Palude Stampa E-mail

Antonio Pennacchi

Palude

Dalai Editore, pagg.238, Euro 17,50


pennacchi_palude  IL LIBRO – Le paludi pontine sono terra di città nuove, «trionfali» e desolate, che nessun turista visitava fino a ieri. Sono un alveare di contadini, gente che parla in romanesco e ricorda in veneto, spediti lì dal Duce – quello «buono», quello che mieteva il grano – a bonificare stagni e pantani. Che poi, mica la voleva, lui, Littoria. Lui si accontentava di qualche borgo rurale, perché gli italiani sono un popolo di agricoltori. Ma alla fine ci si è affezionato, e anche ora che si chiama Latina il suo fantasma ci si aggira sempre, di notte, a bordo d’un rumorosissimo Guzzi 500-Falcone Sport. Controlla che tutto vada bene e che la gente del posto non combini troppi casini. Perché «di là» vogliono caricarlo pure dei peccati loro. In fondo è a causa sua che abitano quel brandello di Lazio. Perfino il sindaco è un uomo suo. Ai tempi lo avevano nominato federale, «federale facente funzioni» a essere precisi, e adesso che una classifica del Sole 24-ore ha piazzato Latina fra le peggiori città del Paese, per migliorarne l’immagine ha partorito un’idea folgorante: i trapianti di cuore. I trapianti sono una cosa ultramoderna e si fa una grandissima figura, sostiene. E c’è infine Palude che ne ha bisogno, Palude che quando era ancora in forze ti alzava con una mano sola, se non stavi zitto. Adesso ha il cuore stanco. Peccato solo che sia un operaio rosso e comunista. Ma non importa, è deciso: il trapianto si farà. Per procurarsi un donatore basta in fin dei conti spargere una latta d’olio sopra la Pontina. Anche se a volte, insieme al cuore, al trapiantato cambia pure l’anima…

  DAL TESTO – “Non c'è una casa, a Latina, in cui non batta il sole. E la prima volta che andammo a Siena (dovevamo scaricare Nino Delorto all'ospedale per fargli levare un tumore alla testa, ma arrivati là ci ha detto: «Fatemi prima vedere dove fanno il Palio». Lo abbiamo accontentato e ci siamo fermati anche in trattoria, dove il povero Nino s'è fatto solo un primo e una bottiglia di Chianti; ma quando glielo abbiamo riconsegnato i dottori hanno detto: «Meno male che doveva presentarsi digiuno») facemmo un giro per la città. Strade strette, sali e scendi, muri diroccati, palazzi scalcinati, vicoli puzzolenti. Senza un albero, senza un filo di luce, senza un raggio di sole. E Palude disse: «Che vi devo dire? A me, mi pare che fa schifo Siena».
  “La nostra è una città strana perché non è che un'accozzaglia di gente. C'è il peggio di tutto il peggio del mondo. E questo è assiomatico: se ognuno fosse stato bene a casa sua, non si sarebbe mosso per venire qui. Siamo tutti degli scontenti o - nella migliore delle ipotesi - figli di scontenti o di galeotti. Ogni paese d'Italia s'è liberato della sua feccia scodellandola qua. Una specie di Laredo. O Kansas City.”

  L’AUTORE – Antonio Pennacchi è nato a Latina (1950) da una famiglia di coloni giunti nel Lazio per la bonifica dell’Agro Pontino. Autore di romanzi e saggi, nel 2010 con Canale Mussolini (Mondadori) ha vinto il Premio Strega, il Premio Acqui Storia, l’Asti d’Appello, il Biblioteche di Roma e il Libro dell’Anno del Tg1. I diritti del romanzo sono stati venduti in tutto il mondo. Collabora a Limes.

  INDICE DELL’OPERA - Libro primo - Capitolo 1 - Capitolo 2 - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 5 - Capitolo 6 - Libro secondo - Capitolo 1 - Capitolo 2 - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 5 - Capitolo 6 - Libro terzo - Capitolo 1 - Capitolo 2 - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 5 – Epilogo. In coda a Palude