti islamici di opposizione – 6. La resistenza armata: caratteristiche e aiuti esterni – 7. La differente natura della guerra – 8. Gli obiettivi strategici dei Mujaheddin – 9. L’organizzazione dei Mujaheddin – 10. Tattiche offensive di combattimento (Imboscate - Interdizione delle linee di comunicazione (LOC) – Raids - Attacchi dalla lunga distanza - Attacchi contro posizioni fortificate e capisaldi - Combattimento nei centri abitati - Sabotaggi, atti terroristici, IED e sistemi di demolizione) – 11. Il combattimento difensivo (Il combattente afghano - Tattiche difensive - Il combattimento contro carri - Difesa contro aerei - Difesa contro i raids - Difesa dalle operazioni su vasta scala - Difesa dalle operazioni di aviosbarco – Controimboscate - Impiego delle mine - La difesa dei convogli logistici - Tecniche di trasmissione e sniping) – 12. Conclusioni – 13. Filmografia – Bibliografia - I protagonisti: Massud - I protagonisti: Hekmatyar - Scheda A. Organizzazione, armamento e personale del "Reggimento Islamico" - Scheda B. Organizzazione, armamento e personale del “Gruppo da combattimento” - Scheda C. Organizzazione, armamento e personale del “Distaccam. da Combattimento” - Scheda “D”. Le rotte dei rifornimenti logistici - Scheda “E”. Imboscata ad un convoglio russo - Scheda “F”. Raid contro un avamposto sovietico - Scheda “G”. Metodi ed equipaggiamenti per gli attacchi a distanza - Scheda “H”. IED: Metodi ed applicazioni pratiche - Scheda “I”. La guerra stereofonica sovietica - Case Study. Imboscata Distretto di Mohammad Agha (12 luglio 1986) - Case Study. Raid Passo di Lataband (settembre 1985) - Tavole grafiche
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