Tiberio o la spirale del potere |
Lidia Storoni Mazzolani Tiberio o la spirale del potere La Conchiglia, pagg.328, Euro 26,00
IL LIBRO – Perdura, sul conto di Tiberio, la leggenda turpe e sinistra che fu creata da Tacito, da Svetonio, da Dione Cassio, i quali attinsero a fonti dell'opposizione. La storiografia moderna, al contrario, e la psicanalisi tendono a riabilitarlo e spesso cadono nell'eccesso opposto. Lidia Storoni Mazzolani ha concentrato la sua attenzione non solo sulla psicologia torbida e complessa del personaggio ma sulle operazioni militari, sulle scelte culturali, sui processi e, soprattutto, sulla funzione che la storia gli impose: operare il trapasso dal principato all'Impero. Il potere di Augusto era stato una dittatura d'emergenza, ostentatamente rispettosa delle norme repubblicane, più volte deposta e sempre nuovamente assunta con signorile riluttanza; con Tiberio, il primo successore adottato e apertamente designato, ebbe inizio la successione ereditaria e l'assolutismo. In Tiberio si innesta l'anello tra un regime che voleva sembrare temporaneo, un potere deferito dal Senato e quindi revocabile, che si basava sul comando militare e sul prestigio morale, e un'autocrazia unica e perpetua. Il governo di Augusto era Stato un prodigio di ambiguità e di equilibrio; che fosse trasmesso a un successore stava a provare che non era soltanto un rimedio transitorio a mali transitori, il ritorno dell'ordine dopo decenni di violenza, ma una necessità storica. I poteri dell'imperatore non ebbero mai definizione costituzionale, si delinearono da sé negli anni di Tiberio che furono anche gli anni della Giudea di Cristo e della sua condanna. Fu allora che la persona del Principe fu assimilata allo Stato, il vilipendio contro di lui fu equiparato ad alto tradimento, a sacrilegio. Finì per sempre la libertà di parola; l'oppositore del regime diventò "nemico pubblico". Era stato inventato – scrive Tacito - un reato che non si conosceva. Il compito di trasformare il principato in monarchia di tipo orientale fu affidato a un repubblicano d'antichissima stirpe, nipote e figlio di patrizi che erano stati avversari politici di Cesare e di Ottaviano. Tiberio era un conservatore e, come tale, alieno dal culto della personalità, schivo, frugale, parsimonioso; un uomo di toga e di spada e, al tempo stesso, un intellettuale. Rispettava il Senato e cercò di rendere ad esso il prestigio, le prerogative e anche le responsabilità d'un tempo; ma l'antica classe dirigente, decimata dalle guerre civili, intorpidita nell’edonismo e nel lusso, era incline al lucro e al servilismo, avida di privilegi, ma non disposta ad assumersi doveri: se Tiberio, nelle sua cupa vecchiaia, infierì contro i senatori, fu forse per punirli d'averlo deluso. Riteneva la costituzione repubblicana la migliore e sperò di restaurarla; ma i tradimenti, le bassezze, le segrete paure lo convinsero che non c'è principe che non diventi autocrate e non c'è autocrate che non trascenda; le delazioni, le confische, le condanne non dipendono dalla crudeltà dell'individuo, ma dalla logica del sistema. E se qualcosa trapela del chiuso animo dell'imperatore è la sua intima riluttanza al sistema; la sua vergogna, alla fine, d'aver ceduto ad esso. La stessa amara chiaroveggenza ispirò a Tacito, conservatore deluso, il ritratto memorabile, contraddittorio e tragico, dell'erede di Augusto. DAL TESTO – “Tiberio era troppo romano e dominato dal retaggio morale della sua gens, i Claudi, per far propria un visione dinamica dello Stato; i suoi valori erano quelli d'altri tempi, la Curia, il Foro, le legioni; era scrupoloso fino alla grettezza, legalitario fino alla pedanteria, alieno da compiacenze verso la massa, da gesti demagogici. “La storia lo coinvolgeva mentre avrebbe voluto fermarla; essa non gli chiese di esprimere una formula originale: impose a un repubblicano di fare d'una misura d'emergenza un sistema. Ed egli assunse il principato sperando una cosa impossibile, che il potere assoluto potesse andare esente dalla menzogna, dall'incenso, dal sangue. “Se, come sembra, si propose di rendere al Senato il potere legislativo, la politica estera e perfino l'autorità su l'esercito, non riuscì nell'intento, perché la élite romana, adagiata in un torpido edonismo, aveva abdicato ai suoi compiti e le province e le armate avevano bisogno d'un vincolo religioso che le legasse a un capo carismatico, prescelto dai numi.” L’AUTRICE – Lidia Storoni Mazzolani (Roma 1911-2006). Tra le sue opere ricordiamo: L'idea di città nel mondo romano (Premio Viareggio 1967); Sul mare della vita (1969); Iscrizioni funerarie romane (1973); Sant'Agostino e i pagani (1988); Tiberio o la spirale del potere, pubblicato nel 1981, ha ottenuto il Premio Sirmione-Catullo e Il Premio Città di Anghiari. INDICE DELL’OPERA - Introduzione - Tiberio o la spirale del potere - Lista delle abbreviazioni - Bibliografia
|