Mario La Ferla
Il Poeta e il Cavaliere. Storia di donne, soldi e malapolitica
Nuovi equilibri, pagg.213, Euro 15,00
IL LIBRO - Una società opulenta e miserevole, tanto piena di risorse quanto fragile e sull'orlo dell'abisso. Potrebbe essere l'Italia di oggi, invece è la Firenze del magnifico trecento e del sommo poeta. La città dei politici assetati di potere e di gloria, dei banchieri e dei commercianti, che per conquistare onori e ricchezze avevano una sola carta da giocare: la politica. Come fece Dante e come racconta Il poeta e il cavaliere, svelando non poche analogie con la storia odierna e i suoi protagonisti. Un'occasione, per rileggere la vita e le opere di Dante con intenzioni e occhi nuovi, rompendo quel muro di omertà accademica e ammuffito perbenismo che ha impedito finora di capire chi fosse realmente il poeta.
DAL TESTO - "Dante era oggetto di venerazione anche da parte di molti gerarchi del Ventennio. Berto Ricci, matematico, scrittore polemista, primo anarchico, fondatore della rivista "l'Universale", rispettato da Indro Montanelli ("fu il solo maestro di carattere che io abbia trovato in questo Paese, dove il carattere è l'unica materia in cui si passa sempre tutti senza esami"), nutriva una vera passione per il poeta, che considerava l'anticipatore e l'ispiratore dell'Impero vagheggiato dal fascismo, e le cui pagine erano "maschie". Nel Manifesto realista aveva scritto nel gennaio 1933: "L'Impero è considerato nella piena espansione metafisica e geografica del termine, con tutto quel ch'esso inchiude di necessaria violenza, ma soprattutto come atto d'amore sul mondo: non fondarono imperi Attila e Tamerlano. Crediamo, con Dante, ch'esso spetti all'Italia e a Roma ... Vediamo nella rivoluzione italiana intrapresa nel moto per la libertà e l'unità nazionale, e ora portata al più alto grado e facentesi popolo e spinta sul campo d'Europa dal Fascismo, la premessa necessaria dell'Impero umano che realizzerà la Monarchia di Dante". "Un altro gerarca, Alessandro Pavolini, segretario del Fascio della Repubblica sociale di Salò, amava così tanto Dante, da lui considerato precursore dei destini, naturalmente gloriosi, dell'Italia fascista, da voler trasportare la salma del poeta, "simbolo di italianità", da Ravenna nell'ultimo rifugio dei repubblichini, il "ridotto della Valtellina". In quei disperati, ultimi momenti del fascismo, Dante diventava la vera guida spirituale della nazione ormai sfasciata. Ma guida del Paese lo era stato anche prima, nei giorni gloriosi del regime. Salvatore Pugliese aveva scritto, per la sua conferenza su Dante tenuta a Cremona il 20 maggio 1933: "Nel suo fatale andare l'Italia Fascista mira per davvero a Dante. A Dante che ci ha insegnato che per instaurare il regno della giustizia, in cui consiste la felicità, gli uomini non devono rifarsi all'idea del diritto, ma a quella del dovere".
L'AUTORE - Mario La Ferla per trent'anni inviato speciale del settimanale "L'Espresso", ha pubblicato per Stampa Alternativa Vado l'affondo e torno, L'uomo di Atlantide, Te la dò io Brasilia, L'ultimo tesoro, La biga rapita, Compagna Marilyn e L'altro Che.
INDICE DELL'OPERA - Prefazione. Contrordine, compagni: all'Inferno! - Tempesta su Palazzo Vecchio - Torna a casa, Dante - All'esilio senza ritorno - L'erede scomodo - L'ombra del Cavaliere - Da Ravenna ad Hammamet - Il grande bordello - La discesa in politica - La Tangentopoli del Trecento - Un banchiere per amico - Il complotto delle toghe rosse - Singolari coincidenze - La strategia dell'attenzione - Maschilista e reazionario - Gemma, Beatrice, Pargoletta e le altre - In Paradiso con lo spinello - Un piduista del suo tempo - Sdoganatore del fascio - I gay? All'inferno! - Il male assoluto - Bibliografìa essenziale
|