L’unico e la sua proprietà |
Max Stirner L’unico e la sua proprietà Adelphi, pagg.427, Euro 13,00
IL LIBRO – La censura prussiana giudicò questo libro «troppo assurdo per essere pericoloso». Marx e Engels, invece, lo considerarono sufficientemente pericoloso per dedicargli più di trecento pagine persecutorie della Ideologia tedesca. Nietzsche non lo nominò mai, ma confessò a un’amica di temere che un giorno lo avrebbero accusato di aver plagiato Stirner. Da più di un secolo le storie della filosofia lo definiscono «famigerato». In breve: L’unico è l’opera più scandalosa e inaccettabile della filosofia moderna. Quando apparve, a Berlino, nel 1844, suscitò per alcuni mesi reazioni febbrili e appassionate, soprattutto nell’ambiente del radicalismo di sinistra, da cui nasceva, fra quei discendenti di Hegel che si apprestavano a diventare sovvertitori dell’ordine. Poi seguì un lungo silenzio. Infine una riscoperta vorace, negli ultimi anni dell’Ottocento, quando Stirner apparve da una parte come precursore di Nietzsche e dall’altra come profeta dell’anarchismo individualista. Ma anche se Stirner ha avuto una grande influenza sotterranea, che ha agito sui personaggi più disparati, da Dostoevskij a Traven, il mondo della cultura ufficiale lo ha sempre evitato. Non era chiaro se Stirner fosse da considerare un filosofo, un pazzo o un criminale. Ma nell’Unico queste voci parlano insieme, e questa irrevocabile, beffarda confusione dei soggetti e dei livelli è la prima peculiarità del libro. L’Unico sviluppa ‘sino alle estreme conseguenze’ quella «critica» corrosiva che era stata, da Kant in poi, la parola magica della filosofia; articola un sistema paranoico; fonda le ragioni del delitto. Commistione che non è un capriccio di Stirner, ma rivela, finalmente senza coperture eufemistiche, un processo operante in tutto il pensiero moderno. Con le sue argomentazioni stridule, martellanti, ossessive, Stirner fa ruotare vorticosamente la macchina della metafisica: ne risulta una grandiosa parodia, preludio alla mutezza dell’«indicibile» unico. Ma l’attacco al pensiero discorsivo va insieme, per Stirner, a un micidiale attacco al «sussistente», alla società che lo circonda. Provocatore e vagabondo della metafisica, Stirner osò vedere il mondo della secolarizzazione trionfante, che è anche il nostro, come un mondo profondamente bigotto. Il sacro, scacciato dai templi, si vendica caricando le più laiche categorie di una violenza devastatrice. La Società, l’Uomo, l’Umanità giustificano ora ogni tortura sul singolo che non si adegui al modello ‘giusto’. E il sarcasmo stirneriano, che oppone l’egoista singolo, marchiato come «mostro inumano», al santo egoismo della Società, trafigge anche le società ‘giuste’, promesse dai miglioratori dell’umanità (siano essi reazionari, progressisti, liberali o socialisti) con frecce che appaiono ancora oggi perfettamente appuntite. (Anzi, spesso si ha l’impressione che colpiscano fatti accaduti nel nostro secolo). Che la sua critica sfoci poi in un nominalismo assoluto, e manifestamente insostenibile, non sembra preoccupare Stirner. In certo modo è ciò che voleva: tutto l’Unico è un solo, immane paradosso su cui il pensiero continua a inciampare. DAL TESTO – “Al di là della verga c'è, più potente di lei, la nostra - ostinazione, il nostro coraggio ostinato. A poco a poco giungiamo al di là di tutto ciò che era per noi orrido e inquietante, al di là della potenza orrendamente temuta della verga, al di là dell'espressione severa del padre, ecc., e dietro a tutto troviamo la nostra - atarassia, cioè la nostra imperturbabilità, impavidità, la nostra opposizione, strapotenza, invincibilità. Se qualche cosa ci incuteva dapprima timore e rispetto, ecco che adesso non fuggiamo più spaventati, ma ci facciamo coraggio. Dietro a tutto troviamo il nostro coraggio, la nostra supremazia; dietro al brusco ordine dei superiori e dei genitori c'è più che mai il nostro arbitrio coraggioso o la nostra astuta intelligenza. E quanto più ci sentiamo noi stessi, tanto più piccolo appare ciò che prima sembrava insuperabile. E che cos'è la nostra astuzia, la nostra intelligenza, il nostro coraggio e la nostra ostinazione? Che altro, se non - spirito? L’AUTORE – Max Stirner (pseudonimo di Johann Caspar Schmidt) nasce a Bayreuth nel 1806. Studia a Berlino, ascoltando corsi di Hegel, Schleiermacher, Michelet. Dal 1839 insegna in una scuola privata di Berlino per fanciulle di buona famiglia. Dal 1842 si fa vedere nel gruppo dei Liberi, che raccoglieva i più noti radicali di sinistra, e comincia a collaborare con giornali e riviste, fra cui la «Rheinische Zeitung», di cui Marx diventerà redattore. Dopo la pubblicazione dell'Unico, si dedica a tradurre Adam Smith e J.-B. Say, esegue lavori di compilazione, finisce due volte in prigione per debiti e infine muore, oscuramente, nel 1856. INDICE DELL’OPERA - Io ho fondato la mia causa su nulla - Parte Prima. L'uomo - I. Una vita d'uomo - II. Uomini del tempo antico e del moderno - I. Gli antichi - II. I moderni (1. Lo spirito - 2. Gli ossessi - Fantasmi - Fissazioni - 3. La gerarchia) - III. I liberi (1. Il liberalismo politico - 2. Il liberalismo sociale - 3. Il liberalismo umanitario) – Nota - Parte Seconda. Io - I. L'individualità propria - II. L'individuo proprietario (I. La mia potenza - II. I miei rapporti - III. Il mio godimento di me stesso) - III. L'unico - Nota sulla traduzione, di Leonardo Amoroso - Accompagnamento alla lettura di Stirner, di Roberto Calasso
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